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Teatro

Fischi per “Luisa Miller”, performance del tenore non gradita dal pubblico del "Verdi"

Il cast della prima in effetti non ha offerto grandi performance canore, le scene erano a tratti dispersive, i costumi già visti

Applausi incerti e artisti fischiati per “Luisa Miller”, l'opera di Giuseppe Verdi andata in scena al teatro lirico di Trieste venerdì 4 marzo. Il cast della prima in effetti non  ha offerto grandi performance canore, le scene erano a tratti dispersive, i costumi già visti. Sarebbe facile limitarsi ad una critica  come questa, arida ma affilata, basandosi sull'indice di gradimento del pubblico triestino, notoriamente “difficile”. Per “Luisa Miller”, proprio per dovere di critica, voglio dissentire dalle reazioni e dai commenti del pubblico presente in sala, che, lo vorrei ricordare ancora una volta, è quello stesso  che una volta calato il sipario, anzi, quando ancora è visibile la scena, viene preso da una terribile fretta di andare a casa. Ma allora perchè prendersi il disturbo di venire a teatro? Non sarebbe meglio restarsene a casa a guardare la televisione? Sì, perchè se c'è una cosa veramente imbarazzante del pubblico triestino è la smania di raggiungere il guardaroba prima degli altri, smania che trasforma gracili e distinte vecchiette con tanto di stampella invalidante in atletiche centometriste che, incuranti delle persone ancora sedute, con balzi quasi felini tra le poltrone  lasciano la platea proprio nel momento in cui il sipario si riapre e gli artisti escono per raccogliere i meritati o meno applausi. E così, gli artisti stessi possono assistere a questo triste quanto incivile rituale della fuga,   decine di persone  che danno le spalle al palcoscenico e si affrettano verso l'uscita.

A passare i guai peggiori il povero tenore argentino Gustavo Porta, un bravo artista che ha collezionato discreti successi nella sua lunga carriera e che è stato brutalmente umiliato al termine della prima di “Luisa Miller” venerdì scorso sul palcoscenico triestino.   Il giorno successivo il teatro “Verdi” ha annunciato  in un comunicato “il ritiro del tenore Gustavo Porta, impegnato nel ruolo di Rodolfo nella Luisa Miller, dopo la prima recita di ieri sera, venerdì 4 marzo”.  Beh, se dovesse essere stata una decisione del tenore stesso quella di non proseguire con le recite triestine, non mi sentirei di biasimarlo. Dopotutto a Trieste abbiamo negli anni passati assistito a esibizioni  ben peggiori senza per questo manifestare il dissenso dello scorso venerdì. Perfino il direttore d'orchestra, il Maestro greco Myron Michailidis, si è preso qualche fischio...giusto perchè ce ne fosse un po' per tutti.  La mia indignazione ha raggiunto l'apice quando, a opera conclusa, passando per la biglietteria per raggiungere l'uscita, una “distinta” signora si è rivolta in dialetto al personale del teatro vantandosi di essere stata una delle voci di dissenso: “Vardè che mi ghe go zigà bù al tenor, chi xe domani, xe el steso?”

La reazione del pubblico triestino è stata dunque ingiustificata, nata forse da altri fattori, che qui vado ad elencare. Il primo: “Luisa Miller” è un'opera sconosciuta ai più. Se non si sono mai sentite altre interpretazioni delle parti, come si può giudicare? Il secondo, l'opera verdiana segue in cartellone per sua sfortuna la straordinaria “Norma”. Forse, dopo “Norma”,  le aspettative del pubblico si erano un po' alzate. Terzo punto, ormai ci si lamenta di tutto, dalla politica al meteo ai  vicini del piano di sotto che friggono la cipolla, perchè non farlo allora anche quando si è a teatro?

In conclusione, pur non essendo stata una grande performance nel suo insieme, “Luisa Miller” non meritava di essere così maltrattata. E Porta è stato sufficientemente dignitoso sia dal punto di vista canoro che recitativo. A volte ci si dimentica dei sacrifici e dello studio, che non finiscono mai, per un cantante lirico. La fatica, le incertezze, le porte in faccia, le privazioni, spesso senza alcun ritorno economico.  Chi è abituato a fare fotocopie in un ufficio non può comprendere. Eppure paradossalmente quando si giudica nella sicurezza dell'anonimato, basta veramente poco per provocare danni irreparabili. Il teatro va amato e sostenuto anche quando ci fa vedere il suo lato debole. 

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