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Cronaca

Esercenti contro i No Green Pass, crescono malumore e insofferenza: "Lasciateci lavorare in pace"

Se da un lato circola la notizia della revoca del preavviso per il corteo di domani, in centro la preoccupazione e l'insofferenza verso le manifestazioni e i bivacchi in piazza Unità aumentano col passare delle ore. "Tornino a casa loro, qui vogliamo lavorare"

C'è chi ha ricevuto la telefonata del proprio assicuratore, chi chiama per avere informazioni a riguardo ed altri che, stremati da un anno e mezzo di fatiche anche e soprattutto economiche, li manderebbero volentieri a quel paese nel più classico dei "lasciateci lavorare in pace". E' il quadro emotivo dei molti esercenti e commercianti disorientati dalle notizie del presunto arrivo di frange di black bloc a Trieste. Domani 22 ottobre i Green Pass avevano annunciato circa 20 mila manifestanti anche se, in una nota della questura, gli organizzatori avrebbero revocato il preavviso per il corteo di domani. Al di là delle continue operazioni di depistaggio comunicativo, in città si respira un clima di tensione che dallo sciopero dei portuali si è registrato fino ad almeno il giorno dello sgombero forzato dell'area del varco 4 del porto. Molti triestini iniziano a mal sopportare il bivacco di protesta che ormai da giorni va in scena in piazza Unità. Se da un lato c'è grande aspettativa per il corteo di domani (ma soprattutto per ciò che emergerà dall'incontro del coordinamento con il ministro Patuanelli di sabato), dall'altro c'è una Trieste che desidera tornare alla normalità il prima possibile. 

La preoccupazione e l'insofferenza

Il Comune ha annunciato possibili e future azioni legali nei confronti di chi avrebbe, in questi giorni, leso l'immagine della città. Una presa di posizione che ha convinto gli organi di promozione turistica, nonostante le chiusure di biblioteche e musei fino a lunedì prossimo. L'interesse è quello tipicamente triestino. Grandi lamentele per le scarse considerazioni romane ma una chiara difficoltà nel digerire le troppe réclame, soprattutto quelle considerate negative. Se poi tutto ciò si trasforma in sgomberi, lacrimogeni ed idranti, ecco che quel sentimento di insofferenza cresce nella Trieste laica, sonnolenta e borghese. "Son preoccupà - racconta in dialetto un oste del centro - perché se riva quei de Genova xe longhi". "Tanti anni fa tenevo una mazza dietro il bancone, ma erano altri tempi e altri orari. No go voja de andarla a cior" così un altro. Al di là degli eccessi mascherati dietro un sorriso, la preoccupazione serpeggia un po' ovunque. "Abbiamo combattuto contro le chiusure, consegnato a domicilio, tentato in ogni modo di sopravvivere: ci lascino lavorare e tornino a casa loro" così un altro ristoratore. Qualcuno la prende con filosofia. "Se vedo che xe casin 'lora sero tutto. No ne ga copado el Covid, no morireremo gnanche per 'ste manifestazioni". 

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