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Giovedì, 25 Aprile 2024
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Storie e territori del Carso, la Riserva Naturale della Val Rosandra

A pochi chilometri dal chiasso cittadino ci si può immergere in un ambiente ancora incontaminato che si può scoprire, passo dopo passo, lungo il sentiero a fondovalle oppure camminando, quasi in sommità dei versanti, sulla massicciata della linea ferroviaria abbandonata

A pochi chilometri da Trieste, al confine con la Slovenia, esattamente nel comune di San Dorligo della Valle - Dolina, l'altopiano carsico viene inciso da un solco vallivo, un territorio ricco di storia e bellezze naturali, la Val Rosandra. Oggi Riserva Naturale, al suo centro scorre l'unico corso d'acqua superficiale del Carso triestino, il torrente Rosandra-Glinščica, che da sempre ha nutrito le sue piante, ha ospitato i suoi animali ed ha rappresentato per secoli un elemento di attrazione per turisti e escursionisti triestini. Alcune delle sue caratteristiche, quali l'aspetto selvaggio, con rupi, ghiaioni e pareti a strapiombo, o la cascata del torrente seguita dalle forre che esso attraversa, nonché la presenza di un elevato numero di grotte, hanno reso la Val Rosandra meta di esplorazioni speleologiche, oltre che una palestra di roccia e sito di studio dei fenomeni carsici.

Il territorio

La Val Rosandra rispecchia la storia della vegetazione del Carso. Le piante superiori mostrano una biodiversità altissima non solo per quantità ma anche per qualità. Esse includono molte entità endemiche o rare - a volte con le sole popolazioni note per l'Italia - e molte altre diffuse su aree più vaste ma marginali rispetto al Carso, come il Mediterraneo, la regione Illirica o le Prealpi. La Val Rosandra è riuscita a trattenere molti ricordi del passato, la passeggiata che ci entusiasma per la bellezza del paesaggio può farci spaziare dalle Alpi all'Europa centrale, dai Balcani all'Europa orientale, dall'Adriatico al Ponto. Il territorio è ricco di habitat eterogenei, con molte specie rare. Da ricordare le rupi ed i ghiaioni calcarei particolarmente ricchi in endemismi, l'unico esempio di scogliere alte delle coste adriatiche settentrionali, habitat ideale per la stenoendemica Centaurea kartschiana che qui concentra la maggior parte della sua popolazione, la lecceta extrazonale della costiera triestina, la vegetazione acquatica e ripariale (fiume Timavo e laghi carsici) e le praterie alofile a salicornie annuali (Lisert) che qui raggiungono il limite più settentrionale del loro areale di distribuzione nel bacino mediterraneo. Questo sito raggruppa uno straordinario mosaico di zone umide e xerotermiche del Carso goriziano e triestino, e deve essere considerato uno dei più importanti d'Italia anche dal punto di vista faunistico. In queste aree si incontrano numerose entità balcaniche, illirico-mediterranee (Carso triestino) ed italiche (Carso goriziano), in una comunità faunistica assolutamente unica nell'ambito europeo (Hyla arborea, Rana ridibunda, Algyroides nigropunctatus, Podarcis melisellensis, Telescopus fallax, Elaphe quatuorlineata, ecc.). Le relazioni tra vegetazione e fattori fisici sono più chiare che sulle Alpi, complicate dall'orografia e dalla presenza di molti tipi di rocce, si leggono facilmente per il modesto sviluppo dei rilievi e per i due soli substrati dominanti, calcare e flysch. La particolarità più eclatante della valle è il repentino ed evidente passaggio dal clima continentale subalpino a quello mediterraneo. La parte superiore della valle, a monte della cascata della Rosandra, è in pieno clima continentale, mentre a valle, subito dopo la cascata, si fa mediterraneo per eccellenza. Essendo le varie parti diversamente esposte sia al sole che alla bora, alle stesse altitudini si riscontrano differenze termiche anche oltre i 10 °C.

Storia

La Val Rosandra era già abitata in tempi preistorici. Molti ritrovamenti archeologici documentano la presenza dell'uomo già nel neolitico, dagli studi emerge che egli utilizzava le grotte presenti nel territorio come ripari. La sorgente della Rosandra viene chiamata Clìnciza dal nome sloveno del fiume, Glinščica. Il conte Domenico Rossetti la battezzò Fons Oppia, richiamandone l'uso che già i Romani ne fecero costruendo nel I secolo un acquedotto lungo 14 chilometri che giungeva fino al centro di Trieste. Inoltre, presso la foce del Rosandra una volta si estendevano grandi saline, fonte di notevole ricchezza fino al tardo Medioevo. Proprio queste saline furono la causa delle guerre secolari con Venezia che causarono più volte la rovina della città ed in ultimo anche la sua decisione di "dedicarsi" all'Austria piuttosto che sottomettersi alla Serenissima. Si può comprendere l'eccezionale importanza di queste saline se si considera che l'unico collegamento di Trieste con il retroterra era la via commerciale che iniziava presso le saline e proseguiva, attraverso la valle della Rosandra, verso l'interno. Contemporaneamente con il commercio del sale, sulla Rosandra crebbero anche i mulini per le spezie che raggiungevano per mare il porto di Trieste. Questi mulini in effetti trattavano i cereali solo marginalmente, in quanto vennero costruiti proprio per elaborare le droghe e le spezie che viaggiavano poi con il sale verso l'Europa centrale. Altra caratteristica importante è che nel 1841 l'Austria-Ungheria costruì la Südbahn, cioè la ferrovia che collegava Vienna con Venezia, Trieste e l'Istria attraverso Lubiana. Il primo tratto raggiunse Venezia già nel 1857, mentre i lavori sul secondo tratto, da Divaccia (Divača) a Pola, si prolungarono fino al 1876. Per il completamento della rete prevista mancava solo il collegamento rapido tra Trieste e l'Istria, cioè una scorciatoia dalla stazione di Erpelle (Hrpelje) attraverso la valle della Rosandra fino in città, ma nel 1958 la linea fu soppressa e nel 1966 furono rimossi i binari. Ora è stata rivalorizzata e riutilizzata come pista ciclabile. Infine, sotto il Monte Carso, si trova la chiesetta di Santa Maria in Siaris

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