26.10.1954: Trieste italiana, l'inizio del declino
Il mio 26.10.54 e' stato una cosa eccezionale perche' mi ha aperto, come per magia, la visuale sul futuro della mia citta', Trieste. Non vorrei dire che ebbi una visione ma quasi.
Avevo 11 anni e mio fratello Piero di 10 anni piu' grande di me mi porto' alle 12 a S. giusto, dopo che la grande pioggia era cessata
Mi accompagno' vicino alla Ara Pacis da dove allora si aveva un panorama eccezionale sul golfo, le rive ed i moli sottostanti.
Mi disse semplicemente: «sei ancora troppo piccolo per capire quello che ti dovrei spiegare ma una cosa la puoi fare da te, guarda cosa vedi e poi me lo dirai».
Osservai il bacino di p.za Grande e vidi una nave grande che usciva ed una piccolina che entrava. Poi seppi che quella grande era un incrociatore inglese da 30.000 tonnellate, mentre quello che entrava era la piu' grande nave da guerra italiana, l' incrociatore duca degli Abruzzi di 4,500 tonnellate.
Piero mi chiese di dirgli cosa avevo visto. Risposi cosi': «vedo una grande barca che va via e una piccola come una "scartaza de scafa" ( cioe' una spazzola di saggina dura usata per pulire il lavello di pietra che avevamo a casa) che entra».
Mio fratello commento': «vedi, hai capito esattamente quello che succede, vanno via i grandi ed arriva una piccolina, hai capito tutto, talvolta basta uno sguardo al posto di tante parole inutili e complicate».
E purtroppo per noi fu cosi'.
La" visione" si materializzo' subito con l' imposizione di una tassa sulle insegne luminose tanto amate dagli Alleati, ed una sulle canne delle macchine da caffe' dei bar. Nei primi 2-3 anni della presenza dell' Italia in citta' oltre 2.000 negozi, bar ed esercizi pubblici chiesero il fallimento. Questi vennero rallentati dal tribunale civile per non dar l' impressione del rapido declino economico di Trieste. Al contempo 45,000 triestini se ne andarono in Australia, alcune migliaia in Sud America, mentre un altro paio di migliaia di ragazze si sposarono con militari, lasciando una citta' priva di mano d'opera e pronta ad accogliere ben 70.000 esuli che si fermarono qui grazie al lavoro dei 2 esuli per antonomasia, il sindaco Bartoli, detto "lagrima", perche' piangeva ad ogni piroscafo pieno di triestini immigranti che salpava dal molo della marittima ed il vescovo Santin.
Poi negli anni successivi il depauperamento dell' industria e marineria triestina continuo' costantemente e continuiamo ancora a perdere gli ultimi pezzi residui a dimostrazione di quanto fosse grande ed importante questa citta' prima del '18.
Veramente mai visione del futuro fu piu' verace e triste di quella che ebbi quel 26.10.54.
Piero e Sergio Lorenzutti