"La Traviata" al Verdi: Intervista con il tenore Luciano Ganci
Sarà “La Traviata” l’ultimo attesissimo titolo della stagione 2017 -2018 del Verdi. Parte della cosiddetta trilogia popolare di Giuseppe Verdi, il dramma trae ispirazione dal romanzo “La Dame aux camelias” di Alexandre Dumas figlio, e racconta la tragedia della cortigiana Violetta Valéry, redenta dal puro amore ma destinata a una morte precoce perché affetta dal “mal sottile”, la tisi. Un argomento cosiderato scabroso a metà del XIV secolo, ma riproposto con delicatezza nel libretto di Francesco Maria Piave, e sostenuto dalle intense melodie verdiane.
L’opera, nella produzione firmata da Giulio Ciabatti (scene Italo Grassi, coreografie Guillermo Alan Berzins) per il nuovo allestimento della Fondazione Teatro Lirico “Giuseppe Verdi”, sarà in scena dal 22 al 30 giugno al “Verdi” di Trieste per la direzione musicale del Maestro Pedro Halffter Caro.
Nella parte di Alfredo, per la prima compagnia, si esibirà il tenore romano Luciano Ganci, una delle voci più interessanti del panorama italiano e internazionale. Ex allievo di Mirella Freni, ha sempre coltivato la sua carriera canora parallelamente ad altri progetti. Oltre a una laurea in ingegneria e otto anni al lavoro in un’azienda dell’Enel, ha cantato e inciso alcune basi nell’ambito nel musical e ha partecipato al doppiaggio musicale de “Il Fantasma dell’Opera”, oltre ad alcune produzioni di Disney Channel. Ha inciso anche delle colonne sonore del film “La Terza Madre” di Dario Argento e “I Pirati dei Caraibi” di Verbinski.
Nel 2007 si è classificato tra i vincitori del “progetto giovani tenori 2007” e semifinalista al “World Opera Contest operalia” di Parigi con Placido Domingo. Nel 2013 ha aperto la stagione lirica del Teatro con un acclamato debutto ne “Il Corsaro”, ha cantato nei più grandi Teatri italiani ed europei oltre che in India, Canada, Corea (Expo Mondiale di Yeosu), Israele e Kazakistan
Una carriera che ha origine nella prima infanzia, nel coro di voci bianche della cappella sistina. «È stata un'esperienza fondamentale. - racconta Ganci - Quando si accosta l’esperienza spirituale a quella musicale la si vive come un servizio, un dono di sè non solo dal punto di vista artistico ma anche da quello umano. Non ha necessariamente a che fare con la religione ma è l’accostamento dell’arte a qualcosa che è oltre la dimensione materiale. È un aspetto che si trova nelle grandi composizioni rinascimentali ecclesiastiche. All’epoca la musica era importante quanto la preghiera, ascoltare il canto gregoriano o la polifonia sacra equivaleva alla preghiera e al rito stesso. Io porto questa dimensione di dono anche in teatro, per cui ho un grandissimo rispetto, che il mio dono piaccia o meno».
Da un lato la spiritualità e dall’altro la laurea in ingegneria. Quanto incide il metodo scientifico e lo spirito di sacrificio nel suo percorso?
«Vengo da un tipo di famiglia che vede la musica come un hobby, non un lavoro. A me piaceva ‘ambito dell’edilizia quindi ho studiato prima da geometra poi da ingegnere e per otto anni ho anche lavorato nell’ambito. Poi è la vita a indirizzarti verso una strada, non parlerei di predestinazione perché io fatico ogni giorno per fare questo mestiere. Io ce l’ho messa tutta per non fare il cantante e intraprendere altre vie ma sembra che la musica, come la donna della famosa canzone, ti segua proprio quando cerchi di allontanarti da lei. Bisogna coltivarla da lontano senza venerarla troppo, infatti molti cantanti di lungo corso inizialmente non volevano diventarlo».
Di tutte le sue esperienze all’estero qual’è stata la più emozionante?
«Io dico sempre la prossima, noi viviamo in quell’attimo che è lo spettacolo, ma per quanto mi riguarda sono incapace di godermi l’applauso. Io registro gli spettacoli per una questione di studio e di osservazione ma le cose che percepisco durante l’esecuzione sono un decimo di quelle che effettivamente sono. L’emozione viene sempre trattenuta per dopo in un atteggiiamento quasi agonistico. Il passato è servito per gettare le fondamenta della costruzione, ma l’importante è sperare che il meglio debba ancora arrivare. Sennò facciamo la fine dei melomani che ascolterebbero soltanto Di Stefano».
Cosa le ha lasciato il doppiaggio cinematografico e cosa pensa della contaminazione tra lirica e pop?
«Il doppiaggio non si è minimamente sovrapposto alla lirica, è stata un’esperienza iniziata molto prima della mia carriera attuale. Non credo nella contaminazione, quando io provo a cantare musica leggera sembro Renato Zero, non organizzerei mai un concerto cantando “I migliori anni della nostra vita”, come in molti si permettono di storpiare le opere liriche io non mi permetterei mai di storpiare la musica pop. Mi permetto solo di contaminare l’opera lirica con l’opera lirica».
Come si trova a Trieste e nel nostro teatro?
«Io sono innamorato di Trieste, mi ha dato tantissimo. Io faccio sempre appello alla comunità triestina che comanda: se fosse meglio collegata col resto d’Italia io ci abiterei. Ha la montagna, il confine e il mare, e un cielo meraviglioso che io paragono spesso a quello di Roma, ma con molto meno traffico. Lì ci ho conosciuto anche mia moglie, quindi c’è un legame fortissimo, tra concerti e opere liriche sarà la 10ma volta che ci torno».
Calendario delle rappresentazioni de "La Traviata"
Ven 22.06.2018 ore 20:30
Sab 23.06.2018 ore 16:00
Dom 24.06.2018 ore 16:00
Mar 26.06.2018 ore 20:30
Gio 28.06.2018 ore 20:30
Sab 30.06.2018 ore 20:30