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Fucilati di Basovizza, Rojc (Pd): «Comune e Regione assenti a commemorazione»

«Queste vittime appartengono alla storia di tutti, non solo degli sloveni»

«I valori del rispetto, della libertà, dell'uguaglianza, della fratellanza in cui credevano i fucilati di Basovizza sono fondanti per l'Europa: su questi valori abbiamo grande bisogno di riflettere». Lo ha detto oggi a Basovizza (Trieste) la senatrice del Pd Tatjana Rojc, pronunciando l'allocuzione commemorativa della fucilazione, avvenuta il 6 settembre 1930, dei quattro antifascisti sloveni (Ferdo Bidovec, Fran Marušič, Alojz Valenčič e Zvonimir Miloš) condannati a morte dal Tribunale Speciale per la Difesa dello Stato, nel corso di quello che è passato alla storia come il “primo processo di Trieste”. I quattro fucilati, assurti a simbolo dell'opposizione degli sloveni al fascismo, sono stati ricordati anche dal presidente del Circolo della Stampa di Trieste, Pierluigi Sabatti.

Il fascismo "strisciante"

Percorrendo le testimonianze di antifascisti sloveni, la senatrice ha ricordato i fatti di quel 6 settembre 1930 e si è appellata alla vigilanza di tutte le forze sinceramente democratiche, affinché massima attenzione sia rivolta alle «nuove striscianti forme di fascismo che stanno prendendo piede in Italia e in Europa».

La "Campagna contro i migranti"

Rojc ha così esemplificato come l'intolleranza prenda corpo «nella campagna contro gli immigrati o nelle forme organizzate di autodifesa, che si manifestano ormai di qua e di là del confine». La senatrice ha infine deprecato l'assenza di umanità e cristiana accoglienza nei confronti di chi, come tante nostre genti durante il secolo breve, fugge da una situazione  drammatica. «Si possono avere colore della pelle e tradizioni diversi da noi ma - ha scandito - nessuno cessa mai di essere un uomo».

L'assenza del Comune e della Regione

A margine del suo discorso, Rojc ha espresso rammarico per l'assenza di rappresentanti istituzionali del Comune di Trieste e della Regione, perché, ha osservato, «queste vittime appartengono alla storia di tutti, non solo degli sloveni».

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