Perché il caso "Triesteball contro i friulani" è veramente triste
Dopo il meme, la rimozione, le scuse pubbliche, la querela attesa per lunedì. La vicenda che ha fatto il giro del web tra ieri e oggi rappresenta un campanilismo inutile fatto da sfottò di cui potremmo farne veramente a meno. E se prima di finire per vie legali Fontanini e Dipiazza facessero da paceri?
Il caso "Triesteball" rappresenta l'odiosa sopravvivenza di un campanilismo identitario che ha letteralmente stufato. Gli amministratori della pagina hanno rimosso il post, chiesto scusa, si sono cosparsi il capo di cenere e quant'altro. L'avvocato va dritto per la sua strada e querela. La stampa si occupa della vicenda, emergono le solite reazioni politiche, tutti ne parlano prendendo posizione come se fossero a conoscenza di tutti i dettagli.
La storia "Triesteball" fa tristezza. Assistere al gioco delle parti tra Udine e Trieste, tra la Venezia Giulia e il Friuli diventa l'anacronistica predisposizione alle divisioni, l'immagine dell'orticello e i suoi steccati, in una contrapposizione senza nessun obiettivo dichiarato se non quello di rimanere dentro ad un perimetro umano e sociale francamente molto povero di contenuti. Sono gli odiosi cori sul terremoto del 6 maggio 1976 - spariti non troppo tempo fa dagli ambienti della curva Furlan - e sono gli atteggiamenti della curva nord dell'Udinese a tenere in vita il malato, in una guerra tribale tra clan diversi.
Dove inizia la satira e dove finisce lo sfottò
Triesteball ha sbagliato? Se discutiamo di satira no, non ha commesso alcun errore. Se invece poniamo l'attenzione sulla possibilità che i meme offendano qualcuno, allora si potrebbe dire che Triesteball è incappato in uno scivolone. Questo è il momento in cui molti lettori verranno ammaliati dal canto del benaltrismo, traducibile nella più classica delle affermazioni "sì, ma Average Furlan Guy allora?", "sì ma allora quella volta" o ancora "però hanno iniziato loro, eh". Neanche i bambini si comportano più così, che lo crediate oppure no.
La differenza tra la presa in giro e l'offesa
A nessuno dovrebbe interessare tutto ciò, se non agli amanti dello sfottò classico e innocente, un po' come nel derby calcistico tra Triestina e Pordenone dell'ultima stagione di serie C, o lo scherzoso striscione dei tifosi della GSA sulla cancellazione del volo per Dubai, riferimento immediato allo scandalo che ha investito la proprietà della Pallacanestro Trieste. La lista di esempi potrebbe rivelarsi lunghissima e non abbiamo alcuna intenzione di ricordarli.
L'intelligenza e la consapevolezza dovrebbero recitare il ruolo della briscola da giocare ogniqualvolta si manifesti poca lucidità. E quindi ci chiediamo se avesse veramente senso accendere i fari su un caso che è finito per sprigionare così tanta veemenza? Dal punto di vista giornalistico sì, la notizia sta nella decisione di querelare gli autori di un meme su Facebook. Dal punto di vista della condivisione di quei valori che accomunano le genti del confine orientale d'Italia, allora no, siamo fuori strada.
Accostare i friulani alle bestie è vergognoso
Per quale motivo dovremmo vivere i patemi dell'essere friulani o triestini? Nessuno sceglie il posto dove nascere, si è figli di questa terra in maniera molto casuale e semplice. Gli sfottò e le barzellette, la presa in giro e la goliardata si possono manifestare sempre, nessuno afferma il contrario. Ciò che andrebbe rivisto è il il contenuto, l'accostare i friulani alle bestie da cortile non può piacere a tutti, come in altre occasioni l'eliminazione del triestino come obiettivo di molti meme che fanno il giro del web regionale potrà strappare un sorriso ma ferisce.
Lunedì è attesa la querela - sempre che non cambi qualcosa nella vicenda. Sarebbe veramente bello se si riuscisse a risolvere questo inutile contenzioso in maniera diversa, senza passare per le vie legali. Sarebbe bello se i due sindaci, Roberto Dipiazza e Pietro Fontanini si mettessero davanti alle due realtà e riuscissero a ristaibilire la pace. Sarebbe bello infine, se tutti noi riuscissimo veramente a fare in modo che nella quotidianità vengano bocciati determinati registri espressivi che si gonfiano con la presenza di offese e modi di dire anche violenti.
Cosa facciamo per cambiare la tendenza?
Interveniamo quando qualcuno dei nostri conoscenti apostrofa il vicino di casa, colpevole di una friulanità che secondo lui è reato? Pensiamo di ribattere quando gli amici friulani dell'università esprimono giudizi che finiscono con il "ah, a l'è triestin", per il più classico dei "non c'è veramente speranza". Lo facciamo? Chiediamo veramente che si possa civilmente discutere di differenze culturali, che in fin dei conti ci uniscono piuttosto che dividerci? Chiediamo rispetto? Riconosciamo dignità? Siamo onesti intellettualmente?
Sono queste alcune delle domande che dovremmo porci, quando discutiamo di Friuli e di Venezia Giulia, di Trieste e Udine. E non pensare per forza alle differenze tra i due castelli, quello del capoluogo friulano e quello di Miramare, alla celeberrima poca voglia di lavorare dei triestini, il friulano con la barchetta di carta in testa e via di secchio e malta, gli stereotipi tristi e dolorosi, in una guerra tra poveri (di spirito, s'intende).
Brindiamo e facciamola finita
Finiamola prima di iniziare, mi verrebbe da dire. Cominciamo a rispettare ciò che siamo e rappresentiamo, senza tirare in ballo le aule dei tribunali. Facciamo brutta figura e diamo ragione, per l'ennesima volta, alla frase "ma voi lassù vi odiate ancora così tanto?". Ecco, sarebbe bello se l'odio si trasformasse in buoni sentimenti. E per fare tutto ciò basta anche un bicchiere di vino, Vitovska o Schiopettino non importa, basta che finisca per mettere d'accordo tutti.