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Economia

Sertubi, Serracchiani: «Aiuto da Regione solo con preciso piano industriale»

«Preoccupazione per ipotesi cassa integrazione, soprattutto dopo il licenziamento di 127 dipendenti su 206 nel 2013»

«Se l'unica proposta di Jindal per la Sertubi è il ricorso alla cassa integrazione la Regione non è disposta a mettere soldi pubblici. Al contrario, se intende presentare un piano industriale puntuale e dare un futuro all'azienda siamo pronti a valutarla». Questa la posizione della presidente del Friuli Venezia Giulia, Debora Serracchiani, emersa durante il tavolo sulla crisi dello stabilimento triestino tenutosi a Roma al ministero dello sviluppo economico, al quale oltre ai vertici dell'impresa e ai sindacati, ha partecipato anche il viceministro Teresa Bellanova.

Durante il vertice Maneesh Kumar, presidente del consiglio di amministrazione di Jindal Italia (ramificazione italiana del colosso siderurgico indiano che nel 2011 ha affittato la Sertubi da Duferco), ha richiesto il supporto del governo per la riduzione dei dazi antidumping e segnalato le difficoltà in cui versa l'azienda, ma non ha fornito né un preciso piano industriale, né indicazioni di investimenti che garantiscano un futuro allo stabilimento e ai suoi dipendenti.

L'azienda ha, però, annunciato il ricorso, nel caso non arrivino nuove commesse, alla cassa integrazione per un periodo di sei settimane a partire dal mese di giugno. Serracchiani ha spiegato che «nonostante la disponibilità dimostrata da Regione e Governo, Jindal non ha presentato alcun piano industriale concreto. Non è finora emerso nulla di nuovo rispetto al passato, tranne che i macchinari dell'impianto sono stati spostati in India».

«Sertubi avrebbe potuto utilizzare gli strumenti messi a disposizione dalla Regione e dal Governo - ha precisato Serracchiani - anche nell'ambito della Crisi industriale complessa di Trieste, per proporre un progetto di reale rilancio, ma non lo ha fatto. Ricordo, infatti, che la Regione ha lavorato per inserire l'impianto all'interno dell'area della Cic di Trieste con tutto ciò che comporta in termini di vantaggi per l'insediamento industriale».

Il viceministro Bellanova e la presidente Serracchiani si sono quindi dimostrate disponibili ad approfondire la questione del rilancio dell'azienda, ma hanno sottolineato la necessità di ricevere progetti concreti, e il vertice è stato aggiornato alla seconda metà di giugno con un incontro ristretto tra l'azienda, la Regione e il Governo, al quale seguirà poi una nuova riunione del Tavolo di crisi. Una posizione, quella di Serracchiani, condivisa dalle sigle sindacali che hanno a loro volta espresso preoccupazione per la mancanza di un piano industriale e per l'ipotesi della cassa integrazione, soprattutto dopo i pesanti tagli al personale effettuati nel 2013, quando di 206 dipendenti ne furono licenziati 127, e alle ferie forzate imposte negli ultimi mesi.

All'incontro erano presenti tra gli altri, oltre a Serracchiani, Bellanova e Kumar, il direttore di Jindal Italia, Massimiliano Iuvara, il dirigente dell'Unità per la gestione delle vertenze delle imprese in crisi del Mise, Giampietro Castano e, tra le rappresentanze sindacali, Guglielmo Gambardella (Uilm), Umberto Salvaneschi (Fim Cisl), Sandra di Febo (Rsu Uilm), il segretario della Uilm di Trieste e Gorizia, Antonio Rodà, e Michele Pepe (Fim - Cisl).

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