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“Tristan und Isolde” al “Verdi” conferma con lunghi applausi la passione dei triestini per Wagner

Che il pubblico triestino veneri da sempre Wagner e le sue straordinarie e  lunghissime  opere non è  una novità, e il forte legame tra la città e la tradizione lirica tedesca non manca di emergere spesso fra gli attempati intellettuali cittadini, ma gli interminabili applausi dello scorso venerdì  hanno confermato in occasione della prima di “Tristand und Isolde” al teatro lirico “Verdi” che Trieste con Wagner mantiene un legame forte, inscindibile, quasi passionale, se non fosse che di passionalità popolare, nonostante i temi trattati, le opere wagneriane contengano veramente poco. 

Ed è forse la raffinatezza di quest'opera, la sua intensità musicale e vocale, i rari momenti di cedevole sdolcinatezza, la sobrietà dei suoi personaggi, e la ferma volontà di chi l'ha portata in scena di non cedere alle contaminazioni, ad averla resa così gradita ai più, nonostante le oltre quattro ore  di durata intervalli esclusi.

Il merito di questo successo è da attribuire innanzitutto alla direzione, affidata  al maestro americano Christopher Franklyn. Energico, profondo conoscitore del compositore tedesco. Instancabile e ben visibile al pubblico in ogni sua evoluzione, Franklyn ha dato nuova luce all'orchestra del teatro lirico triestino, essa infatti ha davvero superato se stessa in questa difficile partitura rendendola fluida e travolgente.  La produzione del teatro “Verdi” ha affidato la regia a Guglielmo Ferro,  la cui unica  critica che sento di muovere è la rigidità scenica dei personaggi in alcuni momenti e l'esagerata mimica amorosa, in altri. Sempre raffinate e di buon gusto nella loro semplicità lineare  le scene di Pier Paolo Bisleri caratterizzate da pochi, incisivi elementi. Nei suoi lavori prevale l'essenziale: l'albero maestro della nave nel primo atto, un bosco di alberi radi nel secondo, la spoglia stanza del palazzo di Tristan morente nel terzo. Niente oggetti, accessori, tinte accese, l'attenzione deve essere tutta sui personaggi e la tragedia che si svolge. Anche i costumi di Virginia Carnabuci seguono la stessa austera impostazione, colori scuri, taglio severo, con un'unica variazione, l'abito bianco quasi virginale di Isolde nel terzo atto, quasi a simulare un'apparizione angelica.
Tra i protagonisti, buona la performance  dell'americano Bryan Register nel declamato, un po' meno  nello sfumato, in particolare nel terzo atto. Non sempre il tenore statunitense è  riuscito a trasmettere la natura dolente del personaggio, reso a tratti troppo rigido.
Convincente anche Allison Oakes con un'Isolde fiera e orgogliosa nel primo atto, che si trasforma abilmente in una donna irrazionale e passionale nel secondo. A tratti la soprano inglese però ha ceduto agli acuti gridati.  
Bravo il basso bieloeusso Alexey Birkus nel ruolo di Re Marke  e molto buona e di grande spontaneità vocale. nonché presenza scenica, l'interpretazione del giovane  Kurwenal, affidata a Nicolò Ceriani. Non ha convinto invece Susanne Resmark, una Brangäne vagamente  monotona nell'interpretazione vocale, pur mantenendo una discreta presenza scenica. 

Non fatevi pertanto scoraggiare dalla durata dell'opera, il teatro “Verdi” ha spostato l'inizio serale alle 19 (proprio per finire in orario ragionevole) e nel corso della rappresentazione con nessuno dei presenti il sonno ha avuto la meglio, anche se non pochi hanno ceduto alla tentazione di fuggire durante gli intervalli. Ma quelli, sappiamo, non erano lì per godere di questa opera per intenditori.  

“Tristan und Isolde” replica al “Verdi” fino a sabato 15 aprile.

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