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"Il calcio freestyle è una disciplina mentale": parla Swann Ritossa

A 15 anni faceva i primi palleggi a Barcola, oggi, con la sua Fast Foot Crew, è uno dei testimonial ufficiali di Euro 2020. Swann Ritossa, uno tra i migliori freestyler al mondo, ci insegna che a volte, prendendo strade alternative, i sogni diventano realtà.

Classe 85, laurea in design e una collezione di successi in tasca. A 15 anni faceva i primi palleggi a Barcola, oggi, con la sua Fast Foot Crew, è uno dei testimonial ufficiali di Euro 2020. Swann Ritossa, uno tra i migliori freestyler al mondo, ci insegna che a volte, prendendo strade alternative, i sogni diventano realtà. 

Qual è il segreto di un buon freestyler?
«Ci sono due aspetti importanti. Il primo è sicuramente quello mentale. Come tante altre discipline, anche il calcio freestyle non ti dà soddisfazioni immediate. Inizialmente può scoraggiarti ed è in quel momento che entrano in gioco la tenacia e la determinazione. Il secondo è la coordinazione: più controlli il tuo corpo, più sarà semplice controllare un corpo esterno».

Fai parte della Fast Foot Crew, l'unica squadra certificata a livello italiano. Come e quando è nato il progetto?
«Nel 2008 ho fatto il mio primo torneo in Italia ed è stato lì che ho incontrato dei veri e propri freestyler professionisti. Siamo stati subito notati dalle agenzie e sono nate le prime collaborazioni. Due anni dopo anni ho fondato il team con un altro ragazzo di Roma. L'obiettivo non era solo farci conoscere, ma anche diffondere la figura del freestyler professionista. In quegli anni si contavano sulle dita di una mano. Il messaggio che deve e doveva arrivare è che il calcio freestyle non è un gioco, ma una vera e propria disciplina sportiva. Quando abbiamo iniziato non sapevamo dove saremmo arrivati, ma, con il tempo, abbiamo notato che riuscivamo a smuovere la realtà e che si aprivano per noi, e non solo, scenari importanti».

Hai presenziato ad un Tedx. Com'è stato?
«E' stato molto formativo, non solo per gli altri, ma anche per me perchè dovevo raccontare una storia. Il mio racconto parlava di un sogno molto comune: diventare un calciatore. Quando ero piccolo, c'era Roberto Baggio: tutti volevano essere "Roby con il codino". Poi, come succede nelle favole, anni e anni dopo, ho giocato con lui in Cina. Quel giorno ho parlato di quell'attitudine a intraprendere i percorsi non convenzionali, quelli che, alla fine, ti portano ai sogni».

Ad oggi, qual è il tuo più grande successo o uno dei ricordi più intensi?
«E' il terzo posto conquistato quest'anno dopo una lunga pausa. Non mi sono allenato molto e in finale ho perso il secondo posto per un soffio. Lì ho capito che non è il titolo ad essere importante, quanto il superare le proprie aspettative e il livello che raggiungi. Di esperienze, invece, ne ho tantissime: sono un milione di ricordi preziosi. Dalle lezioni di freestyle nei carceri minorili, alle esibizioni nei villaggi di Zanzibar; dalla presentazione della Champions League, ai viaggi in Cina. O quando Baggio, nel corso di una cena con i manager cinesi, ha detto che sono un punto di riferimento che i giovani dovrebbero seguire».

Sei tra gli ideatori del metodo di allenamento Freestyle4football e tra i fondatori dell'Accademia italiana Calcio freestyle. Calcio e calcio freestyle sono complementari?
«Il calcio è uno sport collettivo che ti insegna a stare con un gruppo di persone, mentre il calcio freestyle, oltre alla tecnica, ha quell'approccio mentale ti permette di migliorarti personalmente, dandoti una chiave che ti permette di raggiungere risultati in vari campi. L'Accademia vuole creare un sistema di allenamento che permetta di migliorare tecnicamente i giocatori, qualsiasi sia il loro livello».

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