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Mercoledì, 24 Aprile 2024
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A Parola data: "l'Indifesa"

Durante il fascismo andava in voga una canzonetta roboante per la sinfonia e pregna di languida retorica che diceva "colonnello non voglio pane, voglio piombo per il mio moschetto". Oggi di roba del genere non sapremmo che farcene, anzi, meno...

Durante il fascismo andava in voga una canzonetta roboante per la sinfonia e pregna di languida retorica che diceva "colonnello non voglio pane, voglio piombo per il mio moschetto".
Oggi di roba del genere non sapremmo che farcene, anzi, meno retorica sentiamo e meglio è.
In ogni caso tale strofa fa pensare non all'impresa dell'oasi di Giarabub, ma a quanto sta vivendo oggi il nostro settore della difesa.
Per dirla chiara: sembra il commento di qualche soldato italiano in missione all'estero o in servizio in patria, dato che il cibo di certo non manca nelle nostre - ormai poche - caserme e nei compound sperduti - e abbastanza numerosi - in zone, è il caso di dirlo, esotiche.
La difesa, come settore e come concetto, nel nostro paese langue, soffre, non sa di suo che senso ha e che funzione svolge.
Manca cioè di una chiara visione strategica del nostro ruolo nel mondo a meno che non vogliamo pensare che le nostre Forze armate ancora oggi servano a quello per cui erano state pensate fino al crollo del Muro di Berlino, ovvero all'intangibilità dei sacri confini nazionali.

A cercare una dimensione strategica dello strumento militare italiano tra i nostri politici si rischia di trovarsi in mezzo a una cortina fumogena, visto che chi ci rappresenta troppo spesso dimentica che la politica di difesa va di pari passo con la politica estera.

Luminose e terribili invece a riguardo le parole di Gianpaolo Di Paola ministro della difesa, prestigioso e ultra decorato ammiraglio di
squadra oramai in aspettativa.

Nell'ultimo Consiglio di difesa ha espresso la linea del Governo Monti.
"Dovremo procedere a sacrifici, rinunceremo a 40 F35, ma daremo avvio anche a un ulteriore calo di 30 mila militari e di 10 mila civili.

Produrremo da prestissimo una nuova impostazione di difesa, con investimenti per i miglioramenti di sistema e con riduzioni della spesa per il personale".

Per fare chiarezza ricordo che con questa iniziativa il personale militare passerà a 150 mila unità e quello civile a 20 mila e segnando su carta di formaggio che ogni cittadino contribuisce alla difesa mediamente per 240 euro all'anno (metà dei quali vanno in stipendi):
niente.

Aggiungiamoci che a oggi abbiamo una portaerei, la Camillo Benso Conte di Cavour, della quale non sappiamo che farcene, un'Aeronautica con il 50% dei mezzi in manutenzione e il personale dell'Esercito che fa di tutto per poter andare in missione all'estero.

Male, malissimo, insomma.
Siamo quasi al fai-da-te.

Ogni anno viene il 2 di giugno e celebriamo con una festosa parata militare la festa della Repubblica.

La musica delle fanfare e i colori delle uniformi storiche più che mai ci ricordano il nostro senso di appartenenza nazionale, l'orgoglio per chi porta la divisa e il riconoscimento di come le nostre Forze armate siano il nerbo che tiene unita l'Italia: di Stati senza forze armate pare ci sia solo il Costarica.
Sarà forse questo il nostro modello?

Un commento ancora?
Basterebbero un po' di aerei pieni di coloratissimi turisti cinesi - con valigie cariche di valuta sonante - per spegnere le residue speranze di avere uno strumento militare credibile.

Simone Momianesi>>



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