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Cosolini Scrive al nuovo Premier Renzi - ecco la Lettera

Grande vicinanza del Sindaco di Trieste alla causa della Confartigianato e da la sua "ricetta" per uscire dalla crisi «Questa mattina ho incontrato il direttivo di Confartigianato Trieste, in partenza per Roma dove domani parteciperanno alla...

Grande vicinanza del Sindaco di Trieste alla causa della Confartigianato e da la sua "ricetta" per uscire dalla crisi

«Questa mattina ho incontrato il direttivo di Confartigianato Trieste, in partenza per Roma dove domani parteciperanno alla mobilitazione generale "SENZA IMPRESE NON C'E' ITALIA" - spiega il sindaco di Trieste Roberto Cosolini sulla sua pagina Facebook -. Ho voluto manifestare loro il mio appoggio. L'Amministrazione comunale è dalla parte delle imprese! Solo con la ripresa di questo settore, ci sarà la ripresa dell'intero paese».

«Gli IMPRENDITORI, gli ARTIGIANI, i COMMERCIANTI in Italia meritano maggiore vicinanza da parte delle istituzioni a tutti i livelli, dobbiamo lavorare per SNELLIRE LA BUROCRAZIA - continua Cosolini -. La capacità di erogare e offrire servizi ai cittadini dipendono dal gettito fiscale di un'economia in grado di generare ricchezza. AGEVOLARE anziché bloccare un'impresa, un operatore, vuol dire ALIMENTARE UN CIRCUITO VIRTUOSO che consente poi alla comunità di usufruire dei servizi erogati dal Pubblico».

Poi viene anche pubblicata la lettera che il sindaco ha scritto a Matteo Renzi, che proprio in quelle ore riceveva l'incarico dal Presidente della Repubblica di formare un nuovo Governo:

Caro Matteo,
questa mattina hai ricevuto l'incarico per formare il nuovo Governo. Più o meno nello stesso momento io ho incontrato una delegazione della Confartigianato che mi ha rappresentato le ragioni della grande manifestazione nazionale delle piccole e medie imprese in programma a Roma e di cui certo sei a conoscenza.

Questi due fatti, apparentemente così distanti fra loro, sono però accomunati da ciò che mi hai detto quando l'altro giorno ti ho augurato il mio "in bocca al lupo" ovvero che idealmente ed emotivamente non avresti mai smesso di essere un Sindaco. Da Sindaco perciò, come me, conosci la realtà quotidiana degli artigiani che ogni mattina alzano la saracinesca, in senso fisico e simbolico, e creano ricchezza e occupazione.

Sai con quanta fatica hanno messo su le loro aziende, le hanno fatte crescere facendo così crescere l'Italia: hanno dato un contributo fondamentale alla diffusione del benessere, alla coesione sociale, a mantenere vive e valorizzare tradizioni di mestieri, capacità manuali, creatività, che nascono dalla cultura profonda di questo Paese e che lo rendono per certi versi unico.

Hanno saputo innovare, evolversi e hanno creato posti di lavoro, tanti, in particolare quando le ristrutturazioni delle grandi imprese mandavano gente a casa.

Lo hanno fatto fra tante difficoltà, non ultime le arretratezze strutturali del cosiddetto "Sistema Italia", una pressione fiscale crescente, in molti casi insostenibile, aggravata dal peso e dai costi di un sistema burocratico che noi come Sindaci ben conosciamo.

Se domani in decine di migliaia lasciano per un giorno l'impresa e vengono a Roma è perché non ce la fanno più: non ce la fanno più in un Paese dove le banche vengono salvate ma le banche non li aiutano a salvarsi, non ce la fanno più perché il peso burocratico è diventato insostenibile per il tempo e le energie che sottrae loro e che vorrebbero dedicare ad affrontare la crisi, non ce la fanno più perché anche il patto di stabilità così come è oggi accentua la loro situazione di difficoltà oltre a creare danni al patrimonio pubblico che a noi sindaci è dato in custodia senza che ci si consenta però di curarlo per evitare il suo impoverimento e il suo degrado. Il problema, caro Matteo, è che per farcela l'Italia ha bisogno che ce la facciano anche loro, gli artigiani, i commercianti, le piccole imprese della produzione e dei servizi. Il Tuo vuole essere un Governo di svolta con cui l'Italia cambia verso; la svolta parte anche da qui, dal ridare fiducia a chi può creare economia e occupazione, dal trattare finalmente allo stesso modo la crisi o la difficoltà eclatante di una azienda che ha cinquecento o mille dipendenti e quella silenziosa di tante piccole imprese perché le conseguenze economiche e sociali sono altrettanti importanti gravi ed importanti.

Bastano poche cose per cominciare:
a) una sforbiciata vera al peso insostenibile della burocrazia, per cominciare a creare nuovamente un patto di fiducia e collaborazione tra il sistema pubblico e il mondo dell'economia;
b) l'allentamento del patto di stabilità per poter investire le risorse che abbiamo per la manutenzione e la cura del patrimonio pubblico, migliorando la qualità della vita della comunità e facendo lavorare le imprese, generando così un circuito virtuoso che poi alimenta il gettito erariale e riduce la spesa assistenziale;
c) un indispensabile progressivo calo della pressione fiscale e soprattutto una semplificazione del sistema impositivo in modo da ridurre gli oneri indiretti;
d) una distinzione chiara e definitiva tra chi evade, ovvero occulta al fisco ricchezza prodotta, danneggiando la comunità e anche le imprese regolari, e chi talora si trova obbligato, pur denunciandola, a posporre il pagamento di una imposta, magari perché in mancanza di liquidità da la priorità agli stipendi dei dipendenti. Con questi ultimi, se vogliamo che il Patto tra Stato e cittadini sia equo, dobbiamo comportarci con le stesse regole che valgono quando ad essere debitore nei loro confronti è lo Stato.

Diamo fiducia e speranza a questa realtà fatta di amore per il lavoro, di capacità di sacrificio e di responsabilità sociale, fatta di professionalità e di talento e daremo speranza e fiducia all'Italia.

Un caro saluto
Roberto Cosolini

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