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Sabato, 20 Aprile 2024
Il caso che ha scosso l'Italia

Caso Resinovich: il dna sullo spago non è di Sebastiano, né di Claudio, né del vicino di casa

Il Corriere riferisce il risultato dell'analisi delle tracce biologiche sul cordino, intorno al quale erano stati trovati residui del Dna di Liliana, oltre a quello, incompleto, di un maschio

La debole traccia del Dna trovata sullo spago intorno ai sacchetti che avvolgevano la testa di Liliana Resinovich non appartiene né al marito Sebastiano Visintin, né all'amico Claudio Sterpin e nemmeno al vicino di casa, l'ex carabiniere Salvatore Nasti, nessuno dei quali è attualmente sul registro degli indagati. Lo riporta il Corriere, riportando il risultato dell'analisi delle tracce biologiche sul cordino, intorno al quale erano stati trovati residui del Dna di Liliana, oltre a quello, incompleto, di un maschio. Nonostante il materiale biologico fosse danneggiato, la scientifica ha comunque potuto escludere le tre figure maschili che gravitavano intorno alla vita della 63enne, dispersa lo scorso 14 dicembre e ritrovata cadavere il 5 gennaio successivo nel boschetto dell'ex Opp a San Giovanni.

Secondo le fonti del Corriere gli inquirenti riterrebbero "difficile ma non impossibile" la pista del suicidio, visto che i sacchi neri in cui era stata trovata avvolta la donna, uno infilato dalla testa e l'altro dai piedi, non erano chiusi. Resta tuttavia l'interrogativo sul perché non siano state trovate tracce di insetti o altri animali sui sacchi e sul corpo, come sarebbe probabilmente accaduto se il cadavere si fosse trovato nel boschetto dal giorno della morte.

Caso Resinovich: la procura smentisce l’impronta sui sacchi neri

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