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Cronaca

S1 Corsa della Bora: intervista a Silvia Parente

Un'iniziativa dal sapore rivoluzionario, arricchita dalla presenza di un ospite fuori dall'ordinario. Icona non vedente dello sport paralimpico, capace di conquistare medaglie olimpiche nello sci e allori iridati nella vela e nell'arrampicata

Un'iniziativa dal sapore rivoluzionario, arricchita dalla presenza di un ospite fuori dall'ordinario. Alla S1Corsa della Bora, il festival internazionale del trailrunning che dal 4 al 6 gennaio ospiterà sul Carso oltre 2000 atleti, terrà il suo battesimo il progetto Iperatleti, nato per lasciare un'impronta indelebile nel mondo dell'inclusione. Infatti, alcuni dei runner che parteciperanno al massacrante Ipertrail di 173 km, saranno monitorati via Gps e da vicino nei vari punti vita, da dei compagni d'avventura diversamente abili. Tra le loro fila sarà presente anche Silvia Parente, icona non vedente dello sport paralimpico, capace di conquistare medaglie olimpiche nello sci e allori iridati nella vela e nell'arrampicata.

Silvia, cosa provi ripensando a quella magica Paralimpiade di Torino 2006 impreziosita dall'oro nello slalom gigante e da altre 3 medaglie?

Provo ancora la pelle d'oca ripensando all'atmosfera a cinque cerchi e all'eco che quei Giochi ebbero nel panorama paralimpico. Mi ci vollero mesi per capire il significato di quella rassegna, e sorrido ancora pensando allo sconvolgimento che provocò nella mia vita privata. Prima di Torino stavo mezz'ora, a Milano, per raggiunge il lavoro. Da aprile 2006 iniziai a impiegare 1h30' per compiere lo stesso tragitto, perché la gente mi fermava per strada ed era estremamente curiosa. Ampliando il discorso, i Giochi Paralimpici di Torino furono i primi che ebbero una copertura mediatica consistente e in cui l'atleta paralimpico iniziò ad essere visto non come un “diverso” ma come uno sportivo a tutti gli effetti.

Nel 2006 tu e alcuni tuoi amici avete creato la Fondazione per lo Sport Silvia Rinaldi, di cosa si occupa?

Cerchiamo di rendere accessibile alle persone con disabilità, partendo dai bambini, il maggior numero di discipline sportive. Lavoriamo su due binari: da un parte forniamo le attrezzature necessarie, dall'altra facciamo da collante tra le società che abitualmente accolgono solo ragazzi normodotati, e giovani con disabilità, formando per esempio gli istruttori. Siamo per lo sport inclusivo. Siamo convinti che la persona normodotata e quella diversamente abile debbano crescere spalla a spalla nella disciplina che più amano.

Cosa ti aspetti invece da questa tua esperienza alla S1Corsa della Bora?

Non sono avvezza al mondo dell'ultratrail ma questa nuova sfida mi incuriosisce. Sinceramente non so proprio cosa aspettarmi e come sarà la convivenza lungo la gara con il mio “compagno” Tadej Malagoi. Vedremo come andrà. Ci sarà sicuramente da soffrire dovendo essere ben sveglia pure di notte, io che sono una dormigliona e freddolosa di natura.

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