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Sport, intervista con Nicola Cassio: "Azzurri d'Italia siano ponte tra le scuole"

Nicola Cassio è stato eletto come nuovo presidente della sezione di Trieste dell'Associazione Nazionale Atleti Olimpici e Azzurri d'Italia, succedendo ad una leggenda come Mariella Skabar, per ben trentadue anni al timone dell'organo. L'intervista a cura di Citysport

Anche questa settimana, come da partnership editoriale, proponiamo un articolo di Citysport

Un “mulo” che ha sempre voluto alzare l'asticella delle proprie ambizioni, tenendo però ben fisso nella testa il desiderio di ritornare nella propria città natale per contribuire alla sua crescita sportiva. Nicola Cassio, nato nel capoluogo giuliano il 9 luglio del 1985, è cresciuto tra le file del florido vivaio della Triestina Nuoto. I successi in campo giovanile l'hanno portato nel 2003 ad accasarsi al Circolo Sportivo Aniene di Roma, entrando così nel mondo del professionismo. Cassio si è imposto nella prima decade del nuovo millennio come uno tra i migliori stileliberisti italiani, diventando di conseguenza uno dei tasselli della staffetta 4x200 capace di battagliare ad armi pari con le grandi potenze mondiali.

Una miriade di allori tricolori, medaglie internazionali, la partecipazione alle Olimpiadi di Pechino; questo in sintesi il palmares del 35enne triestino che appesa la cuffia al chiodo ha iniziato a svolgere compiti d'allenatore e di gestione marketing nella Capitale, negli Usa, poi in Svizzera, prima di tornare due stagioni fa alla società d'origine diventandone il general manager. L'ennesima sfida lanciata da un uomo che crede fermamente nella capacità dello sport di far crescere giovani con valori sani e positivi. Lo scorso 9 gennaio, Nicola Cassio è stato eletto come nuovo presidente della sezione di Trieste dell'Associazione Nazionale Atleti Olimpici e Azzurri d'Italia, succedendo ad una leggenda come Mariella Skabar, per ben trentadue anni al timone dell'organo, delegato a svolgere un ruolo di “ponte comunicativo” tra le associazioni sportive dilettantistiche, le istituzioni, la scuola e i soggetti privati pronti ad investire nel panorama sportivo locale.

Cassio, come descriveresti l'Associazione Nazionale Atleti Olimpici e Azzurri d'Italia e quale obiettivo essa persegue?

“L'A.N.A.O.A.I è un'associazione composta da ex sportivi di alto livello che vogliono essere dei promotori in carne ed ossa dei valori fondanti dello sport come il sacrificio e la fatica. Dunque se l'organo per natura si può definire sportivo, dall'altro lato svolge un compito strettamente culturale. Inoltre una delle peculiarità più rilevanti degli Atleti Azzurri d'Italia è quella di essere totalmente indipendenti dal Coni e pure apolitici. Sottolineate queste caratteristiche, appare evidente come pure le sezioni locali possano agire in un campo sterminato di possibilità e prospettive”.

Quale può essere la parola per descrivere questo tuo nuovo incarico e quale strada intraprenderà l'ente sotto la tua guida?

“Responsabilità. E' un termine che mi ha rimbombato in testa fin dalle ore successive all'elezione. Responsabilità prima di tutto verso Marcella (Skabar, n.d.r.), che ha costruito nei decenni un lavoro enorme che ora starà a noi capire e poi sviluppare tenendo ben presenti gli enormi mutamenti che il mondo sta affrontando negli ultimi anni. Dopo una presidenza di questo livello e di questa durata, tutto il mondo sportivo locale ha sentito la necessità di coinvolgere nuove facce e generazioni. Io credo che la nostra associazione debba impegnarsi su tre binari: la diffusione della pratica sportiva in età giovanile, la salvaguardia dello sport agonistico con particolare attenzione all'ambito scolastico e a quello delle risorse, la necessità di creare un percorso di fine carriera per chi è stato un atleta professionista”.

Il nuovo consiglio direttivo è composto da nove elementi. Quali sono i membri e le caratteristiche del gruppo?

“Si è cercato di creare un team formato da persone provenienti da ambiti sportivi molto diversi, dall'entusiasmo contagioso, e che vogliano mettere sul tavolo le proprie esperienze sportive e di vita. Umberto Wetzl (presente nel precedente direttivo), Francesca Roncelli, Roberto D'Amico, Federica Macrì, Luca Giustolisi, Michele Gamba, Ibolya Nagy, Giovanni Miccoli (già presente nel precedente direttivo): questa la squadra che nelle prossime stagioni cercherà di dare un'ulteriore spinta alla crescita sportiva che da decenni vive Trieste”.

Precedentemente si è accennato al mondo della scuola, quale vuole essere il ruolo degli Azzurri d'Italia in questo ambito?

“Negli ultimi anni appare evidente come il rapporto tra la scuola italiana e le realtà sportive sia diventato sempre più complicato. Poche risorse da condividere, mancanza di vedute a 360° e assenza di comunicazioni dirette tra soggetti che avrebbero tutto l'interesse a seguire dei percorsi fianco a fianco. Come Azzurri d'Italia noi vorremmo essere il ponte comunicativo tra le varie scuole del territorio, e successivamente tra gli istituti scolastici e le associazioni sportive. Uno dei primi progetti che vorremmo intraprendere è quello dell'organizzazione di conferenze, tenute dal nostro consiglio direttivo, in cui i giovani incontrano, negli edifici che vivono quotidianamente, delle persone che hanno raggiunto ambiziosi traguardi nello sport ma pure le società sportive che accolgono centinaia di ragazzi tra le proprie file ma faticano a creare un sistema di reclutamento solido e ben organizzato, mancando un contatto diretto con le scuole”.

Trieste si conferma anno dopo anno come una delle città maggiormente sportive d'Italia: quale il suo punto di forza e quali i limiti a cui mettere mano?

“La grande qualità della nostra città è senza alcun dubbio quella di aver coltivato e costruito un tessuto sportivo molto variegato e imponente, dal punto di vista dei numeri di iscritti e dei risultati. Tuttavia credo che soprattutto sul tema dell'impiantistica e su quello della collaborazione tra ambiti sportivi diversi ci possano essere ampi margini di crescita. In città mancano spazi per praticare l'attività sportiva. Sono ben convinto che bisognerebbe iniziare a diffondere l'idea che se l'ente pubblico è tenuto a dare il la alla costruzione di una struttura sportiva, poi c'è la necessità di coinvolgere i privati per mantenerla e non farla decadere. Qui il “know how” di atleti che hanno visto impianti in tutto il mondo può essere decisivo. Sul secondo punto, vorrei che le società di diversi sport smettessero di contendersi gli atleti alle prime armi, ma collaborassero per sviluppare un percorso costruttivo per il ragazzo. Le diverse discipline non devono essere competitors ma propedeutiche l'una verso l'altra”.

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