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FVG in Europa, fanalino di coda nella formazione dei lavoratori

Il Friuli Venezia Giulia totalizza un buon punteggio su scala nazionale ma ancora lontano dagli standard europei, distanti anche Austria e Slovenia. I tagli in arrivo con la legge di stabilità approvata alcuni mesi fa rischiano di aggravare la situazione

C’è ampia possibilità di miglioramento per i lavoratori del Friuli Venezia Giulia. Dai recenti dati Eurostat è emerso che solo il 6,6% degli occupati tra i 25 e i 64 anni prende parte a corsi formativi e attività di istruzione. Con questo punteggio, la regione si colloca tra i primi posti su scala nazionale subito dietro a Trentino Alto Adige, Umbria, Lombardia, Emilia Romagna e Marche.

Il punteggio però diventa estremamente basso se paragonato alle medie di diversi Paesi dell’Unione Europea come la Danimarca (32%) o la Svezia (27,1%). Superiori anche Austria (14,6%) e Slovenia (13,8) con valori più contenuti ma distanti da quel 6,6% del Friuli Venezia Giulia.

Emblematico il tasso di adesione negli ultimi dieci anni. Mentre si è assistito ad un aumento del 1,1% su territorio europeo e del 3,6% per i Paesi appartenenti all’Eurozona, in controtendenza, l’Italia ha registrato un calo di 0,4 punti percentuali. Il Nord-Est è regredito del 0,5% e, in particolare nella nostra regione, il calo è del 1,8%, abbassando il tasso al 6,6% dal punteggio di 8,4% registrato nel 2004.

Interessante l’aspetto di genere: i dati Eurostat indicano che la percentuale di lavoratrici tra i 24 e i 64 anni che seguono corsi di formazione è superiore a quella dei colleghi di sesso maschile. In questo ambito il Nord Est si colloca in prima posizione con 8,0%, segue il Nord Ovest con il 7,7% e infine Centro e Sud. Il Friuli Venezia Giulia conquista un 7,8%, in linea col risultato del Nord Est.

Tuttavia la colpa della perdita di punti percentuali a livello europeo non è imputabile solo ai lavoratori. L’Ires Fvg rende noto che i fondi destinati alle attività formative per gli occupati continuano a essere tagliati di anno in anno. Per il 2015 l’INPS dovrà versare nelle casse dello Stato 20 milioni di euro mentre la somma salirà a 120 milioni dal 2016 in poi. Ne conseguiranno tagli per i fondi interprofessionali che colpiranno circa 850mila imprese e che metteranno a rischio la formazione di circa 9 milioni di lavoratori.

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