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Guerra e accoglienza / S. Giacomo - Ponziana / Via dell'Istria

Profughi ucraini in via dell'Istria, ancora liti tra volontari e Caritas

La referente a Trieste dell'associazione 'Ucraina - Friuli' denuncia "una violenza economica a carico di donne e bambini, un netto peggioramento della qualità della vita, niente contributo giornaliero, pasti ripetitivi e quasi niente frutta e verdura". La Caritas replica: "Non ci è arrivata nessuna segnalazione, neanche dagli ospiti, con cui abbiamo riunioni continue. Il contributo viene dato alla fine della permanenza"

Ancora frizioni tra le associazioni di profughi ucraini e la Caritas. I referenti di Trieste dell'associazione "Ucraina - Friuli", in particolare, attaccano la gestione delle strutture d'accoglienza in via dell'Istria, denunciando "una violenza economica a carico di donne e bambini ucraini, un netto peggioramento della qualità della vita, niente contributo giornaliero, pasti ripetitivi e quasi niente frutta e verdura". Il presidente della Caritas, Don Alessandro Amodeo, smentisce e dichiara che "il contributo da 2,5 euro al giorno viene erogato quando gli accolti lasciano la struttura", dichiarando che "queste associazioni cercano visibilità, a noi non hanno mai mandato una segnalazione diretta, e non ne abbiamo ricevute nemmeno dagli ospiti".

L'accusa di "Ucraini in Fvg"

La referente dell'associazione Lyudmila Havryliuk, mediatrice culturale, spiega che: "hanno diminuito qualità e quantità dei pasti. Già queste persone hanno avuto un grande impatto a livello di stomaco, perché la cucina è diversa dalla nostra, e ora si ritrovano a mangiare spesso riso con wurstel, un piatto che si ripete, e a volte non riescono più a mandarlo giù. Sappiamo di una coppia di anziani che divide i pasti con i bambini, dice che 'loro sono il futuro' e si priva del cibo per darlo a loro".

Il problema, secondo la referente locale dell'associazione, non è solo alimentare, ma anche economico: "nessuna delle persone con cui ho parlato ha ricevuto il contributo di 2,50 euro al giorno. A volte si fanno aiutare dai genitori in Ucraina, che hanno la pensione minima o non la ricevono affatto, e hanno paura di spendere quel poco che hanno. Preferiscono conservarlo per tempi più difficili". 

Il fatto che le segnalazioni non siano pervenute alla Caritas viene così spiegato da Lyudmila: "loro non vogliono creare guai né compromettere nessuno. Io sono esterna, mi chiamano per le intermediazioni sia in ospedale che all'ufficio del lavoro in scala Cappuccini, le persone si aprono con me. Noi dell'associazione abbiamo (più o meno) raggiunto una stabilità economica in Italia, quindi cerchiamo di aiutare chi è appena arrivato, e di recente abbiamo regalato degli integratori di vitamine ai bambini. Lavoriamo anche 12 ore al giorno e la Caritas, che ha più risorse, dovrebbe fare di più. Anche per le condizioni di vita, forse - attacca infine la mediatrice -, in molti tornano a casa".

La replica della Caritas

Don Amodeo si definisce "molto amareggiato per questo atteggiamento scandaloso. Queste associazioni sono incontentabili". In passato anche un'altra associazione (Trieste Emergenza Ucraina) aveva lamentato disservizi a Casa Malala, fino a poco fa riservata ai profughi ucraini, che ora ospita nuovamente migranti dalla rotta balcanica. Circa un centinaio di cittadini ucraini sono ora ospiti delle strutture di via dell'Istria, mentre altri sono a carico dell'Ics in accoglienza diffusa.

"Facciamo moltissime riunioni con gli accolti - spiaga ancora Don Amodeo - per chiedere loro di cosa hanno bisogno. Coloro che hanno diritto ai 'pocket money' li hanno ricevuti o li riceveranno all'atto di lasciare la struttura, come sempre. Noi abbiamo sempre risposto alle loro necessità, organizziamo gite, animazione, picnic al mare, ci sono operatori sempre al loro fianco. Abbiamo anche ascoltato le loro esigenze per quanto riguarda il cibo. Non dimentichiamo che in totale accogliamo in 650 persone perché non ci sono solo i cittadini ucraini, esistono anche i poveri della nostra città, la rotta balcanica e altri".

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