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Cronaca

Violenza sulle donne, Novelli (Fi): «Istat rileva quasi 7mln di casi di violenza sulle donne, il 31,5%»

Il consigliere regionale di Forza Italia Roberto Novelli: «Violenza sulle donne è in costante aumento soprattutto la violenza domestica che è una delle più gravi forme di violazione dei diritti umani basata sul genere ed è ancora avvolta nel silenzio»

«Promuovere e sostenere sul territorio regionale, comprese le carceri, la realizzazione di appositi interventi di recupero e accompagnamento rivolti agli autori di violenza di genere, soprattutto di violenza domestica, al fine di limitare la recidiva favorendo l’adozione di comportamenti non violenti nelle relazioni interpersonali».

È questo il contenuto di un articolo inserito nella legge regionale 17/2000 “Realizzazione di progetti antiviolenza e istituzione di centri per donne in difficoltà” e presentato dal consigliere regionale di Forza Italia Roberto Novelli.

«Purtroppo nel nostro Paese e non solo – rileva Novelli – la violenza sulle donne è in costante aumento. Come indicato dalla Convenzione di Istanbul del Consiglio d’Europa del 2011 In Europa la violenza contro le donne, inclusa la violenza domestica, è una delle più gravi forme di violazione dei diritti umani basata sul genere ed è ancora avvolta nel silenzio».

«Dall’ultima indagine dell’Istat "La violenza contro le donne dentro e fuori la famiglia" resa pubblica il 5 giugno 2015 emerge che sono 6.788.000 le donne in Italia che hanno subito nel corso della propria vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale. Si tratta del 31,5% delle donne tra i 16 ed i 70 anni, quasi una su tre».

«Un fenomeno – prosegue l’esponente di Forza Italia – in crescita anche in FVG: nel 2014 la rete antiviolenza della nostra regione ha assistito un migliaio di donne, esattamente 1.087 (pari allo 0,25% della popolazione femminile regionale), contro le 1.058 del 2013. Il trend rimane crescente nel quadriennio, evidenziando un incremento di ben 26,8 punti percentuali rispetto al 2011, quando i casi furono 856».

«Dal rapporto regionale emerge che le nuove utenti hanno perlopiù un’età compresa tra i 30 ed i 50 anni (57,1%), sono coniugate (45,7), italiane (71,7%), residenti in regione (93%), prevalentemente in provincia di Trieste (31,3%). La componente straniera copre poco più di un quarto del totale e si attesta su 207 casi. Nel 2014 la violenza viene commessa entro le mura domestiche dal coniuge (41,8%), in prevalenza un adulto di 41-50 anni».

«La violenza – afferma ancora Novelli – è soprattutto psicologica: nel triennio 2012-2014 il 93% delle donne dichiara di averla subita, talvolta accompagnata da violenza fisica (63,2% dei casi nel 2014) o economica (47,4% del totale nel 2014). Lo sfondo comune a tutte le forme di violenza contro le donne è quello psicologico che, di fatto, accompagna le manifestazioni fisiche, sessuali ed economiche con aggressioni verbali, ricatti, controlli, tradimenti, limitazioni della libertà personale. Le donne subiscono aggressioni verbali, denigrazioni, umiliazioni, tradimenti, menzogne ed inganni e, nel caso della violenza fisica, spintoni schiaffi e tirate di capelli seguite da pugni, calci e cadute. In aumento anche la violenza sessuale che nel 2014 ha riguardato il 16,6% delle nuove utenti e che avviene soprattutto con l’imposizione di rapporti sessuali».

«Le donne che sono state vittime di violenza presentano conseguenze come la paura, la condizione di disperazione ed impotenza, la perdita di autostima e stress cronico, ma anche depressione, isolamento sociale/familiare, difficoltà di gestione dei figli, fino ad arrivare ad ematomi, bruciature e tagli».

«Appare, quindi, evidente – continua Novelli – che si tratta purtroppo di un problema molto diffuso ed in costante ascesa che deve essere affrontato da molteplici punti di vista. Da qui la proposta di inserire un ulteriore articolo alla legge regionale sui centri antiviolenza in regione che prevede la realizzazione di interventi di prevenzione di comportamenti violenti e l’attivazione di interventi per il recupero e l’accompagnamento dei soggetti responsabili di atti di violenza, al fine di far cessare i comportamenti violenti e di contrastare la negazione della responsabilità maschile ed i valori legittimanti della violenza di genere».

«I suddetti interventi potranno essere a carattere psicologico, socio-educativo, relazionale, culturale, psicoterapeutico e psichiatrico e realizzati solo a condizione che siano prioritariamente garantiti la sicurezza, il supporto ed i diritti umani delle vittime e saranno stabiliti ed attuati in stretto coordinamento con i centri antiviolenza, escludendo l’applicazione di qualsiasi tecnica di mediazione tra l’autore di violenza e la vittima ed assicurando la separatezza dei due percorsi».

«Tali interventi, inoltre – conclude Novelli – potranno essere realizzati solo su adesione volontaria del soggetto interessato, fatta salva l’acquisizione delle autorizzazioni di competenza dell’autorità giudiziaria procedente, qualora previste».
 

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