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Cronaca

Rotta balcanica: precipita la situazione in Bosnia, a fuoco il campo profughi di Lipa

Una densa colonna di fumo si è alzata dalla struttura situata ad una trentina di km da Bihac. L'ombra dell'origine dolosa. Migliaia di persone costrette all'addiaccio. Braccio di ferro tra l'Unione Europea e il governo locale

Una colonna di fumo denso e dalle trame oscure come nella peggiore tradizione balcanica. Il campo profughi di Lipa, località bosniaca situata a circa 30 chilometri da Bihać, è andato a fuoco nella mattinata di ieri 23 dicembre innescando la fuga di circa 1500 migranti precedentemente ospitati nella struttura.   

Bihac stazione di transito?

Le scene riprese dagli organi di informazione bosniaci e pubblicate in diretta social dai residenti, testimoniano l’escalation di tensione provocata dalla gestione della cosiddetta Rotta balcanica, il flusso migratorio che dalla Bosnia punta in direzione dell’Unione Europea e che, nella sola struttura di prima accoglienza di Fernetti (sul Carso triestino ndr), ha visto l’arrivo di circa diecimila persone negli ultimi 30 mesi. Un incendio devastante, quello che ha distrutto il campo profughi gestito dall’International Organization for Migration, braccio operativo di Bruxelles per quanto riguarda l’accoglienza nei Balcani e che, stando agli addetti ai lavori, da giorni stava già sbaraccando la struttura. 

Diecimila migranti passati per Fernetti in due anni, leggi la notizia

Le versioni: chi è stato ad appiccare il fuoco?

Secondo alcune testimonianze rese dagli stessi profughi, la ragnatela di relazioni capaci di innescare il rogo porterebbe dritta alle violente contrapposizioni tra la stessa Unione Europea, Sarajevo e il parlamento del Cantone di Una-Sana in merito alla gestione della Rotta. Il campo di Lipa sarebbe finito in un vortice più grande dello stesso fenomeno migratorio: se da un lato il governo federale sembra orientato a renderlo permanente, dall’altro le associazioni umanitarie sostengono che la struttura sia sprovvista di energia elettrica e dell’allaccio alla rete fognaria, puntando il dito contro il governo. 

Le testimonianze: cosa succede in Bosnia?

Da parte di osservatori indipendenti ed informati sulla situazione che si respirava all’interno del campo gestito da IOM, le condizioni in cui vivevano i migranti sarebbero state al limite della dignità umana, con poco cibo (gli stessi migranti avrebbero riferito di sentirsi costretti molto spesso ad andare a fare la spesa nei supermercati della zona ndr) e con un silenzio da parte di ulteriori attori chiamati a lavorare in prima linea e che verrebbe imposto da interessi ben al di sopra di una piccola comunità locale e, nel dettaglio, tutti europei.

I milioni di euro già stanziati

Già nelle scorse settimane TriestePrima aveva pubblicato la notizia dello stanziamento di 25 milioni di euro da parte di Bruxelles al fine di finanziare la gestione dei campi profughi della Bosnia. Una situazione che in Italia, nonostante il monitoraggio (e le accuse in merito alla violazione dei diritti umani lungo il tracciato ndr) proveniente dal mondo dell'accoglienza, sembra non scalfire praticamente nessuno. Al di là dei media locali e del The Guardian, la notizia è passata inosservata praticamente ovunque, confermando il tradizionale e scarso interesse da parte della stampa nei confronti della situazione bosniaca. 

Bihac: parcheggio ad oltranza o accoglienza?

Passano gli anni, la musica non cambia

Passano gli anni ma laggiù la situazione non sembra migliorare. A metterci le risorse è l’Europa, che gioca al braccio di ferro con i governi bosniaci, siano essi centrali o periferici. Quella del Cantone di Una-Sana è diventata ormai una battaglia contro un’istituzione che vorrebbe imporre quello che molti testimoni definiscono un "parcheggio a tempo", visto che gli stati membri dell'Unione Europea latitano, impegnati in una diatriba dai connotati esclusivamente politici.

L'Europa litiga, in Bosnia si organizzano

Nel mentre si assiste al litigio continentale, in Bosnia si organizzano. Davanti al campo profughi di Bira, i residenti della zona sono impegnati in un picchetto di protesta che ormai va avanti da quasi due mesi e mezzo. Bira rappresenta lo stesso campo dove sarebbero dovuti finire i migranti della struttura di Lipa, questo secondo quanto riferito alle televisioni bosniache dal ministero per la Sicurezza e confermato da un ordine che sarebbe giunto al parlamento cantonale direttamente da Sarajevo.

"Non è crisi umanitaria, è scontro di potere"

Ma si sa, nei Balcani l'ordine è storicamente difficile da raggiungere. Il "diktat" ministeriale infatti non ha trovato l’accordo del governo locale, fresco, tra le altre cose, di elezioni. Insomma, una matassa difficilmente sbrogliabile, nella quale i fili politici si intrecciano con quelli degli affari personali e degli interessi sovranazionali. “Sono più di due anni che questo caos va avanti – ha riferito Paola Lucchesi, ex giornalista triestina che a Bihać ci vive da tempo – e adesso la situazione sta precipitando. Non è una crisi umanitaria, è uno scontro di potere". Per quanto riguarda l’origine del rogo che ha distrutto il campo di Lipa, non è da escludere la sua natura dolosa.

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