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Cronaca

Triestino morto in Angola, parla l'avvocato: "Vogliamo fare chiarezza"

Andrea Piras è stato interpellato da Trieste Prima sulla vicenda che ha visto la morte del 43enne a circa 80 metri di profondità in un cantiere al largo delle coste dell'Angola. "Non si vuole puntare il dito contro nessuno, ma la richiesta di verità è più che legittima"

"Vogliamo ricostruire la verità, Wolfrang era un diver con un'esperienza pluriennale e una persona nota nel suo campo per essere molto cauta, sempre con la testa sulle spalle". A parlare è Andrea Piras, legale rappresentante designato dalla famiglia di "Wolf" Galletti, palombaro triestino di 43 anni morto a circa 80 metri di profondità al largo delle coste dell'Angola il 27 dicembre scorso. La salma del professionista è rientrata a Trieste il 20 gennaio alle 11 di sera e si trova attualmente all'obitorio "in attesa di determinare quali saranno le prossime iniziative da intraprendere".

L'avvocato Piras ha le idee chiare sui passi da intraprendere. "C'è un referto autoptico che va tradotto perché redatto in lingua portoghese. Una volta tradotto il testo capiremo se e come svolgere ulteriori attività". I passi successivi potrebbero essere "l'esame del referto da parte di un altro consulente" così Piras "o un'altra autopsia". 

La raccolta delle informazioni

Il tema principale, secondo il legale, è legato alla comprensione più generale delle vicenda "In questa fase molto preliminare - racconta Piras - bisogna cosa ha portato alla morte di Wolfrang. Non tanto sulla base di un'analisi della dinamica biologica del decesso, bensì la dinamica che ha portato a quello che sembra essere stato il distaccamento di un tubo della pipeline". Per questo motivo Piras e la famiglia stanno "raccogliendo più informazioni possibili, cercando di considerare eventuali opzioni e iniziative utili per raccoglierle". "Naturalmente - sottolinea Piras - auspichiamo un certo lavoro da parte dell'autorità giudiziaria". 

Il caso resterà a Trieste? 

Allo stato dei fatti "c'è un tema di competenza. Il reato è stato commesso contro un cittadino italiano - continua il legale - e in questa fase da ignoti. Non sappiamo dove stanno le responsabilità o se ve ne sono: questo va accertato". Piras e la famiglia sono convinti che la competenza del caso "sia della magistratura italiana, starà poi alla Procura decidere sul caso e coinvolgere Trieste oppure altre procure italiane, a seconda dei vari attori coinvolti nella vicenda". 

Il cantiere al largo delle coste dell'Angola

Wolfrang Galletti "si trovava in un cantiere che operava nell'ambito di una commessa della Sonangol, società angolana. All'interno di questo cantiere ci sono diversi operatori e di diverse nazionalità, di conseguenza bisogna capire quali sono i rapporti anche perché dovrebbe esserci un general contractor, con ulteriori contractor". Proprio sulla base della documentazione relativa a Wolf, in questi giorni sono stati restituiti "gli effetti personali alla famiglia e tra essi dovrebbe esserci il contratto di lavoro che aveva in mano per poter operare in Angola". 

La fase preliminare e le prossime mosse

"In questa fase non c'è un tema di dubbio - sostiene Piras-. Non si vuole puntare il dito contro qualcuno ma solo riuscire a fare chiarezza". Se esistessero responsabilità sul caso "laddove emergessero penso sia legittimo aspettarsi che vengano stigmatizzate. L'intento è quello di sapere come è venuto a mancare un figlio ed è una pretesa, da parte della famiglia, che ritengo più che legittima". Dopo la traduzione del referto autoptico si potrà sapere qualcosa di più e tentare di restituire verità su una vicenda che potrebbe nascondere delle zone d'ombra. 

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