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Cronaca

"Trieste Turistica" in Balia di Graffiti ed Erbacce

Vetrate sporche, felci ed erbacce nel sito archeologico in CavanaAd una prima occhiata non si direbbe mai che sotto le vetrate sporche di questa asimmetrica piramide moderna ricoperta di graffiti e di sporcizia si celi un sito archeologico. Non...

Vetrate sporche, felci ed erbacce nel sito archeologico in Cavana



Ad una prima occhiata non si direbbe mai che sotto le vetrate sporche di questa asimmetrica piramide moderna ricoperta di graffiti e di sporcizia si celi un sito archeologico.
Non una targa, una scritta, un cartello esplicativo.
La struttura, situata in quella zona restaurata di "Cittavecchia", tra il Teatro Romano e Cavana, somiglia più ad un bocchettone di luce di un garage sotterraneo.
Nasconde invece una delle tante bellezze antiche di Trieste che negli ultimi tempi si è deciso di lasciare andare, una parte di mura urbiche romane, con tanto di frammenti di edifici residenziali.
Queste informazioni chiaramente le apprendiamo da una guida turistica della città disponibile sul sito del Comune di Trieste, poiché, anche ad avere il coraggio di attaccarci alle vetrate per sbirciare all'interno dell'edificio, c'è ben poco da vedere.

Una desolante distesa di felci ed erbacce ricopre l'intero sito archeologico sottostante.

Come si vede dalle immagini, inviateci da un cittadino indignato, nemmeno una finestrella della piramide è stata risparmiata dall'impietosa mano del "graffitaro", quell'essere umano di dubbia utilità che passa il suo tempo libero, evidentemente tanto, ad imbrattare ogni cosa, monumenti, mura, saracinesche, perfino i tronchi degli alberi del giardino pubblico De Tommasini.

Ma al di là del contributo umano al pesante degrado di questo angolo di civiltà antica, c'è da chiedersi a monte come mai si trovi in questo stato di abbandono.

Agosto però non è il mese adatto per porsi domande.

Alla Direzione regionale per i beni paesaggistici del Friuli Venezia Giulia ci fanno sapere che il responsabile del sito è in ferie e nessun altro è in grado di illuminarci.

Ci limitiamo quindi ad osservare in silenzio il declino di una città elegante che pur riempiendosi la bocca di tante parole, turismo, navi da crociera, non è in grado nemmeno di restituire una parvenza di dignità al Parco di Miramare, ormai ridotto ad una giungla vietnamita con tanto di colonie di zecche al posto delle sanguisughe.

E come non provare un senso di smarrimento ogni qualvolta si passa da via Rittmeyer cullati dalle scale musicali che fuoriescono dalle finestre del Conservatorio, e appare un parcheggio abusivo eppure ben tollerato a giudicare dalla totale assenza di multe, a prendere il posto delle rotaie dell'amato tram, una delle attrattive turistiche della città, fermo ormai da un'infinità di tempo.

Grandissima è stata la delusione di due anziani turisti giapponesi nell'apprendere che uno dei simboli della città fosse fuori uso.
"Abbiamo visto un documentario su Trieste sul canale giapponese NHK in cui si vedeva il tram - hanno raccontato i coniugi Yamazaki - e una volta qui lo abbiamo cercato. Non riuscivamo a capire dove era finito.

Non c'era nemmeno un cartello che avvertiva che non c'era più.
Abbiamo aspettato inutilmente alla fermata." Non erano stati avvertiti che anche lo storico Caffè "San Marco" è chiuso per cambio gestione.

Tra i siti ad altissima potenzialità turistica non bisogna trascurare la "Kleine Berlin", il suggestivo dedalo di gallerie belliche sotto la città che gli appassionati di storia militare di tutto il mondo non esiterebbero a visitare, se solo i poveri volontari che ci lavorano nel tempo libero fossero messi nelle condizioni di renderlo accessibile senza doverci rimettere.
E se solo il sito fosse promosso dagli organi di dovere sui circuiti internazionali.
Il lento declino di Trieste fa parte di quel fenomeno tipico delle città che ancora vivono delle glorie passate in cui indifferenza e torpore assopiscono anche le menti più fini.
Chissà che, così come se n'è andato il tram, un giorno non spariscano anche le "osmizze" triestine.
Allora sì, sarebbe la fine.

Alessandra Ressa

( Si ringrazia Fulvio Lizzul per le foto )

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