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A Parola data: "Monti Erga Omnes"

Oramai il quadro politico è dipanato.Se sia stato o meno uno dei tanti effetti dell'annunciata "discesa in campo", per la sesta volta, di Silvio Berlusconi, Mario Monti ha rotto ogni indugio e nel corso della tradizionale conferenza stampa di fine...

Oramai il quadro politico è dipanato.
Se sia stato o meno uno dei tanti effetti dell'annunciata "discesa in campo", per la sesta volta, di Silvio Berlusconi, Mario Monti ha rotto ogni indugio e nel corso della tradizionale conferenza stampa di fine d'anno del Presidente del Consiglio dei Ministri, lo ha annunciato: "la mia non sarà una discesa, ma una salita in politica" a significare il senso nobile dell'agire pubblico. Il tutto preannunciato dal solenne ricordo narrando come "per lo stato dei nostri conti pubblici ricevuti in eredità dal precedente Governo, nei primi incontri all'estero mi sentivo come Alcide de Gasperi nel 1946 di fronte al consesso internazionale e compresi che tutto era contro di me, tranne la personale cortesia di chi mi ascoltava".
Questo e non solo questo ha scatenato le ire di Silvio Berlusconi che nel corso di una nota trasmissione popolar-domenicale di Rai Uno ha fatto carne di porco del povero Massimo Giletti di turno che l'aveva interrotto una volta di troppo.

Ulteriori reazioni? Una raggelante dichiarazione della Lega Nord - che tanto teme il dissanguamento della propria base elettorale a tutto vantaggio del Movimento 5 Stelle - che per bocca di Roberto Maroni ha affermato "Monti ha portato alla fame le famiglie", o della consueta sottile ironia di Massimo d'Alema che ha ricordato come "il nostro avversario è Berlusconi, non Mario Monti", in questo controsupportato da Angelino Alfano che non ha potuto trattenere un qualcosa come "Monti ha rotto la sua imparzialità e con il suo intervento ha annunciato l'alleanza con la sinistra".

Consueti consensi e applausi, invece, dai settori centristi dell'UDC, ma anche prime fughe annunciate di esponenti politici da PD e PDL verso le formazioni che appoggeranno quella che oramai viene definita l'Agenda Monti.

Già, l'Agenda, da scriversi in maiuscolo, non più un semplice programma, ma un documento che dà idea stessa della cronologia del procedere degli interventi normativi o amministrativi a cura del Governo. Un qualcosa di più insomma. Il Professore ha ribadito che i contenuti della sua Agenda delle cose da fare sono rivolte a tutta la nazione, e il suo annuncio della "salita in politica è rivolto erga omnes". A tutti, a quanti ci sono, cioè ben oltre e in profondità rispetto agli attuali partiti politici.

A livello di metodo, Mario Monti non si candiderà in prima persona rimarcando le parole "in alcun particolare collegio e con nessun partito anche perché sono senatore a vita, ma se qualche forza politica che aderisse alla mia Agenda volesse indicarmi a Premier, valuterei con grande attenzione la cosa", puntando a costituire una coalizione con persone e partiti di varia provenienza.
I primi destinatari di tale desiderata sono i moderati centristi, - da lui definiti "cespugli" (terminologia desueta che ritorna) - tra i quali cioè i concetti di candidatura e indicazione di Mario Monti a Premier coincidono.

In ogni caso il senso del costituirsi di questa operazione - attorno all'Agenda Monti - sa molto di superamento dell'esperienza berlusconiana, tanto in termini di riferimento del leader che di un partito, il PDL, oramai in crisi di identità e di sfilacciamento delle varie anime in qualche modo o misura fondanti: componenti che cercano casa da qualche parte perché in politica, come in fisica, il vuoto dev'essere riempito e questa può essere l'occasione per ricostituire quel centro di cui si sente da troppo tempo nostalgia da parte di troppi in Italia e all'estero.

La "salita in politica" del Professore va ancora una volta a stimolare la convinzione che il prossimo Parlamento sarà ingovernabile per una delle due tradizionali coalizioni di centrodestra o di centrosinistra: più cresce il voto di protesta a vantaggio di Beppe Grillo, più alte sono le probabilità che Mario Monti guidi il prossimo governo, che non potrà che essere di coalizione ampia, amplissima, alla faccia delle primarie del PD o delle candidature carismatiche di Berlusconi, portando a più miti consigli i partiti pronti a sbranarsi in campagna elettorale.

Viene da pensare che in questo tormentato Paese non vi è possibilità di fare alcuna riforma senza il più ampio schieramento possibile non solo di intenti, ma proprio di teste impegnate a sostenere un Governo.
Forse in Italia per poter tentare di governare la grave crisi economica bisogna cercare di fare le cose in grande, più in grande possibile, bisogna lanciare la sfida ai partiti: a tutti i partiti, a quelli che ci sono e a quelli che bussano alla porta del Parlamento.
Erga omnes insomma.

E dire che doveva essere una tranquilla e spensierata domenica prima di Natale.

Simone Momianesi

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