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Teatro

Socrate il sopravvissuto: ciò che è rimasto

In scena ieri al Rossetti uno spettacolo all'avanguardia, forse troppo per la vecchia generazione di triestini, ma uno spunto prezioso per noi giovani che abbiamo avuto modo di godere dello splendore di un nuovo modo di fare teatro

Un palcoscenico scarno ed essenziale: nove banchi di scuola piano piano vengono occupati (tranne uno) da otto studenti mentre il professore (Marco Menegoni) esprime al microfono l'impotenza nel poter insegnare qualcosa di valido ai suoi alunni. Rassegnato, ci racconta il suo rapporto con un programma scolastico troppo ferreo mentre un senso di inadeguatezza lo pervade, contaminato dalla consapevolezza adulta del dolore ed il dovere di dare ai giovani un'illusione che va anch'essa in contrasto con la loro dote più preziosa, il «sesto senso per la sofferenza cosmica».

Ispirato dal romanzo “Il Sopravvissuto” di Antonio Scurati (Premio Campiello 2005), Anagoor ha poi sviluppato il lavoro con innesti liberamente ispirati a Platone e allo scrittore olandese Cees Nooteboom mettendo in scena un lavoro raffinato e pungente. Un riferimento anche alle Danze sacre di Gurdjeff quando gli alunni in uniforme accennano piccoli passi di danza.

Un ragionamento sull'educazione che descrive la scuola in dimensioni temporali diverse. Si passa dal 1999 al 2001, fino al 399 a.C. in cui ci addentriamo in un ragionamento nel ragionamento, quello di Alcibiade che grazie alla maieutica di Socrate cerca di avvicinarsi alla Verità.
La lavagna dell'aula diventa una finestra sul passato mente gli interpreti, schiena alla platea, interagiscono con le immagini, simulano rumori e ripercorrono un dialogo di 2400 anni fa. Emerge quindi una discussione tra il Giusto e l'Ingiusto portandoci alla conclusione che l'ignoranza emerge quando «non sappiamo ma crediamo di conoscere». Intelligente anche il salto temporale nel dialogo di Socrate in cui si parla del campo di Buchenwald a ricordarci la forza della cultura antica, attuale anche nel presente; a sottolineare la necessità di ritrovare un'autorità che ci indichi il Giusto, trovandola non in una persona umana ma nel Pensiero.

Geniale la musica (Mauro Martinuz) che sembra accompagnare il nostro battito cardiaco in un crescendo di emozioni e che incatena l'attenzione del pubblico mettendolo alla gogna della propria ignoranza e superbia. Stupende le maschere (Silvia Bragagnolo) curate nel dettaglio, pure e che rimarcano la bellezza sublime di uno dei momenti più aulici della letteratura greca: la morte di Socrate.

Infine il ritorno al presente, quando Vitaliano Caccia uccide tutta la commissione d'esame eccetto il professore di storia e filosofia, oppresso dall'aggressività di quel Novecento che non è mai stato affrontato a scuola ma solamente riassunto in un elenco di stragi.
Un invito poi a vivere in maniera semplice e a conoscere noi stessi «γνώθι σεαυτόν , gnōthi sautón»; crescere come la natura e sentirci tutt'uno con quello che abbiamo intorno. «Come le foglie» siamo generazioni destinate a nascere e sparire.

Socrate, il sopravvissuto regia di Simone Derai e Patrizia Vercesi, si presenta come uno spettacolo che porta sul palco una nuova sensibilità artistica.

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