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Bazinga Baskin Trieste, una grande famiglia che vince in partenza

Parla coach Giulio Pituzzi: “Lavoriamo sulla bellezza dello stare tutti assieme”

La possibilità di rendere protagonisti tutti, all’interno dello stesso campo di gioco. Un ambito che forse solo la pallacanestro inclusiva è in grado di fare. Per Giulio Pituzzi, allenatore della neonata formazione dei Bazinga Baskin Trieste, analizzare l’esperienza alla guida della squadra giuliana è come parlare di una grande famiglia che si allarga sempre più, con un progetto preciso e puntuale: rendere futuribile una disciplina che merita le luci della ribalta per tutti gli scopi sociali che porta in grembo, sin dalla sua nascita.

Coach Pituzzi, come nasce questa sua avventura nel baskin?

“Da sempre ho lavorato con un’attenzione particolare al sociale in senso ampio, successivamente come allenatore di basket della Polisportiva Fuoric’entro sono stato contattato dalla Cooperativa Trieste Integrazione a marchio Anffas che mi ha introdotto a questo nuovo sport, invitandomi a una serie di attività sperimentali con il loro gruppo di disabili finalizzate proprio per arrivare poi a formare una squadra vera quale quella attuale. La grande spinta di Alberto Andriola, coach del team friulano degli “Zio Pino”, ci ha poi permesso di partecipare al campionato regionale, nel quale rappresentiamo con orgoglio la nostra città”.

Che possibilità ha il baskin di diventare un vero e proprio fenomeno globale?

“La bellezza di questa disciplina deriva principalmente dal poter far giocare davvero tutti, con un grado di impegno alto, all’interno di regole eque per tutte le abilità. Chiunque, dal distrofico in poi, può diventare protagonista. Credo che il baskin sia una grande lezione per tutti ed è difficile non innamorarsene, soprattutto per la tanta energia che viene sprigionata da parte di chi gioca. Mettere in condizione qualunque atleta a dare il massimo è il nostro compito più importante, ecco perché questo sport può diventare davvero futuribile a livello cosmico ed è per questo motivo che c’è l’intenzione di coordinarci in molti in ambito nazionale per diffondere il basket inclusivo nelle scuole e nelle università”.

Nella sua esperienza ai Bazinga, c’è un particolare episodio da raccontare?

“Tra le tante cose da poter raccontare, c’è la storia di Manuel che gioca come numero “3”: l’aver segnato il suo primo canestro con il nostro team è stata per lui una vera e propria esplosione di gioia, a tal punto che per tutto il viaggio di ritorno non ha parlato d’altro. Credo che per tanti nei nostri ragazzi già il fatto di poter giocare assieme a tanti altri compagni di squadra sia un’emozione fortissima. C’è davvero tanto entusiasmo anche nei sabati mattina quando ci alleniamo al Cus, con un gruppo di persone che si sta allargando sempre più: pensiamo con convizione che grazie allo sport si possa arrivare a un plus che va ben oltre al semplice divertimento, sviluppando anche una maggiore salute nelle persone. Poter lavorare sulla bellezza dello stare assieme, in compagnia di persone molto diverse tra loro, è una sfida che di fatto abbiamo già vinto: il nostro risultato più importante non è certo quello che otteniamo sul campo. In tal senso, il baskin è un bagno di acqua fresca dove all’esterno ci sono cinquanta gradi”.

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