Lavoro: Rosolen, per aumentare occupazione serve sostegno a maternità
Trieste, 18 giu - "I numeri dicono tanto, ma non tutto, perché
vanno pesati e analizzati, non semplicemente contati. Oggi in
Friuli Venezia Giulia il vero problema è l'incrocio tra domanda e
offerta: in una situazione così delicata è inconcepibile questo
disallineamento tra reali esigenze delle imprese e disoccupati.
Le possibilità occupazionali, in via teorica, ci sono ma per
sfruttarle deve essere rafforzato e intensificato il raccordo tra
il mondo della formazione e quello del lavoro. La politica non
può e non deve tirarsi indietro: dobbiamo intervenire e
riavvicinare due realtà costituite da vasi comunicanti che non
possono essere organizzate per compartimenti stagni". Questa la
posizione espressa dall'assessore regionale al Lavoro,
formazione, istruzione, ricerca, università e famiglia, Alessia
Rosolen, in merito ai dati occupazionali in Friuli Venezia Giulia.
Rosolen ha evidenziato inoltre che nell'elaborazione delle
strategie a favore dell'occupazione "va posta grande attenzione a
due fattori: da una parte la profonda crisi del lavoro
indipendente, che non può contare su adeguati ammortizzatori
sociali, e dall'altro la complessa situazione dell'occupazione
femminile. Anche nella nostra regione c'è un gap di genere
elevato (74% contro 57%), ma soprattutto ci sono troppi casi di
part time imposto". L'assessore ha quindi spiegato che "il tema
del lavoro femminile si intreccia con il capitolo dedicato alla
famiglia e alle politiche di conciliazione. Mi assumo quindi come
impegno personale, oltre che politico, di fare molto per
sostenere maternità e natalità. Arriveremo quindi a un testo
unico che permetta di evitare dispersioni, coniugare infanzia,
giovani, donne e anziani".
Rosolen ha quindi individuato alcuni aspetti sui quali intende
intervenire in via prioritaria. "C'è un eccesso di lavoro
temporaneo, soprattutto in alcuni settori, quindi dobbiamo creare
maggiore stabilità e migliorare la qualificazione e le competenze
di chi cerca un'occupazione. Allo stesso tempo il mercato
richiede flessibilità e capacità di passare da un lavoro
all'altro, quindi servono interventi mirati per situazioni
specifiche, non ricette generali. Inoltre, è urgente un
intervento sul lavoro indipendente, in crisi ormai da troppi
anni. Artigianato e piccolo commercio soffrono per il combinato
disposto di fattori sociali ed economici". L'assessore rimarca
però che "si aprono spazi interessanti per le nuove
professionalità, in particolare nel settore informatico,
dell'information communication technology (Ict) e della
comunicazione. Ambito nei quali si possono sviluppare
opportunità occupazionali promuovendo al tempo stesso i servizi
per la famiglia".
Considerazioni che, secondo Rosolen, riconducono "alla voragine
che separa domanda e offerta di lavoro e deve essere colmata con
urgenza. Se le imprese hanno posti vacanti che non vengono
coperti da professionalità del territorio, cercheranno soluzioni
altrove e questo acuisce la crisi e alimenta pericolosamente la
rabbia sociale".
Per l'assessore è "urgente allineare le azioni delle direzioni
regionali al Lavoro e alle Attività Produttive. Si tratta di
ambiti che si intrecciano e devono parlare la stessa lingua,
mettendo in campo iniziative congiunte. In seconda battuta,
formazione e istruzione necessitano di nuove linee guida che
partano da domanda e offerta, non da concetti astratti. In merito
alle politiche attive per il lavoro, non basta il sostegno al
reddito ma servono una visione e una strategia complessive. In
particolare, punteremo sul terzo settore e sulle modalità di
gestione degli appalti, con verifiche molto rigorose. Infine,
rafforzeremo i Centri per l'impiego, apportando modifiche anche
rilevanti all'attuale sistema".
Rispetto al quadro regionale, Rosolen ha quindi precisato che "il
Friuli Venezia Giulia ha superato la soglia psicologica dei
505mila occupati nel 2017, per poi rallentare nel 2018 fino a
499.130 unità. Abbiamo l'obbligo di ammettere che, spesso, i
numeri omettono un dettaglio: in alcuni casi si tratta di
impieghi di scarsa qualità, a part time e con salari bassi. Al
netto dei numeri, che ovviamente sono un indicatore
imprescindibile, si deve analizzare la situazione: abbiamo perso
4mila occupati rispetto al 2017, mentre il primo trimestre del
2018 è in linea con quello dello scorso anno. Ma il problema -
conclude - è generale: troppi lavori precari, poco pagati e con
tutele pressoché inesistenti. Dai call center ai rider, ad altri
impieghi che rientrano nella categoria dei servizi, ci sono
moltissime situazioni da migliorare".
ARC/com