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Curiosità

Carnevale: alla scoperta delle più famose maschere regionali

L'Italia è ricca di maschere regionali di Carnevale, tutte quante tipiche, di origine diversa e molto antica. Partendo proprio dal Friuli Venezia Giulia, vediamo insieme quali sono le maschere tradizionali più famose regione per regione

Che Carnevale è senza maschera? L'Italia è ricca di maschere regionali, tutte quante tipiche e di origine diversa: nate dal teatro dei burattini, dalla Commedia dell'arte, da tradizioni arcaiche, oppure ideate appositamente come simboli per eccellenza dei festeggiamenti carnevaleschi di varie città. Scopriamone alcune.

Le maschere dell'Italia settentrionale

Non potevamo cominciare altrimenti: ovvero con le maschere del Friuli Venezia Giulia. Tipici della regione sono i carnevali alpini, con le maschere dei Blumari (a Pulfero), i Maschkar e gli Jutalan (a Timau), te lipe bile maškire ("belle maschere", a Resia); di Sauris sono i demoniaci babaci o kukaci, le Scheintena schembln e le Scheana schembln. Diffusa è anche la figura del pust, una figura tradizionale del carnevale friulano che veste pantaloni e giacca di fustagno, camicia, foulard e un cappello di vimini o di foglie di pannocchia. Passando alla zona giuliana si ricorda la maschera tipica di Monfalcone: il Sior Anzoleto Postier che rappresenta l’anima del popolo locale, un uomo anziano dalla rigorosa parlata dialettale, vivace, ironico, fustigatore di costumi e di uomini, cantante e istrione che ha la creatività, la mimica gestuale e facciale di un attore dell’Arte. Vestito con palandrana nera di fine Ottocento, elegantemente rappezzata, con grosso fiore bianco al petto, barba e bombetta inglese come sinonimo di signorilità, guanti bianchi, occhialini, grosse e lunghe basette, folta barba nera e grigia e con un colorito accentuato sulle gote, perché amante del buon vino.

Il Trentino-Alto Adige è una regione ricchissima di maschere di Carnevale. Tra le più importanti si ricordano i matoci di Valfloriana e gli altissimi ed impressionanti Schnappviechern di Termeno, Salorno e Nova Levante, detti anche Wudelen; sono mostri con testa pelosa e grande bocca, che viene fatta aprire e chiudere producendo un caratteristico frastuono.

In Veneto, invece, ricordiamo le maschere celebri, provenienti dalla Commedia dell'arte: Pantalone, sua figlia Rosaura e la furba servetta Colombina. In Valle d'Aosta le più note maschere sono quelle del carnevale della Combe Froide: le Landzette, tipiche della Valpelline e della Valle del Gran San Bernardo. Esse mettono in ridicolo la divisa delle truppe napoleoniche, che seminarono il terrore al loro passaggio nel maggio del 1800.

In Liguria ricordiamo la maschera di Capitan Spaventa, della Commedia dell'arte, ma sono tipiche anche le maschere genovesi di Baciccia della Radiccia e del suo fidato amico Barudda, nati come burattini. In Lombardia il simbolo notissimo di Milano è la maschera della Commedia dell'arte di Meneghino, accompagnato da sua moglie Cecca di Berlinghitt; Beltrame è un'altra maschera milanese, di origine più antica. La Lombardia è patria del celebre Arlecchino, simbolo, insieme al napoletano Pulcinella, del carnevale italiano; come Brighella, è una maschera proveniente dalla Commedia dell'arte ed originario di Bergamo.

La maschera più celebre dell'Emilia-Romagna, che ha preso forma nella Commedia dell'arte, è quella bolognese del dottor Balanzone, professore saccente e presuntuoso. Infine, è nata in Piemonte una delle più celebri maschere italiane: Gianduja, sempre accompagnato da sua moglie Giacometta; simbolo di Torino, entrambi originariamente erano dei burattini.

Le maschere dell'Italia centrale

Per quanto riguarda il Centro Italia, nel Lazio troviamo la maschera romanesca nota in tutta Italia che è Rugantino, che ha avuto varie evoluzioni e che impersona il romano tipico; originariamente era un burattino. Nelle Marche, invece, ricordiamo Mosciolino, simbolo del carnevale anconitano che ha affiancato le maschere tradizionali di Papagnoco, contadino fustigatore dei liberi costumi cittadini, e di Burlandoto, guardia daziaria e dunque controllore delle merci che i contadini portavano in città.

In Toscana, invece, ricordiamo due maschere che hanno origine molto diversa: Stenterello proviene dalla Commedia dell'arte e rappresenta il popolano fiorentino, di bassa estrazione; Burlamacco, una maschera nata nel 1930 come simbolo del Carnevale di Viareggio insieme alla sua compagna Ondina. Infine, il perugino Bartoccio è la maschera più nota dell'Umbria, rozzo, ma sagace, gioviale e saggio, fustigatore dei liberi costumi, ma anche dei cattivi amministratori; è protagonista delle tipiche bartocciate del carnevale perugino.

Le maschere dell'Italia meridionale

Iniziamo con la regione Abruzzo, di cui la maschera ufficiale è Frappiglia, che riuscì ad ingannare persino il diavolo, ma che ancora porta i segni del suo viaggio all'inferno. La Basilicata ha maschere legate alle tradizioni arcaiche e contadine, a volte legate al personaggio dell'uomo selvatico. Le zoomorfe maschere del Toro e della Mucca compaiono durante il Carnevale di Tricarico. In Calabria la maschera è Giangurgolo, che da una parte mette in ridicolo le persone che imitavano i cavalieri siciliani "spagnoleggianti", ma che ha anche tratti diversi, legati a una leggenda catanzarese.

In Campania c'è la maschera napoletana di Pulcinella che è il simbolo per eccellenza del Carnevale italiano, insieme ad Arlecchino. Impersona il carattere napoletano in tutti i suoi aspetti, positivi e negativi. Il Molise è una regione in cui le maschere tradizionali sono legate ad un folclore arcaico; si ricordano i tre folletti (detti anche Monaci, in quanto travestiti da frati) che tengono in catene il Diavolo di Tufara e di Toro; l'Uomo-cervo, la Donna-cervo e Martino di Castelnuovo al Volturno; l'Uomo-orso di Jelsi, maschere collegate alla figura dell'Uomo selvatico. In Puglia tra le più note maschere carnevalesche c'è Farinella, del Carnevale di Putignano, un giullare con un abito a riquadri multicolori.

Le maschere dell'Italia insulare

Terminiamo con le Isole, in Sicilia la maschera per eccellenza è Peppe Nappa, della Commedia dell'arte, beffardo, pigro ma capace di insospettabili salti e danze acrobatiche se deve procurarsi quei cibi di cui è ghiotto. Esiste anche Giufà, i cui racconti buffi sono riportati anche dall'Etnologo Pitrè, noto studioso delle tradizioni siciliane.

Concludiamo con la Sardegna, ricca di maschere dai tratti arcaici e la cui tradizione è sempre viva. Queste maschere prevalentemente facevano parte di riti sacri e propiziatori, legati alla vita contadina ed al ciclo della vita e delle stagioni. Oltre alla figura dell'uomo, il cui volto solitamente risulta annerito dalla cenere o camuffato da una maschera principalmente nera, si accosta sempre la figura animale: dalla tipica e classica figura della pecora alla più ricorrente maschera de S'Urtzu o Orcus latino come i Sos Urthos e sos Buttudos di Fonni.

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