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Cronaca

Quanto inquina una nave da crociera?

Riprendiamo un vecchio articolo, ma pur sempre attuale, dei nostri colleghi di Europa Today che alla fine del 2018 raccoglieva i dati di uno studio della Nature And Biodiversity Conservation Union sull'inquinamento causato dalle navi da crociera nel 2018

Riprendiamo un vecchio articolo dei nostri colleghi di Europa Today.  

Non solo rifiuti. In mare non si rinvengono solo scarti, per lo più in plastica, ma sempre più emissioni di gas inquinanti e a effetto serra. La classifica annuale di Nabu (Nature And Biodiversity Conservation Union) parla chiaro: quanto fatto dal settore dei trasporti marittimi, ed in particolare il comparto crocieristico, per la riduzione di anidride carbonica (CO2) ed ossidi di azoto (NOx) è poco.

Lo studio

L’organizzazione tedesca ha esaminato 77 imbarcazioni, e solo una di esse (la AIDAnova, fresca di varo) risulta alimentata dal gas naturale liquefatto (Gnl), combustibile dalle minori emissioni. Tutte le altre 76 imbarcazioni utilizzano olio pesante (Hfo), un carburante residuato dalla raffinazione del petrolio. Si tratta di un tipo di combustibile dall’elevato impatto inquinante, capace di emettere livelli di zolfo fino a 3.500 volte superiore a quello dei motori diesel da strada.

Inquinanti anche le navi di ultima generazione

A risultare fortemente inquinanti anche navi di ultima generazione, uscite dal cantiere negli ultimi cinque anni, 2018 compreso. Che si tratti di Norwegian, MSC o Royal Carribean, non fa differenza: le navi da crociera attualmente in servizio sui mari dell’Ue risultano tutte nemiche dell’ambiente e della sostenibilità. Responsabilità degli armatori, che mettono in acqua mezzi navali nuovi negli scafi ma non nei loro motori. Responsabilità anche di macchinisti e capitani.

Il caso di Napoli

Una ricerca condotta da ricercatori dell’università Federico II di Napoli nel porto del capoluogo campano ha evidenziato come il 98% delle emissioni da navi da crociera nella città dipendano dallo stazionamento in banchina. C’è in sostanza la cattiva abitudine di lasciare la nave attraccato col motore acceso.

Le responsabilità dei paesi Ue

C’è poi, a livello legislativo, la responsabilità dell’Unione Europea e dei suoi Stati membri. Dal 2005 esiste il Sistema per lo scambio di quote di emissioni (Ets), inteso a limitare la produzione di gas clima-alteranti. Vengono fissati dei tetti oltre i quali non è possibile emettere in atmosfera. Chi ‘sfora’, per poter emettere più del consentito deve comprare i diritti di nuove emissioni da chi ha ancora non ha sforato e può cedere, in cambio di denaro, i propri diritti inutilizzati. L’Ets non si applica però al settore del trasporto marittimo. Le navi, non avendo tetti alla produzione di CO2, sono libere di operare praticamente a proprio piacimento.

Cittadini per l’aria, l’associazione ambientalista che si batte per la tutela della qualità dell’aria, ha chiesto alle autorità nazionali di intervenire per contrastare il fenomeno. “Il governo si metta al lavoro per rendere la navigazione nel Mediterraneo un’opportunità di sviluppo di un’industria del mare davvero innovativa e pulita”, chiede Anna Gerometta, la presidente dell’associazione, convinta che occorre “proteggere la salute dei cittadini oltre che l’ambiente marino che viene irrimediabilmente alterato dagli inquinanti che si depongono sulla superficie del mare”.

Il presidente di Nabu, Leif Miller, se la prende con l’industria cantieristica. “È scandaloso che nel 2018 ci siano ancora navi in arrivo sul mercato costruite per usare l’olio pesante come combustibile”. Critiche che accendono i riflettori su un settore ancora tutto da regolamentare. Un’eventuale riconversione delle navi da crociera, con la sostituzione dei loro motori, pone però un problema economico. Il mondo delle crociere potrebbe non essere disposto a una simile spesa.

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