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Lunedì, 29 Aprile 2024
Cronaca Muggia

«Antenna Monte Castellier: sentenza chiara, piena legittimità amministrativa»

Lo riferisce in una nota il Comune di Muggia: «Vicenda complessa che con la sentenza del TAR FVG dello scorso 19 febbraio ha visto in parte dichiarati inammissibili ed in parte rigettati i ricorsi dei ricorrenti di Santa Barbara»

Una vicenda complessa, fatta di molte udienze, che con la sentenza del TAR FVG dello scorso 19 febbraio ha visto in parte dichiarati inammissibili ed in parte rigettati i ricorsi dei ricorrenti di Santa Barbara con conseguente condanna al pagamento delle spese di lite.
Una sentenza importante, dalla quale discende la piena legittimità di tutti gli atti adottati dall'Amministrazione comunale al fine della delocalizzazione dell'impianto dal sito di Chiampore.

Ma quale il pregresso? In breve, alcuni residenti, in quanto tali, adducendo svariate motivazioni in due differenti ricorsi, si erano opposti al sorgere del traliccio nella località di Santa Barbara ritenendo in sostanza che il problema dell’inquinamento di Chiampore non fosse in tal modo risolto ma soltanto trasferito e lo fosse a loro danno.

Il TAR FVG, con prima sentenza interlocutoria del 19 agosto 2014, aveva disposto la riunione dei due ricorsi - sub RG n. 351/2013 e n. 91/2014- e la realizzazione di una serie di accertamenti tecnici. In particolare aveva incaricato l’Arpa FVG di effettuare le misurazioni necessarie ad accertare la veridicità o meno di uno dei motivi sollevati nel ricorso –il danno alla salute- e l’Ente di verificare se vi fossero delle abitazioni nel luogo del traliccio.

Acquisita questa ulteriore documentazione probatoria, si è tenuta, dunque, l’udienza di discussione del 3 dicembre 2014 alla quale è seguita, appunto, la sentenza definitiva depositata il 18 febbraio scorso.

ATTI AMMINISTRATIVI IMPUGNATI

Nello specifico, i ricorrenti avevano chiesto l’annullamento dell’autorizzazione unica del Comune di Muggia dd 2.8.2013 con la quale l’Ente aveva autorizzato l’edificazione di una stazione radio nella località Monte Castellier e, nel contempo, anche l’annullamento della delibera n. 50 del Consiglio Comunale di Muggia del 30.9.2013, con la quale, acquisito lo studio del professor Midrio dell’Università di Udine, si era passati a programmare la delocalizzazione delle antenne dal sito di Chiampore dando precedenza alle abusive ed alle più inquinanti. Una delibera importante, che aveva portato anche all’approvazione del Nuovo Piano Regolatore che contiene già questi nuovi siti in conformità con le destinazioni urbanistiche.

Chiesto nei ricorsi, inoltre, l’annullamento di una determina comunale – la n.1462 del 30.12.2013- con la quale era stato approvato il secondo accordo procedimentale assicurando adeguata tutela ai reperti archeologici e intimando comunque lo spostamento del traliccio entro 18 mesi in vista dell’estensione del vincolo archeologico.

Successivamente all'inizio degli scavi per la realizzazione delle fondamenta, infatti, era stato scoperto un ulteriore manufatto di epoca romana che aveva portato il Comune di Muggia, la Soprintendenza archeologica e la società Monte Barbaria a sottoscrivere un impegno che prevede lo spostamento dell'antenna in argomento in un ulteriore sito senza più alcun riferimento con l'abitato di Santa Barbara.

In sostanza, un opposizione a tutto ciò che ha permesso una delocalizzazione importante e programmata oltre che negoziata, in quanto l’autorizzazione unica era stata preceduta da un accordo procedimentale con  le società interessate in modo che lo spostamento del traliccio permettesse, con il trasferimento delle emittenti, anche l’abbattimento dei tralicci abusivi da Chiampore. Un valore aggiunto non sottovalutabile.

Delle richieste mosse adducendo a sostegno diversi punti contestanti vari aspetti –tutti peraltro ritenuti inammissibili o rigettati-  tra i quali i più significativi sono senza dubbio tre.

In primo luogo, “l’eccesso  di potere per difetto ed erroneità della motivazione, per irrazionalità e travisamento dei fatti”,  ovvero perché si intendano spostare degli impianti dato che il loro mantenimento nel sito originario non provocava danno e che la nuova localizzazione invece si collocava, a parer loro, in un ambiente non adatto. Una contestazione nel merito, dunque, sostenuta sempre da parte  loro, dal fatto che “in detto perimetro, va notato che ci sono tre case di abitazione oltre che piccoli fabbricati rurali a servizio della coltivazione agricola, arnie di api.. un sito archeologico, il serbatoio dell’acquedotto ed il confine sloveno, in modo da sovrastare le comunicazioni della vicina Repubblica”.

In secondo luogo, poi, l’importante tema sollevato sul piano della salute, ove i ricorrenti contestavano “i rilevanti rischi per la salute derivanti da campi elettromagnetici” e, non da meno, quello archeologico , ove, a loro dire, “illegittimamente si trascura di dare un qualsiasi rilievo al sito archeologico del castelliere che dà il nome alla località”.

Da non sottovalutare, inoltre, il fatto che fossero state anche richieste misure cautelari in modo da sospendere ogni azione sin da subito. L’istanza, però, respinta dal presidente del TAR in quanto “i provvedimenti impugnati non appaiono di immediata attuazione” -riconoscendo quindi l’aspetto programmatico degli atti- era stata successivamente anche ritirata dagli stessi.

Con il ricorso n.91, inoltre, si addiceva anche un “eccesso di potere per violazione delle attribuzioni della Sopraintendenza ai Beni Archeologici”, avendo il Comune, una volta rinvenuti altri reperti nell’area archeologica, raggiunto un accordo procedimentale urgente con quest’ultima.

ACQUISITE LE RISULTANZA DELL’ISTRUTTORIA, IL TAR SI E’ ESPRESSO:

“I ricorsi, già riuniti, devono essere nelle parti in cui un tanto si è già evidenziato, dichiarati inammissibili e per il resto vanno rigettati”.

Inammissibile, per esempio, il fatto che i ricorrenti si occupino di ciò di cui è “competente la Sovrintendenza” a cui spetta “e non ai ricorrenti la tutela del sito archeologico, scoperto durante i lavori per cui è causa, il che è ulteriormente dimostrato dal successivo accordo fra detta amministrazione e il Comune”. Fermamente, quindi, il TAR chiarisce che i ricorrenti “non sono legittimati a difendere detto pubblico interesse” e prende atto che il sito era stato messo in sicurezza da parte dell’Ente pur essendo il ritrovamento “rinvenuto all’esterno del sito archeologico tutelato” e quindi “nessun obbligo spettava all’amministrazione e quindi non era tenuta a invitare la Soprintendenza alla Conferenza dei Servizi”.

Un’ulteriore conferma della correttezza dell’azione dell’Ente nel merito oltre, pertanto, a quelle nel diritto.

Anche sul piano dei ventilati sforamenti, “neppure fondata appare la censura in ordine alla compatibilità dell’impianto con la sua collocazione prossima al confine sloveno ed alle conseguenti osservazioni dell’Ispettorato territoriale per il Friuli Venezia Giulia del Ministero per lo sviluppo economico”.

Ma forte e indiscutibilmente la più importante è l’affermazione del TAR a conferma della correttezza del percorso intrapreso dall’Amministrazione:“nessun dubbio ha ragione di essere sulla necessità di trasferire l’impianto in questione dalla località di Chiampore. Ivi sono stati rilevati dall’ARPA diversi impianti con emissioni al di fuori della norma, fra cui quello della controinteressata Monte Barbaria, onde vi era l’obbligo di trasferirli per ragioni legate alla normativa nazionale e di ricollocarli, dopo averne ridotto a legittimità le emissioni, in zona acconcia, quale quella di Monte Castellier, di cui è stata, allo scopo,variata la destinazione urbanistica”.

Diversi impianti fuori norma a Chiampore  e necessità nonché obbligo di trasferimento.

Non solo avvallata dunque l’azione che l’Ente ha svolto, ma rimarcata ancor più in seguito:“il procedimento impugnato è quindi un episodio di risanamento del sito notoriamente inquinato da emissioni al di fuori della norma di Chiampore, dove non potevano rimanere, senza che si debbano temere rimostranze dalla Repubblica di Slovenia, che non sussistono e sono tutte da dimostrare, nei confronti di una trasmittente a norma”.

Crollati i ricorsi su tutti i fronti, l’unico motivo restava pertanto il timore di un danno alla salute dei cittadini. In tal senso, il TAR aveva disposto l’istruttorio da parte del Comune di Muggia e dell’ARPA. La risposta di quest’ultima è stata altrettanto insindacabile: non si sono rinvenute emissioni superiori al limite di 6 V/m..il sito dell’antenna è risultato schermato con due recinzioni, mentre in zona nord non sussistono abitazioni (e quindi tanto meno vi sono quelle dei ricorrenti) in quanto con la variante urbanistica tale zona ha destinazione agricola e opportune segnaletica avverte di non entrarvi per pericolo di radiazioni elettromagnetiche”.

Anzi, a dispetto della normativa nazionale che tende a favorire i gestori fissando il limite di 6 Volt/metro all'inquinamento elettromagnetico, i dati emersi rispettano addirittura la giurisprudenza civile che fissa in 0,6 Volt/metro l'inquinamento consentito facendo riferimento proprio alla necessità della tutela della salute garantita dalla Carta Costituzionale ed indicata in una raccomandazione europea!!!

“RISULTA PERTANTO LA COMPLESSIVA INFONDATEZZA DEI GRAVAMI, LA DOVE NON DICHIARATI INAMISSIBILI”.

“Siamo soddisfatti –ha fatto sapere il sindaco Nerio Nesladek- del fatto che il TAR abbia avvallato la correttezza delle azioni condotte dall’Amministrazione e confermato la piena legittimità di tutti gli atti amministrativi, ma, ancor più, siamo felici dei risultati dell’Arpa che hanno dato conferme davvero molto forti e indiscutibili del fatto che la tutela del diritto alla salute sia stato prioritario anche su Santa Barbara”.

Una sentenza importante, pertanto, che si colloca in un momento storico di tutto rilievo sul piano delle antenne muggesane, frutto, come promesso, di una battaglia tenace da parte di questa Amministrazione, che da sempre  considera la delocalizzazione un compito prioritario per la tutela del diritto alla salute.

Ed il tutto tenendo anche conto delle indicazioni dell'ARPA (l'agenzia regionale che ha competenza sul controllo delle emissioni elettromagnetiche) che aveva chiaramente affermato che se prima non si fossero regolarizzati tutti gli abusivi non sarebbe stato possibile riportare a livelli di legge le emissioni a Chiampore.

Spetterà ora proprio all’ARPA, contattata dall’Ente, una nuova misurazione dei segnali sul territorio da effettuare sia in banda larga (per verificare l'inquinamento complessivo) che in banda stretta (per verificare puntualmente l'inquinamento di ogni singola emittente).

“È un momento storico da tutti i punti di vista, un'inversione di tendenza che pone fine a quello che sembrava un sistema imbattibile” evidenzia il sindaco Nerio Nesladek. “Anche il TAR ora ha confermato che stiamo procedendo correttamente. Passo dopo passo ci stiamo muovendo verso il fine più importante dell’intenso lavoro che da anni stiamo portando avanti, che è quello di riportare a livelli di normalità l’inquinamento elettromagnetico di Chiampore. Ma non ci accontenteremo dei limiti di legge e perseguiremo con tutti gli strumenti possibili l’obiettivo di ridurre ulteriormente le emissioni seguendo i criteri del principio di precauzione che prevede  limiti ancora più bassi. Così come avviene a santa Barbara”.

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