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Le testimonianze

"Sfidare le bombe per tornare a casa": le voci dei profughi che rientrano in Ucraina

Alcuni ucraini fuggiti dalla guerra stanno lasciando Trieste per tornare a casa in mancanza di risorse per sostentarsi, alle prese con la nostalgia di casa e i muri linguistici. Alcuni tornano dove la situazione è migliorata, altri sono disposti a sfidare i bombardamenti, anche a Kiev e a Mykolaiv, per ricongiungersi ai propri cari, come le nostre due testimoni

La nostalgia di casa e della famiglia, i soldi che si esauriscono e un muro linguistico che rende impossibile trovare un lavoro: sono alcuni dei motivi che spingono molti profughi a tornare in Ucraina, anche se la guerra è tutt’altro che finita. Un fenomeno in crescita ma difficile da quantificare, come spiega il prefetto Annunziato Vardè: “Noi monitoriamo i profughi nelle strutture d’accoglienza, dove la situazione è sostanzialmente stabile, ma non abbiamo modo di contare i rientri di chi, per esempio, ha trovato ospitalità da parenti o amici. Tuttavia ho ricevuto notizia, dalle associazioni, che in molti stanno rientrando, anche a Kiev. Probabilmente gli ucraini che scappano dalla guerra hanno intenzione di tornare il prima possibile, è un fenomeno diverso dalla rotta balcanica, in cui i migranti arrivano per restare”. Una rotta balcanica che, come ogni anno, si intensifica con l’aumentare delle temperature e, siccome la struttura di Casa Malala è occupata da profughi ucraini, il sistema dell’accoglienza a Trieste è messo a dura prova.

Sfidare le bombe

I profughi che stanno rientrando dal capoluogo giuliano si dirigono soprattutto nell'ovest del paese perché la guerra si sta concentrando nella zona del Donbass e nel sud, ma non manca chi ha deciso di sfidare le bombe in zone ancora “calde”, perché è lì che ha lasciato la propria vita e i propri affetti. E vuole raggiungerli a tutti i costi. E’ il caso di due donne che abbiamo intervistato: Natalia, che è appena tornata a Mykolaiv, nel sud dell’Ucraina e Olga, che ha intenzione di tornare nella sua Kiev. Entrambe le città, attualmente, sono sotto i bombardamenti dei russi.

La storia di Natalia

Natalia Matskevich è arrivata qui il 10 aprile da Mykolaiv, città gemellata con Trieste in un progetto di aiuti umanitari gestito dal Comune. Da poco cinquantenne, ha dovuto lasciare in patria il figlio, il marito e il padre. In poco tempo è riuscita a imparare un po’ di italiano e dice che “Trieste è come una città natale per me, ho trovato persone meravigliose che mi hanno dato molto supporto. Ho dovuto lasciare il paese perché stavano bombardando pesantemente la mia città e sono stata ospite da alcuni miei conoscenti. Ho portato con me i miei quattro gatti, perché gli ucraini non abbandonano i loro animali. Ora sono tornata a Mykolaiv perché la guerra sarà lunga e io non potevo stare troppo lontano da loro. A un certo punto ho dovuto scegliere se tornare a casa o trovare un lavoro qui. Molti miei connazionali vogliono rimanere qui per sempre ma io non posso, la mia casa e la mia famiglia sono in Ucraina”.

Una scelta per niente facile, specialmente se si torna in una città che, in tre mesi, è cambiata molto: “Tornare è stato spaventoso. Qui a Mykolaiv viviamo nell’angoscia, ogni giorno veniamo bombardati. Stamattina è stato colpito il nostro stadio e per fortuna sono tutti vivi, ma altrove è stata colpita una casa e sono morti tre adulti e un bambino. Una settimana fa un bombardamento ha ucciso tre persone e ne ha ferite 60”. Un ritorno che porta con sé una missione: “ho partecipato come volontaria al progetto di gemellaggio tra Trieste e Mykolaiv – spiega Natalia - e, tornando a casa, ho portato dei soldi e degli aiuti ai nostri militari. Questo aiuto non sarà sufficiente per molti, forse sarebbe meglio aiutare persone specifiche e non mandare aiuti alla città in maniera generica”.

La storia di Olga

Olga, invece, sta aspettando con ansia di tornare verso Kiev. Ha 38 anni ed è arrivata a Trieste con il figlio piccolo il 10 marzo. “Quando ho lasciato Kiev – racconta - sul treno la tensione era alta, molte persone erano in piedi, altri erano seduti sui loro bagagli, eravamo diretti verso Leopoli. Fuori dai finestrini, lo spaventoso spettacolo dei soldati armati. Temevamo che qualcuno facesse saltare in aria i ponti sui quali passano i treni e in quel caso non saremmo potuti partire, dato che Kiev è divisa tra le due sponde del fiume. Le sirene suonavano in continuazione e prima di decidere di partire abbiamo passato la notte in un rifugio antiaereo”.

A Trieste la macchina dell’accoglienza è stata pronta ed efficiente e la città ha lasciato un ottimo ricordo a questa famiglia in fuga: “Quando sono arrivata a Trieste, mio figlio ed io siamo stati accolti da un volontario e portati da una famiglia italiana per una notte. Il giorno successivo siamo stati sistemati in una struttura della Caritas. Amo Trieste, è antica e bellissima, Muggia è molto accogliente e colorata ma qui siamo estranei, la nostra casa è l'Ucraina anche se, una volta tornata, l’Italia mi mancherà moltissimo”.

Negli ultimi tempi, spiega Olga, la situazione nella capitale ucraina sembrava essersi tranquillizzata, fino a pochi giorni fa. Ora, dopo l’intensificarsi dei bombardamenti, l’idea di tornare prima dell’inizio del prossimo anno scolastico fa sempre più paura. Tuttavia, spiega Olga, “mio marito e i miei genitori mi stanno aspettando in Ucraina, è molto difficile stare a distanza, come è difficile per mio figlio studiare in una scuola italiana. Anche per me non è semplice, c'è poco lavoro qui, mentre in Ucraina ho un piccolo hotel e lavoro in proprio. Purtroppo non si sa come si evolverà la situazione e come funzionerà la difesa aerea ucraina, un missile può arrivare in qualsiasi momento e non si sa dove”. 

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