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Crisi Flex, la rabbia dei lavoratori: "Affossata una fabbrica"

Alcuni lavoratori, presenti alla manifestazione odierna in piazza Unità, hanno dichiarato che "l'azienda non si è impegnata a trovare nuovi clienti dopo la fine degli accordi con Nokia". Tra interinali e assunti, il malcontento è diffuso

Un esubero di 280 persone, una fabbrica dimezzata, un problema che riguarderà, probabilmente, 80 interinali e 200 assunti: per questo 150 persone, tra lavoratori della Flex e simpatizzanti, si sono radunati oggi per la manifestazione organizzata dai sindacati in piazza Unità e hanno fatto sentire la propria voce, piena di recriminazioni verso l’azienda, più volte accusata di “aver affossato uno stabilimento di qualità che funzionava” e “non essersi impegnata ad acquisire nuovi clienti”.

Ne è convinto Marco (nome di fantasia), assunto da dieci anni con la Alcatel Lucent, prima del passaggio a Flex: “Ho una compagna che lavora con me in Flex, essendo in famiglia tutti e due impiegati nello stesso stabilimento è un bel problema. Nel passaggio da Alcatel a Flex la situazione è stata stabile per qualche anno per gli accordi con il cliente Nokia, quegli accordi sono scaduti e ora siamo arrivati a un punto che purtroppo immaginavamo, perché non si è visto un interesse dell’azienda ad acquisire dei nuovi clienti, come veniva sempre dichiarato nei vari incontri al Mise. Ci sono stati dei nuovi clienti, ma piccoli e pochi”.

“Secondo me – continua - c’erano delle possibilità per investire a Trieste ma in Romania hanno dei costi di manodopera molto inferiori. Con l’inizio della pandemia erano iniziate le prime carenze di materiali per cui l’azienda aveva già chiesto la cassa integrazione ordinaria, poi con l’arrivo della cassa Covid ha approfittato di questa opportunità e questo ha allungato il periodo di un paio d’anni. Ora siamo giunti al termine e l’azienda ha fatto rientrare tutti i lavoratori anche se nella maggior parte dei reparti il lavoro manca”.

La situazione è ancor peggiore per gli interinali, che lavorano da almeno otto anni. Lo sa bene Filippo Rossi, il lavoratore più 'giovane' in azienda: “salterò per primo, perché ho ‘soltanto’ 8 anni di somministrazione ininterrotta. È ridicolo e offensivo che dopo otto anni di lavoro, famiglia e apprendimento di competenze ad alto livello, io sia considerato il più inutile di tutti”. 

Dello stesso avviso Sharon, operaia addetta a un macchinario specifico, un’altra lavoratrice interinale che ora teme per il suo futuro: “sono in questa azienda da 10 anni e sono ancora precaria con un contratto di staff leasing, che è il pass per superare il decreto dignità (fatta la legge, trovato l’inganno). Con il nostro contratto è previsto lo stazionamento in agenzia interinale per un minimo di sei mesi con una retribuzione di 750 euro lordi e la speranza di essere inseriti in un’altra realtà. Non siamo in una metropoli, la possibilità di essere riassorbiti, in una realtà come Trieste, è molto limitata”. 

Intervenuto anche un lavoratore in azienda dal 1989, da prima che Alcatel rilevasse Telettra: “Questa era una fabbrica dove le rappresentanze sindacali erano fatte da donne combattive, che intimidivano il direttore quando parlavano, era la fabbrica delle grigliate il sabato, era una famiglia prima che un’azienda. Non era questi signori che sono arrivati sette anni fa, l’hanno svuotata e ridotta all’ultima delle aziende di telecomunicazioni”.

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