Cultura: Gibelli, mostra Maier riporta grande fotografia a Trieste
Trieste, 19 lug - "Dopo 'Stars' di Terry O'Neill e 'Across the
Century' di Robert Doisneau, Trieste ospita un'altra mostra sulla
fotografia internazionale, organizzata dall'Ente per il
patrimonio culturale del Friuli Venezia Giulia. Si tratta della
prima esposizione italiana di questo tipo dedicata a una figura
particolare ed enigmatica, come quella di Vivian Maier, che
certamente non catturerà l'attenzione solamente degli amanti
della fotografia, ma incuriosirà un pubblico vasto. L'esposizione
racchiude le opere più significative dell'autrice ed è stata
curata in modo molto efficace, grazie al personale dell'Erpac,
che ha lavorato con celerità e professionalità per allestirla".
Lo ha dichiarato l'assessore regionale a Cultura e Sport, Tiziana
Gibelli, a margine della preview della mostra 'The Self-Portrait
and its Double' curata da Anne Morin e allestita al Magazzino
delle idee di Trieste, che verrà inaugurata questa sera e sarà
visitabile dal 20 luglio al 22 settembre.
L'esposizione si compone di 70 autoritratti, di cui 59 in bianco
e nero e 11 a colori, questi ultimi mai esposti prima d'ora sul
suolo italiano, che raccontano la celebre fotografa attraverso i
suoi scatti quando ancora, da sconosciuta bambinaia, passava il
tempo a fotografare senza la consapevolezza di essere destinata a
diventare una vera e propria icona della storia della fotografia.
Gibelli ha rivolto "un invito a tutti a visitare la mostra,
realizzata, con bellissime immagini scattate a partire degli anni
Sessanta grazie a preziosi strumenti di lavoro come le macchine
Rolleiflex, Hasselblad e Leica, da un'artista che non è divenuta
fotografa professionista solo perché ha deciso di non esserlo.
Contrariamente ad altre interpretazioni, ritengo infatti che
Vivian Maier avesse una personalità ben definita, ma
semplicemente non ha mai voluto rivelarla".
Vivian Maier (1926-2009) ha lavorato come bambinaia per 40 anni,
a partire dai primi anni Cinquanta e per quattro decenni, a New
York prima e a Chicago poi. Nel suo tempo libero, fotografava la
strada, le persone, gli oggetti, i paesaggi; ritraeva tutto ciò
che le destava sorpresa, che trovava inaspettato nel suo vivere
quotidiano; catturando l'attimo raccontava la bellezza
dell'ordinario, scovando le fratture impercettibili e le
inflessioni sfuggenti della realtà nella quotidianità che la
circondava.
L'autrice ha trascorso tutta la sua vita nell'anonimato fino al
2007, quando il suo corpus fotografico è venuto alla luce. Un
lavoro immenso, composto da più di 150.000 negativi, super 8 e
16mm film, diverse registrazioni audio, alcune fotografie e
centinaia di rullini non sviluppati, scoperto da un giovane
immobiliarista, John Maloof. Grazie a lui il lavoro di Maier è
venuto allo scoperto lentamente, da bauli, cassetti e dai luoghi
più impensati e la sua opera fotografica è stata resa nota in
tutto il mondo.
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