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Unioni civili, Canulli (Spt): «Ci sono voluti 48 anni perché io venissi riconosciuto come normale»

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di TriestePrima

Si, stasera ci voleva proprio.
Ho aperto una bottiglia di rosé preso in Slovacchia, la patria di mio marito, me ne sono versato un bicchiere ed ho iniziato a ripercorrere il passato.

A partire dai miei 4/5 anni, quando Alex, il papà dei miei compagni di gioco preferiti, era entrato nella camera dove stavamo giocando a torso nudo, con mezzo viso insaponato e il rasoio in mano, per dirci che facevamo troppa confusione.
Quella scena è fissa nei miei ricordi, stampata ed è stato il mio primo turbamento sessuale.

Poi la protezione dei miei, per quel bambino che parlava poco, osservava tutto ma non era bravo a difendersi. E allora la scuola privata, i giochi solo con amici selezionati, sempre il loro filtro su tutto: grazie, ma è stato peggio.

Poi li ho fregati io dicendogli, a 8 anni, che volevo fare danza. Una lotta per farli cedere.
E dal portone di casa alla scuola di danza, 700 metri circa, le frecciate sibilate dai capannelli di adolescenti annoiati: “il frocetto va a fare le sue danzette” “attento alle tue chiappette belle”.

L'outing fatto dai miei genitori forzando il lucchetto del mio diario, quando avevo 14 anni, proponendomi di andare da un medico e poi chiudendosi in un silenzio lungo 8 anni.
A 20 anni il servizio militare e la scelta di voler essere riformato per la mia malattia: già all'epoca lo era. Omosessualità, riconosciuta dall'art. 28, comma C, se non ricordo male. Dieci giorni di ospedale psichiatrico militare, visite e colloqui imbarazzanti e poi la vittoria.

Nella mia vita le vittorie le ho sempre gustate a freddo, ci sono abituato, forse era uno dei prezzi da pagare per questa malattia...Certo, quella odierna è veramente tanto fredda...ci sono voluti 48 anni perché io venissi riconosciuto come normale. Quarantotto anni, che reputo anni felici e fortunati ma che non auguro a nessun altro.

Stasera mi sento strano. Sono leggero e vuoto, confuso e felice. E adesso piango. Piango per questi 48 anni vissuti da combattente, dove ogni volta che ho voluto camminare mano nella mano con un amore, mi sono sempre prima gettato uno sguardo alle spalle e uno a lato per vedere di non offendere nessuno, per non essere malmenato. Perché ero diverso, ero sporco, ero malato, dovevo astenermi dall'amare e dall'essere amato.

Quattro anni fa ho incontrato Lubos, mio marito, e sono cambiato: in questo uomo grande, buono e bello ho trovato la pace, la forza, la giustizia. La nostra unione ha fatto la forza per combattere questa vergogna civica, per permettere a tutti i giovani e le giovani di questo paese di non dover subire quello che abbiamo passato noi. Di sentirsi liberi di amare chi vogliono. Senza sensi di colpa, senza la chiesa a instillargli il senso di colpa o qualcuno a dir loro cosa è normale e cosa no.

Per questo abbiamo combattuto e per questo abbiamo deciso di esporci.

E oggi abbiamo vinto.

E piango di felicità. E non voglio smettere.

Corrado Canulli

Sinistra per Trieste

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