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Il fenomeno

Sfruttati, ultimi e invisibili: se a Trieste cresce il numero dei migranti schiavi

Nel mese di settembre le segnalazioni di potenziali vittime di tratta e di sfruttamento giunte alla Commissione sono una decina. "Numero che è in costante aumento" così Hermine Gbedo, referente dell'associazione Stella Polare che nei giorni scorsi nel capoluogo regionale ha organizzato il quarto raduno nazionale delle unità di contatto. Il lungo reportage

TRIESTE – Gli schiavi esistono ancora. La decina di migranti segnalati a Trieste come possibili vittime di tratta fa segnare, nell'ottica dei numerosi arrivi dalla rotta balcanica, un "costante aumento" dei casi. A dirlo è Stella Polare, associazione che dal 2000 ad oggi ha raccolto i dati regionali delle persone vittime di tratta e di grave sfruttamento. Dal 2017 al 2021, tra uomini, donne, minori e trans sono 178 le persone accolte come vittime, mentre nell'ultimo ventennio sarebbero circa un migliaio. Numeri che, come è in grado di anticipare TriestePrima, verranno pubblicati all'interno di un libro che il sodalizio triestino presenterà alla cittadinanza entro la fine dell'anno.

Di questo ed altro se n’è parlato all’interno del quarto raduno nazionale delle unità di contatto, andato in scena negli scorsi giorni nella sala congressi del molo IV a Trieste. La due giorni (patrocinata dal Comune che, assieme ad Asugi, è partner del progetto anti tratta) ha visto la partecipazione di numerosi soggetti privati, tra professionisti e volontari del settore, che dal Friuli Venezia Giulia alla Sicilia si prendono cura ogni giorno delle persone invisibili e degli ultimi.  

Le storie scomode è meglio che restino nascoste

La bella ed asburgica Trieste è uno dei luoghi dove spesso si preferisce che le storie scomode rimangano nascoste. La natura transfrontaliera della città fa sì che sia luogo di passaggio, rendendo complicato il meccanismo dell’individuazione dei casi sospetti. La maggior parte delle persone che arrivano in città dopo aver percorso la rotta balcanica “sono potenzialmente vittime di tratta”. Recenti studi della polizia slovena (e pubblicati da TriestePrima in questo articolo) hanno dimostrato che per arrivare in Europa dall’Afghanistan possono venir spesi fino a 14 mila euro, mentre per passare dalla Croazia alla Slovenia “bastano” dai 300 ai 400 euro. I trafficanti promettono nuova vita, ma quasi mai l’arrivo in territorio italiano si traduce nell’atteso Bengodi. “La rotta dei pachistani in Italia esiste, eccome se esiste” così Gianfranco Della Valle, referente del Numero Verde anti tratta. 

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In costante aumento le segnalazioni dei migranti vittime di tratta

A Trieste la sofferenza e la paura a volte permangono per diverso tempo nei richiedenti asilo. Secondo Stella Polare, il numero di migranti segnalati nel mese di settembre alla Commissione territoriale al fine di valutare la loro possibile condizione "è in costante aumento – così Hermine Gbedo, referente  del sodalizio – considerato l'alto numero di arrivi dalla rotta balcanica e il numero di persone che vengono accolte". Da quest’estate la situazione sul fronte degli arrivi al confine orientale è totalmente sfuggita di mano. Solo nei primi 20 giorni di ottobre i dati parlano di almeno duemila persone giunte sul confine, tra Italia e Slovenia. Centinaia le persone che per settimane sono state costrette a dormire per strada, perché la macchina dell'accoglienza è implosa. “I numeri di chi dorme all’addiaccio sono con ogni probabilità sottostimati” ha detto più volte Gianfranco Schiavone, presidente dell’Istituto Consorzio di Solidarietà. 

La paura delle riammissioni

C’è voluta una lettera di oltre 600 persone, indirizzata al prefetto Annunziato Vardè e al sindaco di Trieste, Roberto Dipiazza, per smuovere qualcosa. Il Comune ha detto che si ricaveranno 90 posti letto all’interno di un edificio vicino alla stazione. Un dormitorio al coperto, in vista di temperature più rigide di quelle attuali. Nel frattempo, le associazioni hanno timore che con il governo guidato dalla Meloni rispuntino riammissioni e respingimenti. Il governo, attraverso il Dipartimento delle pari opportunità, ha stanziato parecchie risorse per progetti anti tratta. Dal 2000 in poi ci sono stati ben 21 progetti, praticamente uno in ogni regione. Nel programma unico di emersione, assistenza e inclusione (della durata di 18 mesi) vengono inserite persone vittime di tratta e di grave sfruttamento, non solo sessuale, ma anche lavorativo, l'accattonaggio e i matrimoni forzati, furti ed altre economie illegali. 

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Condizioni che colpiscono persone migranti in situazioni di forte vulnerabilità. Tutti soggetti “relegati” all’ultimo posto della società cosiddetta “civile” e che vivono all’interno di economie dichiarate illegali. Tra questi chi ogni giorno attraversa i confini balcanici per mettere piede in territorio italiano. Le unità di contatto si sono ritagliate il compito di intervenire per arrivare fino alle emersioni di tratta e di grave sfruttamento dei casi. “Quando il progetto Stella Polare ha iniziato nel 2000 – così Hermine – la situazione triestina era diversa". In Borgo Teresiano c'era la presenza di donne provenienti dall'est Europa e da altri stati. Dal 2016 il progetto ha assunto carattere regionale, con "Il Fvg in rete contro la tratta", per cui il lavoro viene svolto in rete con Caritas Udine e Coop Nuovi Vicini Onlus di Pordenone. "L'equipe di Trieste - sempre Hermine - è composta da sole donne tra cui una operatrice pari più alcune figure volontarie che ci assistono e ci aiutano ad accogliere ed integrare chi rimane vittima di tratta o viene identificato come tale”.  

Il fenomeno del "referral": cos'è e cosa comporta

Ma come si riconosce un migrante vittima di tratta? Attraverso gli indicatori di tratta dell'Alto Commissariato per i Rifugiati delle Nazioni Unite vengono individuati gli elementi di gravi violazioni dei diritti della persona nelle storie migratorie.  “Le associazioni ci chiamano – continua Hermine – e dal profilo, dalla storia che ha raccontato (grazie al lavoro dei mediatori culturali), capiamo che è una potenziale vittima di tratta”.  A quel punto, dopo almeno quattro incontri (della durata di due ore l’uno, a distanza di una settimana l’uno dall’altro), viene inviata la documentazione alla Commissione, alla quale si chiede di valutare il caso. “Si chiama referral (rinvio in italiano ndr) – così Hermine – e si manifesta nel momento in cui si rilevano degli elementi di tratta o di grave sfruttamento”. Le segnalazioni arrivano dalla Commissione territoriale, dalle associazioni che accolgono persone migranti, dalle comunità per minori o dalle stesse forze dell'ordine. Ma gli scettici e i perplessi affermano che le storie si somigliano tutte, oppure che identità personali particolarmente delicate (l’omosessualità è una di queste ndr), oltre a una possibile forma di narrazione delle stesse, diventino una sorta di jolly da giocare al momento giusto. 

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I progetti: come si accoglie

"Spesso la vittima di tratta non è consapevole di avere dei diritti. Alcune narrazioni possono essere imposte dai trafficanti, così spieghiamo lo scopo dell'intervista e l'importanza di raccontare la propria storia, quella vera" puntualizza Hermine. A volte, la pressione che subisce da parte del trafficante (a volte ancora nei paraggi), fa sì che la persona abbia paura e non riesca a raccontare ciò che gli è successo. E' importante far capire che esistono strumenti di legge a tutela del migrante in quanto vittima di tratta e di grave sfruttamento, così da permettergli di rimanere in Italia e di intraprendere un percorso di inclusione sociale". Una volta che la persona viene “agganciata” da Stella Polare, ecco che inizia un percorso di 18 mesi. “In Friuli Venezia Giulia ci sono una cinquantina di posti – racconta Hermine -, mentre a Trieste ci sono tre strutture protette. In regione i numeri dicono che superiamo abbondantemente la disponibilità. In città noi abbiamo numeri piccoli perché così riusciamo a lavorare meglio sulla persona, con programmi individualizzati”. Un approccio particolare è quello verso il mondo della prostituzione. Il CoViD ha accelerato un processo che ha visto, almeno a Trieste, la pressoché totale scomparsa del fenomeno su strada. I siti di appuntamenti e di sesso a pagamento in casa sono colmi di annunci che cambiano continuamente.

Conquistare la fiducia delle persone

Si tratta però di una categoria di lavoratori che è altamente mobile. Con l'iniziativa Linda occhio bello (finanziata dal ministero del Lavoro e dalla Regione), Stella Polare ha uno sportello di contatto che si rivolge direttamente a chi lavora indoor. Lo scopo è di offrire accompagnamento sanitario con l'educatrice pari anche per le persone transgender. “Tra chi lo fa in modo autonomo potrebbero emergere persone che si prostituiscono perché costrette, donne gestite e che vengono spostate da trafficanti”. Una delle criticità è data dal tempo. “Il lavoro fondamentale è di conquistare la fiducia della persona. Prima che si apra e racconti ciò che quotidianamente vive, siano essi casi di migranti che abbiano percorso migliaia di chilometri o di prostitute vittime di tratta, la situazione non è semplice. Ci vuole una equipe con diverse figure, ad esempio, una mediatrice linguistica culturale, una educatrice alla pari che fanno da ponte con le altre figure come l'educatrice o l'assistente sociale per costruire un rapporto di fiducia”. In un’epoca in cui l’indifferenza gode di una salute al limite del drammatico, avere a disposizione un punto di riferimento – una stella polare – fa sì che anche gli ultimi possano godere di una certa dignità. 

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