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Cronaca

"Wikipiera" vita, amori e miracoli di Piera degli Esposti

L'esistenza e la morte, la religione e il sesso secondo la diva del teatro italiano, che dialoga con Pino Strabioli in un'intervista autobiografica sul palco del Miela per il Teatro stabile Fvg

Piera degli Esposti, “esposta” al suo pubblico in “Wikipiera”, un’ironica autobiografia sottoforma di intervista. Un pubblico davvero “suo”, quello presente al Teatro stabile del Fvg "Rossetti" (per l’occasione ospitato dal teatro Miela, da giovedì 9 a sabato 11 marzo alle 21), perché questa volta gli spettatori hanno riempito la sala non per vedere Clitemnestra o Medea, ma per Piera degli Esposti soltanto, per saperne di più su di lei e su quella vita romanzesca descritta da Dacia Maraini in “Storia di Piera”.

Una forma di narrazione non convenzionale, un “botta e risposta” senza respiro, scandito dalle discrete ma penetranti domande di Pino Strabioli, conduttore televisivo e regista teatrale, che ha guidato l’iconica attrice nell’interpretazione della sua stessa vita. Lo spettacolo parte dagli aneddoti della prima infanzia, a scuola insieme a un Lucio Dalla bambino “Stranamente bello, cocco del maestro perché indisciplinato, furbo e bugiardo”, che descrive la piccola Piera come la “regina della classe”, attrice precoce e amata da tutti. Un talento coltivato con la complicità dei cassetti, su cui appoggiava il ventre per sentire il diaframma e recitare le tragedie greche con i muri di casa come unici spettatori .

È lo stesso piglio da bambina ostinata, quello che vibra sul palco del Miela e regala scorci sulla storia del paese, un osservatorio privilegiato tra salotti che contano e sagrestie, adibite a camerini durante le tante esibizioni in “La rappresentazione della passione” in luoghi di culto. Un’interprete molto apprezzata dalla chiesa nonostante le simpatie di sinistra, tanto da essere stata scelta come voce di Dio per il debutto della chiesa all’Expo 2015.
Eppure Piera ci mostra anche un lato sfrenatamente sensuale e irriverente quando interpreta il personaggio di Molly Bloom nell’Ulisse di Joyce, in quell’ultimo monologo (da cui la riduzione teatrale “Molly Cara”) nel quale vengono snocciolati gli amanti di una vita e che si conclude con un orgasmo definitivo.

E poi gli amori vissuti, immaginati o vissuti parzialmente, come quello con Robert Michum, il bellissimo e irraggiungibile attore americano  a cui l’attrice ha dedicato una lettera appassionata, che è poi divenuta un cortometraggio.  Un incontro poi realizzato grazie a un deus ex machina d’eccezione: Lina Wertmüller, che allestirà una cena nel suo salotto buono solo per farli incontrare.«L’ho baciato, con la lingua, s’intende – racconta Piera – ma poi non abbiamo fatto l’amore: volevo rimanesse un sogno impossibile e perfetto. E pensare che sarebbe morto due anni dopo! Sono riuscita a godermelo appena in tempo».

Un’ironia a tratti macabra, quella dell’attrice ottantenne, che ha in sè un disegno ben preciso: “L’attore deve scandagliare a fondo il buio dentro di sè per consolare il prossimo. E una volta compresa a fondo la propria persona bisogna essere proiettati verso la vita, la chiesa è concentrata sulla morte quando essa non ha alcun bisogno di attenzione. La vita ha così poco tempo a disposizione e la morte è onnipotente e inarrestabile, ha tutta l’eternità davanti, quindi lasci in pace la povera vita”.
Un'esistenza intensamente vissuta, quella che ascoltiamo, un viaggio in un’Italia scintillante di decenni fa, fatta di grande cinema e teatro d’avanguardia, dalla prospettiva di un’artista dall’infaticabile talento, che porta l’arte italiana sulla sua stessa pelle. «Una donna che ha deciso di raccontarvi la sua storia - conclude la diva - e che, dopo stasera, se la rivedrete a teatro o per strada, potrete dire di averla riconosciuta veramente».

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