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«I dati parlano da soli: economia in recessione, disoccupazione in aumento, oltre il 40% dei giovani disoccupati, nessun segnale di ripresa o se esiste è impercettibile»

La situazione italiana continua a subire le conseguenze gravissime della crisi economica generale del 2008, aggravate dal forte debito pubblico.
I dati parlano da soli: economia in recessione, disoccupazione in aumento, oltre il 40% dei giovani disoccupati, nessun segnale di ripresa o se esiste è impercettibile.


La drammaticità delle condizioni sociali sono evidenti: aumento della povertà, inasprimento delle tensioni sociali, riduzione dei servizi sociali a causa dei tagli agli Enti Locali.
E’ stato dimostrato, dallo stesso FMI, che per uscire dalle crisi economiche di questa portata, è decisiva e fondamentale la ripresa degli interventi pubblici per favorire la crescita del settore privato.
Abbiamo seri dubbi che le ultime norme riducano la precarizzazione dei rapporti di lavoro, che già oggi vedono l’Italia come leader europeo per l'alto numero dei modelli di precarietà nei rapporti di lavoro, rispetto ai quali è del tutto sbagliato il superamento dell’art. 18 previsto dal Job Act in queste condizioni. Anche i nuovi provvedimenti di controllo a distanza sui lavoratori rappresentano una ulteriore forma odiosa di vessazione.


Occorre una diversa politica economica in Europa, che ponga fine alla sciagurata politica di austerità perseguita dalla Commissione Europea e dal Consiglio Europeo.
L’austerità deprime l’economia e conseguentemente la possibilità di assicurare la ripresa del lavoro e dell’occupazione, ma anche dei consumi interni e, di riflesso delle entrate fiscali per ridurre il debito pubblico.
Occorrono programmi straordinari di interventi in opere rispettose dell'ambiente, nella ricerca e nella scuola, in edilizia pubblica, per creare lavoro e sviluppo.
Di tutto questo non c’è traccia nella Legge Finanziaria nazionale, né nel Programma Economico Europeo, contro il quale in molti paesi europei sono in atto azioni di protesta da parte delle OOSS e dei lavoratori.


Comprimere e non volere aprire invece il dialogo sociale è una risposta sbagliata e preoccupante.
Nei momenti di grande difficoltà economica o democratica, l'Italia ha sempre potuto contare sulla coesione sociale, sulla responsabilità delle forze sociali, che hanno saputo condividere un piano strategico per uscire dalla crisi e avviare processi di crescita.
Preoccupa, perciò, che in questa situazione di emergenza economica e di drammatiche condizioni sociali, ma anche di sfiducia e rabbia nei confronti delle forze politiche, si ritenga di assumere decisioni unilaterali, riducendo un principio fondamentale della democrazia italiana basato sulla partecipazione e sulla coesione sociale dileggiando il ruolo e la forza ideale e di speranza di milioni di lavoratori, pensionati, precari e disoccupati rappresentati dalle Organizzazioni Sindacali.
Partecipare allo sciopero e alle manifestazioni, è motivo soprattutto di affermare il diritto di chi sta pagando la crisi ( prodotta dalla speculazione e dalla grande finanza) di vedere riconosciuti i diritti dei più deboli, di poter far valere la propria voce e le proprie proposte per uscire da questa situazione e costruire una società più equa.


Roberto Treu, Angelo D'Adamo, Annamaria Mozzi, Giovanni Barbo,Tiziana Cimolino,Sebastiano Truglio, Manuel Zerjul, Umberto  Laureni, Marino Sossi, Mario Reali, Daniela Gerin, Paolo Menis,Istok Furlanic, Marino Andolina

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