Gruppo Germinal: sabato 7 marzo presidio per ricordare omicidio di Pietro "Pedro" Greco
«SABATO 7 MARZO dalle 16.00 in via giulia 39 e piazza volontari giuliani presidio sul luogo dell’assassinio di Pedro
Il 9 marzo del 1985, in Via Giulia, qui a Trieste, il militante comunista Pietro “Pedro” Greco, venne ucciso in un agguato tesogli da un commando formato dall’ agente dei servizi segreti Maurizio Nunzio Romano e da tre agenti della Digos di Trieste, Giuseppe Guidi, Maurizio Bensa e Mario Passanisi che gli spararono più di dodici colpi d'arma da fuoco, prima nell'atrio del palazzo e poi fuori, alle spalle, quando già stava agonizzando sul marciapiede». È quanto riferisce in un comunicato il Gruppo Anarchico Germinal.
«Una vera e propria condanna a morte - continua il gruppo - , che lo Stato eseguì contro un compagno che aveva dedicato tutta la sua vita alla lotta di classe: immigrato calabrese a Padova, dove dapprima studiò all'università e poi insegnò matematica, fu in prima fila nelle lotte per la casa, nelle mobilitazioni dei lavoratori della scuola, nelle rivendicazioni dei servizi sociali, nelle occupazioni a scopo politico e d'aggregazione proletaria, nell'antifascismo militante...Pedro visse fino in fondo la stagione di lotte degli anni settanta e d'inizio anni ottanta, in essa si formò e crebbe politicamente, praticando la prospettiva dell’abbattimento del sistema capitalista. Il suo omicidio si colloca proprio nel tentativo da parte dello Stato e della classe dominante di chiudere quel ciclo di lotte, neutralizzandone la potenzialità rivoluzionaria e disperdendone il patrimonio, attraverso l'aggravarsi della repressione. In particolare, a cavallo tra la fine degli anni settanta e l'inizio degli anni ottanta, sono migliaia i compagni e le compagne incarcerate e inquisite, in tutta Italia, per reati associativi (“associazione sovversiva”, “associazione sovversiva a scopo terroristico”, “banda armata”...), a partire soprattutto dagli arresti scattati nel blitz del 7 aprile 1979. Pedro venne colpito da mandato di cattura e costretto alla latitanza, dalla quale non fece più ritorno, nei primi mesi del 1982».
«A trent'anni dalla sua esecuzione - spiega la nota - , il contenuto delle iniziative che vogliamo realizzare non intende essere quello della commemorazione retorica e neanche quello della denuncia di un crimine che rimane iscritto, assieme a molti altri e nonostante passino i decenni, a carico della classe dominante e del suo Stato. Vogliamo sforzarci, invece, di collocare la memoria di Pedro nel presente, recuperando, dibattendo e riflettendo sul valore del patrimonio delle lotte di allora per il nostro presente, riavvolgendo e riannodando il filo che l'intossicazione ideologica e i silenzi assordanti della versione data dagli apparati culturali egemonici vorrebbe spezzare».
«Lo vogliamo fare oggi. sottolinea il Germinal - , in una fase nella quale, le contraddizioni del sistema capitalista ne aggravano le contraddizioni su tutti i piani, portando i governi e il padronato ad attaccare le conquiste della classe lavoratrice che vennero strappate proprio con le lotte di allora. È necessario farlo perché ci ritroviamo ancora di fronte una repressione che vuole piegare ogni spinta all'antagonismo politico e sociale, che aggrava ed affina i propri strumenti, tra cui continuano a spiccare i reati associativi, già approntati e messi in campo dallo Stato contro il movimento di allora».
Del resto, nel momento in cui si deteriorano le condizioni di vita a livello di massa, la repressione assurge a strumento per gestire le contraddizioni sociali. Pensiamo a come viene trattata la questione dell’immigrazione o all’utilizzo del carcere o della segregazione penale (domiciliari) utilizzati come fattore contenitivo della sempre più grossa fetta di popolazione che, inevitabilmente nell'attuale scenario di crisi, ricorre all'illecito per vivere. La marginalità sociale e la diversità culturale vengono criminalizzate, assieme a tutto ciò che non è funzionale ai meccanismi del profitto e dello sfruttamento».
Sul piano internazionale, le guerre imperialiste, condotte per la ripartizione dei mercati, divengono fonti di continui e nuovi genocidi, mentre, sul piano interno alle società che pretenderebbero di esportare “civiltà e democrazia”, si tramutano in ulteriore spinta all'autoritarismo, al controllo poliziesco e alla paranoia razzista.
La cappa reazionaria - conclude il comunicato - che lo Stato e i padroni calano sulla società, oltre che essere rivelatrice della loro costante paura di perderne il controllo, si rivela già adesso assolutamente non “perfetta”, a partire dal fatto che la tendenza alla lotta di classe, alla ribellione e alla resistenza degli sfruttati, dovunque essa si manifesti ed emerga – nei luoghi di lavoro, nei territori, nei quartieri, nelle università, nelle scuole, persino nelle galere – rompe di per sé una pacificazione forzata. Questa stessa pacificazione, che trent'anni fa i boia di regime vollero imporre crivellando di colpi Pedro e tanti altri compagni e compagne, la possiamo smentire riprendendoci la memoria di questo compagno ucciso e riaffermando la continuità con le lotte cui allora egli prese parte, assieme a moltissimi/e altri/e. Poiché il cammino verso la liberazione non s'interrompe mai quando qualcuno cade, se qualcun'altro decide di calcarne le orme e di proseguirlo».