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Cronaca

Nel "gioco dell'Uti" Trieste vince la Polizia locale, ma perde il "sociale"

Nella Commissione Prima di Antonio Lippolis i dirigenti del Comune manifestano i loro molti dubbi e interpretazioni della nuova legge regionale che costituisce tra le altre l'Uti giuliana

Sta per nascere, ma, per fare una metafora, il sesso nel nascituro ancora non si conosce. Come succede ai neo futuri genitori, che vogliono sapere di che colore dipingere le pareti della cameretta, anche i consiglieri comunali di Trieste e i dirigenti del Comune si trovano in grossa difficoltà davanti la leggere regionale che istituisce, tra le altre (18 in totale), l'Uti Giuliana: «Lascia molto all'interpretazione e lo statuto deliberato dall'assemblea presenta molti dubbi e perplessità», è il commento del vice segretario Fabio Lorenzut e Vincenzo Di Maggio, direttore del Servizio finanziario e tributi. 

Infatti nell'analizzare lo statuto dell'Unione territoriale intercomunale giuliana - Juliska medobcinska teritorialna unija durante la Commissione Prima convocata dal presidente Antonio Lippolis i consiglieri comunali sono rimasti molto perplessi davanti molte delle modifiche, tanto da richiedere una nuova commissione per sabato mattina e forse ancora una successiva entro il 27 dicembre, data entro la quale il Consiglio comunale dovrà far pervenire il suo parere, che però non è vincolante

SERVIZI SOCIALI - Due sono i punti che maggiormente preoccupano i rappresentati dei triestini in Consiglio comunale, mentre il terzo fattore d'"allarme" è rientrato poichè la Polizia locale triestina infatti resterà al proprio Comune e non verrà "condiviso" nell'Uti (com'era inizialmente previsto). Ma in cambio di questa "vittoria", c'è un allarme molto più grande che ha impegnato per circa un'ora il dibattito che ha visto i due dirigenti comunali spiegare i loro dubbi e interpretazioni: «Il primo dubbio sta nella dicitura "Servizi sociali" che andranno nell'Uti: una dicitura generica che io identifico con l'"area Servizi Sociali" del Comune, ma si presta ad altre interpretazioni», ha spiegato Lorenzut. «C'è poi il problema del Bilancio "Sociale": siccome non sarà pronto per il 27 dicembre il Comune di Trieste dovrà versare all'Uti quanto speso nel 2015, ossia 19 milioni euro, contro i circa 12,5 milioni di euro del 2016 - ha illustrato Di Maggio -. Inoltre, siccome la legge e i regolamenti non sono chiari c'è rischio di nuovi ritocchi e questo comporta per la Ragioneria del Comune uno "stress" e un rischio "buco di Bilancio"».

Altri due problemi relativi al passaggio dei Servizi sociali all'Uti li identifica il forzista Piero Camber: «In tutta l'Uti bisognerà livellare il servizio: quindi c'è il rischio per il Comune di Trieste di spendere di più o di meno per portare al livello degli altri comuni quella che è la spesa "sociale". Per non parlare poi dell'aspetto linguistico per esempio nell'assistenza domiciliare del personale mono-lingua italiana a casa di un assistito che parla solo lo sloveno». 

A conclusione della discussione su questo punto, un ulteriore aspetto ha "gelato il sangue" ai consiglieri, in particolare della maggioranza: l'assessore Carlo Grilli e la sua delega ai Servizi Sociali sembrano scomparire e l'attuale assessore rischia di diventare un "mero" consulente dell'Uti, perdendo di fatto il potere "esecutivo", o quantomeno di proposta a una Giunta amica, e si troverà a dover convincere i rappresentati delle altre realtà territoriali (di altro "colore" politico) della bontà delle proprie proposte.

DELIBERAZIONI - In virtù della sua popolazione decisamente superiore agli altri comuni dell'Uti (quasi 200 mila contro 20 mila), Trieste gode di un regime differenziato, per il quale appunto ha scelto/contrattato di mantenere la Polizia locale, la gestione del proprio personale e la gestione dei servizi tributari; inoltre la suddivisione dei voti vede il Comune di Trieste in maggioranza con 15 voti, Muggia a 4, Duino Aurisina 2, San Dorligo della Valle 2, Sgonico 1 e Monrupino 1. Questa "maggioranza" di voti però non conterà a livello decisionale: «(...) le deliberazioni di cui al comma 2, lettere a), c), d), g) h) ed l) ed m) si intendono approvate con il raggiungimento di un voto ponderale, determinato ai sensi dell’art.12, pari o superiore a 20 voti - si legge nello statuto -. In ogni altro caso è sufficiente la maggioranza qualificata dei due terzi dei voti ponderali spettanti agli aventi diritto al voto. Per le proposte di deliberazione di cui al comma 3, lettera c), art.8, comma 4°, e in ogni altro caso riferito alle ipotesi di cui all’articolo 5, comma 2, l’Assemblea delibera con la maggioranza dei due terzi dei voti ponderali spettanti agli aventi diritto al voto, escludendo dal computo i voti spettanti al Comune di Trieste. (...) Per la modifica dello statuto dell’Unione, disciplinata dall’art. 10 della legge regionale 26/2014, non trova applicazione il sistema del voto ponderale».

COMMENTI - «In pratica il Comune di Trieste viene messo sullo stesso piano di altri comuni che insieme fanno un decimo della sua popolazione», è il commento sarcastico di Paolo Polidori (Lega Nord); «cinque comuni minori potranno imporre modifiche statutarie», aggiunge Piero Camber (Forza Italia).

«Per evitare il passaggio all'Uti della Polizia locale, che per me avrebbe acquisito una competenza maggiore su tutto il territorio, si è fatta una scelta che presenta tutta una serie di incognite - sottolinea l'ex sindaco Roberto Cosolini -. Quanto ai voti è chiaro che si è cercato di evitare che ci fosse una maggioranza a schiacciare gli altri, ma come la Provincia dove c'erano 12 rappresentanti del Comune di Trieste e 12 collegi territoriali: non possiamo imporre nulla agli altri e gli altri non possono imporre nulla a noi. È chiaro che non c'è una coesione in maggioranza, quindi l'Uti è un punto critico tra giunta e maggioranza».

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