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Scienza e medicina

Caldo, più rischi per chi soffre di Alzheimer: lo studio dell'UniTS

Uno studio dell’Università di Trieste in collaborazione con ricercatori della World Federation of Neurology, pubblicato su Current Alzheimer Research, dimostra che i rischi legati alle ondate di calore potrebbero aumentare per le persone con patologie neurodegenerative come demenze e Alzheimer

TRIESTE - Le persone con patologie neurodegenerative e, in particolare, demenza e Alzheimer, potrebbero essere particolarmente a rischio a per le ondate di calore, sempre più frequenti a causa del cambiamento climatico e del surriscaldamento globale. Uno studio dei ricercatori dell’Università di Trieste, in collaborazione con docenti e neurologi dell’Environmental Neurology Specialty Group della World Federation of Neurology, è la prima review che ha raccolto e analizzato tutta la letteratura sinora dedicata a questo tema, pubblicata sulla prestigiosa rivista scientifica internazionale Current Alzheimer Research.

Lo studio ha rilevato che tra i sintomi delle patologie neurodegenerative c'è anche una ridotta capacità di termoregolazione dell’organismo, soprattutto negli anziani. Per questo, se sottoposto a forti ondate di calore, chi è affetto da Alzheimer o demenza potrebbe non riuscire a mantenere costante la temperatura del proprio corpo, esponendosi così a rischi maggiori rispetto alle altre persone. Inoltre, il riscaldamento globale potrebbe essere indirettamente associato allo sviluppo di condizioni cliniche, tra cui malattie renali o infettive, che possono danneggiare ulteriormente la salute dei soggetti fragili aumentando il rischio di disidratazione e infezioni.

Sottolinea Alex Buoite Stella, ricercatore in fisiologia umana presso il Dipartimento di scienze mediche, chirurgiche e della salute dell’Università degli studi di Trieste e primo autore dello studio: “Sulla base dei dati presenti in letteratura, emerge come durante le ondate di calore siano proprio le persone anziane e quelle con patologie croniche, tra cui i decadimenti cognitivi e un maggior grado di dipendenza, a riportare un più alto rischio di ospedalizzazione e di mortalità. Già piccoli aumenti di temperatura ambientale media, specialmente con alti tassi di umidità, possono ridurre l’efficacia termoregolatoria in alcune di queste condizioni, rendendo più difficile disperdere calore sia tramite le risposte fisiologiche, che quelle comportamentali ”.

Spiega Paolo Manganotti, docente di neurologia presso il Dipartimento di scienze mediche dell’Università degli studi di Trieste, direttore della Clinica neurologica dell’Azienda Sanitaria Universitaria Giuliano Isontina e coordinatore dello studio: “I periodi di calore sempre più intensi e frequenti rappresentano un fattore di rischio per le persone più fragili, ma soprattutto hanno un effetto negativo sul sistema nervoso centrale, a partire dai "colpi di calore", in combinazione con il rischio di disidratazione, con effetti più gravi su persone già in parte affette da patologie neurodegenerative come il decadimento cognitivo ed il Parkinson. E' importante essere consapevoli di dover affrontare questo ulteriore fattore di rischio ambientale stagionale con strategie adatte e calate sulla persona”. Lo studio Sotto l’aspetto fisiologico, le persone con disturbi cognitivi e malattie neurodegenerative potrebbero essere colpite dal riscaldamento globale attraverso diversi meccanismi, come lo stress da calore che potrebbe comportare un aumento dell'eccitotossicità, dello stress ossidativo e della neuroinfiammazione.

Se concomitanti, questi effetti potrebbero promuovere l’accumulo del peptide beta amiloide e della proteina tau, molecole ritenute i principali responsabili della malattia di Alzheimer. Inoltre, le persone con malattia di Alzheimer possono avere schemi circadiani alterati, cioè possono avere variazioni della temperatura corporea nel corso del giorno diverse da quelle fisiologiche e corrette e manifestare anomalie della termoregolazione, cioè difficoltà da parte dell’organismo ad alzare o abbassare la temperatura del corpo per adattarsi alle condizioni ambientali. Vi sono anche fattori comportamentali a contribuire alla maggiore difficoltà delle persone con deficit cognitivi e malattie neurodegenerative nel far fronte a eventi di caldo estremo: ad esempio, un'alterazione della percezione del rischio e della capacità di prendersi cura di sé.

Infatti, è stato ipotizzato che il forte aumento dei decessi tra le persone con gravi deficit cognitivi (demenze di varia origine, tra cui quelle derivanti da ictus o morbo di Alzheimer) durante le precedenti ondate di calore potrebbero essere state causate dall’incapacità di una persona di percepire le condizioni ambientali, la soglia della sofferenza e ascoltare i meccanismi di difesa fisiologici, tra cui anche la sete. Inoltre, è stato evidenziato anche che alcuni trattamenti farmacologici possono influenzare alcune risposte termoregolatorie e in particolare la sudorazione, che ne può essere alterata con conseguente difficoltà del corpo di disperdere il calore.

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