Tra arte e scienza: la mostra dedicata a Lucio Saffaro arriva in Porto Vecchio
Presentata la grande mostra "Ritorno a Trieste. Lucio Saffaro tra arte e scienza", un grande protagonista dello scenario intellettuale del secondo Novecento e in programma nel rinnovato Magazzino 26, nel Porto Vecchio di Trieste, dal 6 marzo al 26 giugno 2022. Alla conferenza stampa sono intervenuti il sindaco Roberto Dipiazza, l’assessore comunale alla Cultura Giorgio Rossi, Serena Mizzan per l’Immaginario Scientifico e il curatore Claudio Cerritelli. L’esposizione è promossa dalla Fondazione Lucio Saffaro con il Comune di Trieste e il patrocino della Regione Friuli-Venezia Giulia, a cura di Claudio Cerritelli con la collaborazione scientifica di Gisella Vismara e organizzata da Villaggio Globale International.
“Con questa prestigiosa mostra al magazzino 26, si valorizza la cultura in un edificio rinnovato in quest’area del Porto Vecchio che vanta 65 ettari fronte mare, una grande scommessa per Trieste e per il suo futuro, ci stiamo lavorando senza sosta. Oggi abbiamo consegnato i lavori per la viabilità, 10 milioni di investimento anche nell’ottica di un importante rilancio turistico, solo quest’anno sbarcheranno oltre 440mila turisti con le crociere- ha sottolineato il sindaco Roberto Dipiazza rivolgendo i complimenti a tutti gli organizzatori per l’originalità della mostra che tra l’altro rende omaggio ad un artista triestino di grande valore-. “La mostra su Saffaro, personaggio straordinario, alza il livello di qualità del patrimonio museale e punta ancor più l’attenzione sul magazzino 26 e il Porto Vecchio – ha rimarcato l’assessore Giorgio Rossi -. Sono convinto che avrà grande successo, in linea con il programma prefissatoci assieme al sindaco Dipiazza nel suo nuovo mandato, che mira a valorizzare al massimo le opportunità della città anche attraverso eventi qualitativamente superiori”.
La singolarità della figura di Lucio Saffaro (Trieste 1929 - Bologna 1998), pittore, scrittore, poeta e matematico, e la complessità del suo universo – la sua costante ricerca dell'infinito e della perfezione attraverso gli enigmi dello spazio e del tempo e le esplorazioni del pensiero - appaiono con travolgente evidenza soprattutto nelle sue opere pittoriche e grafiche. Quasi 90 lavori di questo straordinario artista e intellettuale saranno riuniti nella mostra che riscopre e dà conto dell'originalità di Saffaro nel contesto della cultura e dell'arte italiana del tempo. E presenta dunque una consistente selezione di opere pittoriche e grafiche di proprietà della Fondazione stessa (36 oli, 35 litografie e 16 disegni), che restituiscono al pubblico un'immagine completa della ricerca dell'artista (1954-1997): dalle figure enigmatiche delle prime opere immesse in una dimensione quasi onirica – come il Magnifico signore e il Concerto del 1954 o L'inquietudine del 1956 – fino alla ultime investigazioni prospettiche in cui i poliedri assumono un ruolo centrale quali forme "che pongono quesiti non di natura matematica ma piuttosto esistenziale", come La stella di Origene del 1991 e Il dodecaedro paolense del 1993. Lavori che saranno riuniti nella mostra “Ritorno a Trieste. Lucio Saffaro tra arte e scienza” e che riscopre un grande protagonista dello scenario intellettuale del secondo novecento e dà conto dell’originalità di Saffaro nel contesto della cultura e dell’arte italiana del tempo.
In effetti la poetica dell’artista triestino, che lascia la città di Svevo in giovane età per svolgere i suoi studi di Fisica pura a Bologna, città d’elezione anche dal punto di vista artistico - si sviluppa autonomamente rispetto alle tendenze contemporanee, attraverso una concezione estetica che si pone sotto il segno di una costante ricerca della “differenza” nei confronti dei movimenti avanguardistici e degli sperimentalismi linguistici del secondo ‘900. Un’autonomia dalle correnti principali che forse ha reso difficile la conoscenza e la familiarità da parte del grande pubblico con l’arte di Saffaro, seppure egli abbia esposto alla Biennale di Venezia, alla Quadriennale di Roma e in molte altre importanti rassegne in Italia e all’estero e nonostante i maggiori critici e storici dell’arte del Novecento (come Arcangeli, Accame, Calvesi, Quintavalle, Barilli e tanti altri) abbiano invece lungamente scritto e riflettuto intorno ad essa e all’affascinante personalità di un artista e intellettuale che può definirsi rinascimentale e mitteleuropeo ad un tempo. Pur rifiutando la definizione di artista-matematico, Saffaro ha saputo coniugare la sua profonda cultura scientifica con la costante indagine pittografica di forme simboliche legate allo spazio e al tempo, agli interrogativi che essi pongono e alle infinite indagini mentali ed estetiche da essi suggerite. Scientificamente consapevole, come egli stesso scrive, “dell’immensità di ciò che non conosciamo” e dei “limiti del nostro sapere”, costantemente teso alla comprensione dell’incomprensibile, al discernimento e all’esplorazione di dimensioni altre, ignote e ancora misteriose, egli è un artista modernissimo e antico ad un tempo.
Le sue ricerche matematiche sulla determinazione di nuovi poliedri, oggetto di numerosi saggi e conferenze in tutto il mondo, gli oltre cinquanta testi letterari da lui pubblicati accanto ai molti ancora inediti, così come le figure geometriche “eleganti” e “solitarie” dei sui dipinti e disegni sono parte di una stessa dimensione, di una ricerca interminabile e mai appagata, straordinariamente affascinante.Fu Saffaro nel 1970 a rendersi conto che nel mosaico pavimentale della Basilica di San Marco a Venezia Paolo Uccello, nella prima metà del quattrocento, aveva già disegnato il “dodecaedro stellato” scoperto come figura solida da Keplero solo nel 1619: un’immagine divenuta famosa perché scelta – su indicazione dello stesso Saffaro – come simbolo della Biennale d’Arte di Venezia del 1986. Lucio SaffaroIl tempio di Talete, 1978, litografia a colori, tiratura di 30 esemplari Identificazioni simboliche, monumenti e ritratti immaginari, visioni allegoriche, poliedri, dodecaedri e tetraedri canonici, magiche icone del tempo infinito: sono questi alcuni temi affrontati con limpide e luminose stesure pittoriche.
Saffaro non era pittore dell’astratto-geometrico: i solidi e le indagini prospettiche che propone nelle sue opere sono l’universo molto concreto – reale – in cui ha vagato per tutta la vita d’artista, raccontando il suo viaggio verso l’infinito e la perfezione.Il suo è il mondo della luce, del colore primario, della sublimazione mentale, della geometrica perfezione; un platonismo Rinascimentale fatto di risonanze tra antico e moderno, non privo di sentimenti e di emozioni: in particolare il senso di tristezza, la solitudine e quel sentire che l’artista definiva malinconia. Un percorso cronologico, stilistico e tematico che rivela anche la complessità delle fonti iconografiche ed erudite alle quali il pittore triestino attinge con sottile vena citazionista: dagli artisti ( Piero della Francesca, Paolo Uccello, Raffaello, Vermeer, Durer, Murillo, Goya, ecc.) ai luoghi dell’Antica Grecia (Dodona, Micene, Cnosso) mitologiche (Elena Cassandra, Proserpina, Andromaca, ecc.) a quelle letterarie (Ulisse, Penelope).Ma la rassegna assume un particolare significato anche in relazione alle origini triestine di Saffaro e alla sua cultura mitteleuropea come matrice delle tensioni esistenziali che caratterizzano la sua evoluzione intellettuale e artistica.
Un legame che Lucio Saffaro ha più volte evocato attraverso le immagini simboliche di paesaggi ed elementi di natura: mare, onde, orizzonti; tramiti iconografici che testimoniano questa profonda identità aprendo al “melanconico” silenzio della contemplazione e agli interrogativi sul mistero dell’ultimo confine, come in “Icosaedro marino” (1990) o “Meditazione sul golfo di Trieste”: un’opera del 1972 in collezione privata, prestata per l’occasione. La mostra a ingresso gratuito - accompagnata da catalogo edito per i tipi della Bononia University Press con testi di Claudio Cerritelli, Bruno D’Amore e Gisella Vismara - propone nel percorso contribuiti video-documentari e la proiezione del film “Lucio Saffaro, un pittore tra scienza e umanesimo” prodotto da Rai Cultura, con la regia Giosuè Boetto Cohen. Molte saranno anche le proposte educative e le iniziative per le famiglie promosse dalla Fondazione Lucio Saffaro, ideate e realizzate da Immaginario Scientifico.
Particolare attenzione alle scuole, per le quali la Fondazione ha previsto apposite visite guidate gratuite. Lucio Saffaro (Trieste 1929-Bologna 1998), si è laureato in Fisica pura all’Università di Bologna, dove ha vissuto dal 1945. È stato pittore, scrittore, poeta e matematico. Dagli anni Sessanta si è affermato come una delle figure più originali ed inconsuete della cultura italiana, ricevendo ampi riconoscimenti in ciascuno dei campi in cui ha operato. Nel tempo, le sue opere letterarie e grafico-pittoriche sono state recensite e presentate da critici autorevoli. Rifiutando la definizione di “artista-matematico”, Saffaro ha sempre lavorato ai confini e in continuità tra l’arte e la scienza. L’artista, pur praticando una ricerca vicina ad un classicismo profondamente italiano e rinascimentale, tuttavia, non ha mai scordato le proprie origini triestine. Nelle sue opere ricorrono frequentemente le figure e le “immagini” simboliche del mare, delle onde e dell’orizzonte, tutti elementi che evocano la sua appartenenza anche ad una cultura mitteleuropea.
‘Tempo, spazio, essere e tristezza’ costituiscono i nuclei tematici costanti nell’opera di Saffaro: dai primi e poco conosciuti disegni ed olii su tela, appartenenti ad un’originale idea di “metafisica”, fino ai quadri e alle grafiche più marcatamente saffariane, dove emerge la sua ricerca perenne intorno all’enigmatico e all’ignoto. I suoi studi sulla determinazione di nuovi poliedri e sull’esplorazione teorica delle possibilità offerte dalla prospettiva diverranno il perno concettuale, ontologico e simbolico del suo lavoro. Saffaro ha esposto alla Biennale di Venezia, alla Quadriennale di Roma e in molte altre importanti rassegne in Italia e all’estero, ricevendo premi internazionali alle Biennali di San Paolo del Brasile (1969), di Rijeka (1970) e Cracovia (1972). Oggi le sue opere figurano in importanti collezioni pubbliche