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Martedì, 23 Aprile 2024
Politica

Referendum sanità, Lauri (Sel): «Inammissibile con 18 quesiti. Normativa sui referendum da modificare

Giulio Lauri, capogruppo di Sinistra ecologia libertà in Consiglio regionale: «Il nostro compito in Aula oggi è quello di smettere i nostri abiti politici di partigiani della destra o della sinistra e dare invece un giudizio di legittimità sui referendum»

«La Riforma della sanità di cui oggi discutiamo l’ammissibilità di un referendum abrogativo contiene 18 grandi questioni e temi diversi, che spaziano dalla creazione di cinque nuove aziende sanitarie e dal rapporto fra ospedali e cliniche universitarie alle procedure di accreditamento delle strutture private, passando per la riconversione dei piccoli ospedali, l’assistenza domiciliare e l’organizzazione dei dipartimenti di salute mentale: come farà il cittadino che è d’accordo su alcuni di essi e in disaccordo su altri ad esprimersi con un unico voto su 18 questioni diverse? È evidente che nel quesito che è stato presentato manca il requisito dell’omogeneità previsto dalla legge regionale che regolamenta i referendum, così come è innegabile che la legge interviene su una norma “costituzionalmente necessaria” in quanto funzionale a garantire l’offerta di salute sul territorio regionale, un servizio essenziale per il cittadino e garantito dalla Costituzione che non può essere interrotto neanche per un breve periodo e a cui non possono essere frapposti ostacoli di sorta».

Lo ha dichiarato Giulio Lauri, capogruppo di Sinistra ecologia libertà in Consiglio regionale, intervenendo oggi in aula a sostegno dell’ordine del giorno della maggioranza che ha proposto l’inammissibilità del referendum con cui si proponeva l’abrogazione integrale della L.R. 17/2014.

Lauri ha proseguito ricordando i contenuti dell’art. 3 della legge regionale 5 del 2003 che recita: “possono essere sottoposte a referendum regionale abrogativo le leggi ovvero singoli articoli di esse, o commi completi, o parti di esse che siano formalmente e sostanzialmente qualificabili come precetti autonomi”, e mettendo in evidenza il fatto che per essere legittimo e ammissibile il referendum avrebbe dovuto essere suddiviso in 18 quesiti diversi, cosa non poteva non essere nota a chiunque conoscesse la legislazione sui referendum, “che invece ha evidentemente un intento squisitamente politico in quanto prende di mira un pilastro fondamentale di questa legislatura come la riforma della sanità pubblica».

«Il nostro compito in Aula oggi è quello di smettere i nostri abiti politici di partigiani della destra o della sinistra e dare invece un giudizio di legittimità sui referendum. Avremmo potuto soffermarci su quelle che sono le ambizioni della riforma ed entrare nel merito della sua adeguatezza o meno, occupandoci del fatto se le code al pronto soccorso sono figlie di questa riforma e sono iniziate nel novembre del 2014 quando è stata approvata la legge 17 o se c’erano anche prima e se uno degli obiettivi della riforma non sia proprio quelle di eliminarle accedendo al Pronto soccorso dell’ospedale solo nei casi gravi e ricorrendo invece alla medicina territoriale in quelli inappropriati e più lievi. O se e in che misura le legge, dopo essere stata scritta, vada anche sostenuta, accompagnata e seguita nella sua applicazione concreta mettendo in primo piano l’ascolto dei cittadini, che sono i primi a misurarsi sia con le eccellenze che con le criticità del nostro sistema sanitario. E invece in questo caso una legge regionale sui referendum che non abbiamo fatto noi, ma il centrodestra, ci affida un altro compito, un compito di garanzia chiedendo a noi che siamo parte politica di votare per l’ammissibilità o meno dei referendum.  È a questo – e solo a questo – che dobbiamo infatti attenerci», ha continuando Lauri sottolineando la necessità di modificare la normativa che regola l’ammissibilità dei referendum in regione affidandola ad un soggetto terzo così come accade per la legislazione statale con la Consulta.

«A Stefano Pustetto che ha dismesso un giudizio formale sulla legittimità o meno dei quesiti referendari per assumere invece una decisione che lui per primo ha definito ‘politica’, rispondo dicendo che se il criterio di valutazione è “politico” bisogna fare attenzione all’eterogenesi dei fini: perché a volte il meglio è nemico del bene, e il rischio è che per cercare il meglio per la sanità pubblica si finisca invece per consegnarla prima o poi, direttamente o indirettamente, nelle mani forze politiche che che credono sia migliore quella privata così come già avviene in Veneto e in Lombardia», ha concluso Lauri.

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