Buon anno dal Pizza & Coca Social Club, tanti auguri Trieste
Un 2022 che si chiude con la ripresa dalla pandemia, all'insegna di una guerra che fa schizzare le bollette e che vede Trieste fare i conti con le sfide del futuro. Nel frattempo, dei problemi si preferisce non parlare, non svegliare la bella addormentata, quella che piace tanto a chi deve investire e a chi invece deve promuoverla allo sfinimento, perché Trieste è brillante, bellissima e scintillante. Buon anno
TRIESTE - Lo slogan "meno internet più cabernet" è rubato. Campeggiava su qualche muro da qualche parte, chi lo sa. E' metafora e specchio di ciò che vorremmo diventasse realtà, vale a dire una vita non più incentrata esclusivamente sul telefono cellulare, sui social e su qualche post che abbiamo letto da qualche parte, su qualche gruppo composto da migliaia di utenti dove l'analfabetismo funzionale non è eccezione, bensì regola. Il muro dov'era apparso lo slogan che riprendiamo nel titolo volutamente provocatorio (anche perché l'alcolismo triestino non ha bisogno della nostra istigazione, sta già molto bene di suo) non c'è più. Svanito nel nulla, in quel vuoto di pressione creato da un digitale abitato anche da migliaia di triestini, curvi sullo schermo e divertiti da dirette facebook dove onlyfans fa dimenticare a tutti situazioni dai contorni momentaneamente drammatici. La colonna verterbrale del triestino sparirà (o forse è già sparita) e allora sì che lì, in quel momento, a qualcuno verrà in mente di rispolverare un triestinissimo "goba tu mare, gobo tu pare, goba la mona de tua sorella iera goba anche quella la famiglia dei Gobòn".
"Sii grasso, mai pesante" dice il poeta triestino Luigi Nacci. Eppure quel peso è sempre più presente, nonostante non lo si veda o non lo si voglia vedere. Troppe le certezze ricercate lì dentro, in quella scatolina che ormai possiede le anime di tutti noi. Vi ricordate, qualche anno fa la polemica sui migranti in possesso dello smartphone era all'ordine del giorno. Oggi, invece, è svanita anche quella, dimenticata, tralasciata per far spazio ad altre, sempre nuove, sempre più urlate, sui vestiti in val Rosandra o sui traffici illeciti. Eppure l'urlo lo si vede solo lì, o qui, visto che pubblichiamo esclusivamente online. Ma no, "forse è colpa dei social", ci diciamo, per giustificare ciò che non sappiamo più come spiegare. L'altro giorno un amico mi ha detto: "varda, alla fine basta che te se fa una mail nova, te cambi le robe su facebook, e te sparisi. Credime, te guadagni in salute".
L'obiezione a tutto ciò è "ok, ma non è che tutto faccia poi così schifo". No, vero. Ma in questa città la gente "sparisce senza lasciare traccia" di sé, vive all'interno di case popolari dove la solitudine fa più male di qualsiasi bolletta da pagare, dove i suicidi ormai non si contano più ("sotto le feste un'ecatombe" ci ha raccontato una fonte), dove la droga ha invaso locali notturni e il sangue di migliaia di giovanissimi: "La riga de bamba xe ormai sdoganada, no i bevi gnanche più, no ghe piasi". Sorride il fegato e fioccano i premi "produzione", dove gli adolescenti diventano numeri, numeri e ancora numeri. Trieste città brillante, bellissima, scintillante. Anni e anni di promozione turistica l'hanno fatta finire sulla bocca di tutti, dal New York Times ai siti delle crociere dove il tram di Opicina, magia, funziona. Soprattutto perché il lavoro digitale - oltre alle opinioni dei "giornalisti" stranieri, ospiti di gente e di portafogli davvero unici - l'ha portata in quella direzione. Pizzerie, ristoranti e catene, pronte a dare un senso al "grampa e scampa", aziende e investitori, ditte incapaci di portare a termine opere pubbliche, nei grandi annunci sempre così funzionali al messaggio che sì, anche il digitale pretende. Giovani che se ne vanno e non hanno un posto dove andare a ballare. Ah sì, e poi quel dato della classifica del Sole24Ore che nessuno ha voluto considerare: tra il 2021 e l'anno che sta per finire, le denunce per riciclaggio di denaro a Trieste sono raddoppiate. Che strano, no?
Nel frattempo i triestini si lasciano spingere sempre più fuori dal centro, nella gentrificazione che et voilà, uccide l'odiosa decadenza del no se pol e regala una nuova ed inaspettata grandeur. Momenti meravigliosi, quelli in cui le persone non sanno più risponderti in dialetto e dove sì, il digitale riuscirà in ciò che neanche i poteri politici son riusciti. Sulle rive ti servono baccalà in accento campano e sardoni barcolani a dicembre. "Gavemo speso 40 euro a testa, xe 'ndà ben dai", questo il commento di una classe media under 50, ignara del cambiamento, già boomer di domani. In un futuro non troppo lontano studieranno l'impatto del digitale sul nostro quotidiano, transizione inevitabile di un disastro annunciato. Sparirà tutto e i relitti sociali relegati e confinati nelle periferie non ci stupiranno più. Il "che cocolo, salutava sempre" diventerà "nol gaveva internet". Poi qualcuno dirà che le osmice rappresentano "ritrovi per amanti dell'alta cucina", nate nei primi anni Duemila dalla penna di un noto giornalista americano, pagato bene per scriverlo sul suo blog, chiaramente il più autorevole al mondo. "La me dà un litro de quel bon?". Cin cin, tanti auguri Trieste. Se "el mar se movi apena" zerca, ogni tanto, de sveiarte.