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Il funerale

Tra lacrime, silenzio e voglia di giustizia: i mondi di Robert uniti nel giorno più lungo

Più di cento persone tra parenti ed amici hanno partecipato al funerale del giovane assassinato lo scorso 7 gennaio. Dalla chiesa al ricreatorio, passando per l'Enaip e la comunità serba, il racconto di chi gli ha voluto bene. La famiglia: "Ora vogliamo giustizia"

“Roby, dovevi tornare a casa, invece non sei più tornato. Ti prego, torna a casa”. Sono le parole pronunciate dalla madre del giovane Robert Trajkovic nel momento dell’estremo saluto a suo figlio, ucciso a 17 anni in un sottoscala di via Rittmeyer, lo scorso 7 gennaio. Più di cento persone si sono presentate oggi alla cerimonia funebre nella chiesa della Beata Vergine Addolorata di Valmaura e si sono strette intorno alla signora Slavica, al marito Petar e alla famiglia Trajkovic. 

I mondi di Robert

Una tragedia che non ha colpito solo una famiglia, ma tutte le diverse comunità che si intersecavano nel mondo del giovane Robert. La comunità serba, rappresentata dal sacerdote ortodosso padre Raskovic, la parrocchia di Valmaura con don Alessandro Cucuzza, che ha officiato alla cerimonia, diversi abitanti del quartiere, alcuni dei quali non avevano mai conosciuto il ragazzo ma che oggi lo hanno sentito come un figlio. C’erano anche i compagni dell’istituto Enaip, gli amici del ricreatorio Pitteri, la maggioranza dei presenti era composta da giovani che hanno avuto modo di vedere, troppo presto e da troppo da vicino, quanta ingiustizia e violenza può riservare il mondo. Da tutto questo era composto l’universo di Robert, che era variopinto e in piena espansione, come dovrebbe essere la vita di ogni adolescente.  

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Le parole di don Alessandro e di padre Rasko

“Attorno a me ci sono tante belle cose e un’infinità di belle persone, l’ho sperimentato venendo a casa vostra in questi giorni – ha detto don Alessandro nella sua omelia, rivolgendosi alla famiglia e mostrando la foto del ragazzo, felice, davanti a una torta di compleanno – Voi avete fatto in modo che lui avesse tutto ciò che desiderava per essere sorridente e bello come nella foto. Qualcuno ha reciso questo fiore con una violenza inaudita. Tutti abbiamo il dovere di curare la bellezza per scacciare la violenza del mondo”. Padre Raskovic ha poi rivolto un ringraziamento a tutta la cittadinanza: “I triestini sono vicini alla nostra comunità in un momento così triste. Dobbiamo promuovere valori semplici e sani come l’accoglienza, l’apertura e l’amore. Valori presenti in molti triestini, sensibili al dolore di questa famiglia”.

"Mio figlio porterà il tuo nome": il dolore del fratello

Oltre ai due sacerdoti, il fratello diciannovenne Denis è stato l’unico della famiglia a trovare la forza di parlare pubblicamente in chiesa: “Ho vissuto i 17 anni più belli della mia vita con te, abbiamo sempre dormito nella stessa stanza, abbiamo pianto insieme e giocato insieme. Era come se fossimo gemelli. Nell’ultimo periodo hai iniziato ad uscire di più, com’è giusto che sia. Ti aspettavo sveglio la notte ogni sabato sera. Crescevi con i miei consigli ed ero orgoglioso di te. Porterò avanti da solo tutte le promesse che ci siamo fatti e ti prometto che mio figlio porterà il tuo nome”. 

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La processione verso il cimitero

Dopo la breve eppure lunghissima processione dalla chiesa al cimitero di Sant’Anna, la folla si è raccolta nel piazzale oltre la cancellata, e i parenti più stretti di Robert hanno espresso gratitudine alla città tutta per aver reso possibile la più che degna cerimonia con una colletta, l’appoggio del Comune e dell’impresa di onoranze funebri Torrebianca. Grande, invece, il livore verso chi ha confessato di aver commesso il gesto atroce: il 21 enne Alì Kashim, i genitori del quale si sono offerti di venire alla cerimonia, ma i Trajkovic non li hanno voluti.

"Vogliamo solo giustizia"

Uno zio di Robert ha ribadito che “Alì non era un suo amico, forse lo era del fratello, quando erano piccoli. Era un bullo, minacciava la gente e aveva minacciato anche Robert, gli aveva dato due schiaffi sotto casa. Siamo sicuri che non ha agito da solo”. Stando a quanto si apprende, dopo la scomparsa di Robert, Alì aveva incontrato il padre della vittima, dichiarando di non sapere nulla e augurandogli il meglio. Poi ha confessato agli inquirenti l’omicidio in quel sottoscala di via Rittmeyer, sotto il B&B dove alloggiava la ragazza che i due si stavano contendendo, almeno stando a quando ricostruito finora. La ragazza, 19enne, è stata inserita da poco nel registro degli indagati, in questo caso per favoreggiamento.  “Vogliamo solo giustizia - ha dichiarato il fratello Christian – e nella giustizia abbiamo fiducia”.

Le tradizioni e l'amore oltre la morte

Ora Robert non c’è più, ma rimane il calore umano che si respira nell’aria e i rituali che aiutano a sfogare il dolore. Nel piazzale del cimitero le persone vicine a Robert hanno allestito un banchetto con una ciotola piena di grano zuccherato per rappresentare la resurrezione, con una candela accesa al centro, a simboleggiare la vita. Sempre secondo la tradizione serba una bottiglia di vino è stata rotta sulla bara, dopo la tumulazione, da parte di uno degli operatori che si è offerto di adempiere alla volontà della famiglia. Piccoli gesti, ma essenziali per simboleggiare qualcosa di più grande: la tradizione, le radici e la cultura di un popolo, che insieme all’affetto di una grande comunità sopravvivono al male e alla morte.

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