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Cronaca

Rivolta Sedata con Lacrimogeni e Manganelli al Cie di Gradisca

I "detenuti" volevano restare all'aperto a casa del caldo insopportabile nelle loro stanza, ma la Polizia ha usato la forza e i lacrimogeni per farli rientrare «È stata una notte indescrivibile quella che ha concluso il Ramadam al Cie di Gradisca...

I "detenuti" volevano restare all'aperto a casa del caldo insopportabile nelle loro stanza, ma la Polizia ha usato la forza e i lacrimogeni per farli rientrare

«È stata una notte indescrivibile quella che ha concluso il Ramadam al Cie di Gradisca d'Isonzo: i racconti che le persone recluse mi hanno consegnato durante la mia visita alla struttura sono una testimonianza delle modalità inumane con cui è gestito il Centro. E io sento l'obbligo civile e morale di portar fuori da quel recinto ormai simile ad un lager questa ennesima storia di violenza e violazione dei diritti umani».

Questa la dichiarazione con cui l'onorevole Serena Pellegrino, deputata di Sel alla Camera, inizia a spiegare l'accaduto: «I detenuti , visto il caldo torrido di questo periodo e le condizioni bestiali in cui sono rinchiusi normalmente, hanno chiesto di poter stazionare nelle aree aperte anche al termine del Ramadam. Al diniego senza appello si è aggiunta una reazione inusitata da parte della polizia: le forze dell'ordine in assetto anti sommossa hanno cominciato a lanciare lacrimogeni e ad usare i manganelli. Alcuni dei rinchiusi si sono sentiti male, non riuscivano a respirare; allora i compagni hanno spaccato uno dei vetri che limita le cosiddette vasche, nel tentativo di uscire da quella vera e propria camera a gas; ne è seguita una violenta colluttazione».

Non finisce qui il racconto dell'onorevole Pellegrino. Prima di entrare al CIE, per ore ha presenziato alla drammatica situazione venutasi a creare nell'adiacente CARA, dove si è saputo che nelle prime ore di sabato 10 agosto era giunta dalla Sicilia una corriera con una quarantina di eritrei sbarcati a Lampedusa. L'invio di queste persone al Cara di Gradisca è dipeso dal decreto del Ministero degli interni che, tre giorni fa, ha innalzato il numero dei posti da 138 a 204.

«Nessuno dei passeggeri, tra i quali anche una giovane incinta, voleva scendere dalla corriera: la loro intenzione era ed è quella di transitare oltre l'Italia verso altri Paesi europei. Messo piede a terra, sapevano di essere immediatamente schedati, e che questo avrebbe determinato l'immediato rientro in Italia qualunque fosse la destinazione raggiunta. Quel che dicevano era che si sarebbero fatti tagliare le mani piuttosto che farsi prendere le impronte digitali».

La situazione, la cui gravità per le persone a bordo è facilmente immaginabile, è rimasta estremamente tesa per tutto il pomeriggio. Una serie di opportune mediazioni e una specifica iniziativa della Questura di Gorizia hanno per fortuna prodotto una soluzione: al gruppo degli eritrei è stato assicurato che sarebbero state evitate le consuete procedure. Niente impronte digitali ma solo un documento con fotografia e generalità, idoneo a riprendere il viaggio in territorio italiano verso l'estero.

«Si sono fidati, sono scesi e sono stati accolti - si fa per dire visto che in realtà sono stati ammucchiati uno sull'altro - al Centro. Mi auguro possano ripartire quanto prima, del resto sono consapevoli che il nostro Paese non offre loro alcuna possibilità».

Serena Pellegrino ha riportato immediatamente la propria testimonianza alla Presidenza della Camera dei deputati, denunciando l'accaduto e sollecitando le opportune discussioni e iniziative alla ripresa dell'attività parlamentare.

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