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Cronaca

Scoperta nuova strategia contro i tumori, la ricerca coordinata dal Lncib di Trieste

Un cocktail a base di farmaci che colpiscono il sistema cellulare di smaltimento delle proteine e di agenti che inattivano la proteina p53 mutata: questa la combinazione per vincere la resistenza dei tumori alla terapia e bloccare la malattia.

Il proteasoma è il sistema che la cellula usa normalmente per smaltire i rifiuti proteici e per rinnovare le proteine. Questo apparato molecolare è cruciale per la sopravvivenza delle cellule. Neppure la cellula tumorale può farne a meno per continuare a moltiplicarsi, per far fronte agli stress ai quali è sottoposta e per liberarsi di molte delle molecole che agiscono da freno alla trasformazione maligna.

È proprio questo razionale scientifico che porta, ormai da alcuni anni, a considerare il proteasoma un bersaglio ideale per una medicina di precisione contro il cancro. Nasce così una classe di farmaci anti-tumorali capaci di inibirne la funzione. Tra le terapie mirate che arrivano al letto del paziente, o in fase avanzata di sperimentazione clinica, il trattamento con farmaci quali il bortezomib o con gli inibitori del proteasoma di ultima generazione come il carfilzomib ha creato grandi aspettative e l’utilizzo di questi farmaci è oggi approvato contro il mieloma multiplo. In alcuni casi, però, il tumore può anche resistere al trattamento e negli studi clinici condotti finora nei tumori solidi – quello al seno o al polmone, per esempio – questi farmaci hanno deluso, in parte, le aspettative terapeutiche. Può accadere, infatti, che mentre il principio attivo blocca il funzionamento del proteasoma, per tutta risposta la cellula tumorale stimola al massimo l’espressione dei geni che codificano per le diverse componenti di questo apparato molecolare, in modo da ripristinarne o addirittura potenziarne l’attività, frustrando gli sforzi terapeutici. Un meccanismo complesso questo e non del tutto compreso. Finora.

Una ricerca coordinata da Giannino Del Sal del Laboratorio Nazionale CIB di AREA Science Park a Trieste e pubblicata oggi online dalla rivista scientifica internazionale Nature Cell Biology chiarisce le basi molecolari di questo fenomeno. Quando un tumore ha mutazioni nel gene TP53, è proprio il prodotto di questo gene alterato – la proteina p53 mutata – a controllare e attivare in maniera abnorme l’espressione dei geni del proteasoma. Lo dimostrano i ricercatori guidati da Del Sal che hanno individuato in p53 mutante un elemento fondamentale nel determinare la capacità dei tumori, in particolare dei tumori al seno cosiddetti triplo negativi, di resistere alle terapie mirate contro il proteasoma. Le implicazioni cliniche di questa scoperta sono notevoli se si considera che le mutazioni che colpiscono il gene TP53 sono tra le più diffuse nel cancro. Oltre la metà di tutti i tumori presenta, infatti, quest’alterazione che, nel caso di alcuni sottotipi di tumore al seno tra cui il triplo negativo, arriva a interessare ben il 70-80% delle pazienti.

Dagli studi sulla proteina più mutata nel cancro deriva la chiave per comprendere la resistenza dei tumori ai farmaci anti-proteasoma. La resistenza del tumore si vince colpendo la proteina p53 mutata.

Questa scoperta è uno dei traguardi ottenuti dal team coordinato da Del Sal su cui AIRC, l’Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro, ha puntato con il suo programma speciale di finanziamento di oncologia clinica molecolare messo in campo grazie alle donazioni del 5X1000 degli italiani.

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