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Giovedì, 25 Aprile 2024
Cronaca

La strage silenziosa ai tempi del Covid, se a Trieste si soffre l’emergenza del “male di vivere”

L’inchiesta esclusiva mette in evidenza il fenomeno dei suicidi avvenuti nel capoluogo giuliano durante la pandemia, uno ogni 11 giorni. Tra dati ed analisi statistiche emerge un quadro a dir poco preoccupante. Cosa fare in caso di bisogno e le linee guida dei dipartimenti di prevenzione. Il ruolo delle istituzioni e le morti che si consumano nel silenzio generale, per non “sporcare” la scintillante immagine di una città borghese che spesso si gira dall’altra parte

Violenze domestiche e alcool: l’impennata

Aumentando l’isolamento, anche a Trieste abbiamo assistito ad una vertiginosa crescita del consumo di alcool (centinaia gli interventi delle forze dell’ordine per ubriachezza molesta o per risse tra giovanissimi ndr) come pure alla violenza domestica e alla cosiddetta “paura del contagio”, vale a dire il timore di essere contagiati o, altresì, l’essere additati come untori e responsabili della trasmissione. Non vi è studio che possa certificare la diffusione delle paure, ma il campanello d’allarme è risuonato di continuo nell’epoca del CoViD-19. Nel silenzio generale, qualcuno decideva di farla finita e nella maggior parte dei casi senza neanche lasciare traccia. Possono essere il vicino o la vicina di casa, il dottore con lo studio in centro, la giovane mamma, la persona da poco in pensione, l’artigiana, il figlio di sportivi famosi, come anche operai, pazienti seguiti dal Centro di Salute Mentale, sanitari, novantenni, professionisti, malati oncologici, italiani, sloveni, tutti parte di una lista interminabile. Sono storie avvenute veramente e registrate dalle forze dell’ordine, dai vigili del fuoco e dall’onnipresente 118, nel primo e nel secondo anno dell’era CoViD. 

Trieste città "chiusa": se l'unica corsa diventa quella al supermercato

L'intervento sanitario urgente sui casi di suicidio – racconta Alberto Peratoner, direttore del 118 triestino - è per gli operatori un ambito di attività ad altissimo stress ed impatto emotivo soprattutto perché nella prima fase devono essere fatte rapidamente ed efficacemente alcune valutazioni essenziali”. La sicurezza della scena (presenza di rischi in caso di armi presenti, ad esempio), la valutazione della gravità clinica, la decisione sulle manovre salvavita, l’attenzione al preservare al meglio la “scena del delitto” e la gestione di eventuali parenti presenti, sono solamente alcuni dettagli che i sanitari mettono in campo, in collaborazione con le forze di polizia, in un caso di suicidio.

La mappa della provincia di Trieste

Sul fronte geografico la situazione è frammentata. La mappa dei suicidi a Trieste vede i rioni di Barriera Nuova, Valmaura e Borgo San Sergio come i luoghi dove, nella maggior parte dei casi, si consumano i tragici fatti. Il quadro è quello relativo a zone “depresse”, dove sorgono edifici molto spesso di proprietà dell’Ater (l’Azienda Territoriale per l’Edilizia Residenziale ndr) e dove il degrado e la povertà sono più diffusi rispetto ai tanto sbandierati “salotti buoni” della città, imbevuti di una borghese spensieratezza da aperitivo. Sono aree dove è facile incontrare i dipendenti delle Microaree, struttura gestita dall’Azienda Sanitaria Giuliano Isontina, mentre operano quotidianamente nell’assistenza domiciliare. Quel semplice “buongiorno signora, tutto bene oggi?” rappresenta una carezza che l’epocale emergenza CoViD-19 ha respinto, proiettando la distanza dalla socialità verso un confinamento spinto sempre più in una direzione al limite del siderale. 

Trovato in una pozza di sangue nel retro di un esercizio commerciale in pieno centro

“Lavorando sulle dinamiche di gruppo, sulla dimensione relazionale e sull’ascolto dell’altro, il distanziamento ha spuntato gli strumenti che abitualmente usiamo per promuovere processi di inclusione sociale” racconta Luca Bianchi, presidente della Polisportiva Fuoric’entro che a Trieste da 20 anni promuove lo sport come veicolo positivo per “le fasce vulnerabili della popolazione”. Dal punto di vista delle reazioni post CoViD-19, secondo molti addetti ai lavori il peggio deve ancora arrivare. “L’incognita riguarderà la capacità di intercettare coloro che hanno iniziato a vivere un disagio proprio con il diffondersi della pandemia”. Non li conosciamo, ma le realtà sociali sanno che quel momento non è molto distante.

Età, sesso e scolarizzazione

Nella necessità di non identificare le storie, la nostra inchiesta si “limiterà” all’utilizzo dei dati orfani dei dettagli (luoghi, modalità, nomi e cognomi). A Trieste le zone aperte sembrano essere meno coinvolte, mentre buona parte dei suicidi infatti avviene in casa. Se dai dati che TriestePrima è in grado di mostrare si evince che il 75 per cento delle vittime durante l’era CoViD è di sesso maschile, con il restante 25 per cento dove a morire sono donne, sul fronte delle modalità le cause del decesso relative a Nordest ribaltano i dati dell’Istat e raccontano di scelte drammatiche che, nonostante vi sia una crescente necessità di approfondire un argomento che non sembra più rinviabile, eviteremo di rendere note. Il quadro è preoccupante e sposta la bilancia dell’inchiesta anche e soprattutto in virtù di elementi troppo poco considerati. Ad esempio, guardando ai dati Istat del 2018 in relazione al Nordest, sui 933 suicidi registrati, 266 persone erano in possesso della licenza elementare, 386 di quella media, 217 del diploma e 64 della laurea. 

Le storie a lieto fine

Tra le numerose tragedie registrate nel 2021, c’è però spazio anche per storie a lieto fine. Il 16 marzo è proprio un giovane di 21 anni a dissuadere, nell’edificio di via Lorenzetti a Trieste, una signora di 65 anni dal farla finita. Il ragazzo si chiama Luca Russo e nel maggio del 2021 è stato premiato dal sindaco di Trieste Roberto Dipiazza per il tempestivo gesto: “Ho sempre creduto importante aiutare le persone in difficoltà perché voglio sempre dare agli altri l’aiuto che io non ho potuto ricevere. L’ho fatto senza pensarci un attimo e lo rifarei” queste le sue parole. Un po’ come avevano fatto, qualche giorno prima del gravissimo fatto di cronaca avvenuto all’interno della Questura giuliana il 4 ottobre 2019 dove vennero assassinati, i due agenti della Squadra Volante Pierluigi Rotta e Matteo Demenego.Una decina di giorni fa i ragazzi hanno sventato il suicidio di un giovane – queste le parole di Giuseppe Petronzi, all’epoca questore triestino ed oggi alla guida della polizia milanese – e questo a testimonianza della loro capacità sia operativa sia della loro cifra umana, perché relazionarsi con una persona in una situazione talmente critica e disperata denota quelle che erano le loro caratteristiche: dei grandi uomini e dei grandi poliziotti”. (FINE SECONDA PARTE - CONTINUA A LEGGERE)

Dissuade una donna dal farla finita: giovane premiato in Comune

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