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Cronaca

Save the children, in Fvg i minori in povertà relativa sono il 27,6%, cinque punti sopra il dato nazionale

Quasi 1 giovane su 10 abbandona troppo presto la scuola, oltre 1 su 2 non ha svolto in un anno quattro o più attività culturali e educative

In un’Italia in cui le famiglie con minori in povertà assoluta in dieci anni sono quintuplicate, che si trova a fare i conti con gli effetti della recessione sulla motivazione dei giovanissimi e che è sempre più vecchia, alunni e studenti spesso non trovano nella scuola risposte adeguate alle sfide di oggi. In Friuli–Venezia Giulia, dove gli anziani arrivano a essere più di 256 ogni 100 bambini, l’8% di ragazzi ha lasciato precocemente la scuola e si va da un minimo dell’11% a un massimo del 42,9% di istituti su base provinciale che lamentano una scarsa dotazione di laboratori. A cinquanta anni dalla scomparsa di Don Lorenzo Milani, che ha lottato affinché la scuola offrisse pari opportunità ai suoi studenti indipendentemente dalla loro condizione economica, nel sistema scolastico nazionale le diseguaglianze sociali continuano a riflettersi sul rendimento degli alunni. È negli istituti con un indice socio-economico-culturale più basso, infatti, che viene bocciato il maggior numero di studenti, più di 1 quindicenne su 4 (il 27,4%), mentre negli istituti con indice alto la quota scende quasi a 1 su 23 (il 4,4%)[4]. Uno studente di quindici anni su 2 (il 47%) proveniente da un contesto svantaggiato, inoltre, non raggiunge il livello minimo di competenza in lettura, otto volte tanto rispetto a un coetaneo cresciuto in una famiglia agiata.

È da qui, dalla scuola, luogo dell’infanzia che dovrebbe superare le diseguaglianze, offrendo pari opportunità, coltivando l’istruzione, l’educazione all’affettività e alla socialità dei bambini per allontanarli dai fattori di rischio, che si snoda il viaggio dell’VIII Atlante dell’infanzia a rischio “Lettera alla scuola” di Save the Children, l’Organizzazione internazionale che dal 1919 lotta per salvare la vita dei bambini e garantire loro un futuro, pubblicato da Treccani e presentato oggi in anteprima, in attesa dell’uscita nelle librerie il 23 novembre. L’Atlante quest’anno propone un percorso in sei capitoli attraverso la scuola italiana con l’obiettivo di osservare e ascoltare il nostro sistema scolastico dalla prospettiva degli studenti e, in particolare, di coloro che vivono ai margini rischiando, oggi come cinquant’anni fa, di venire espulsi (anche) dalla scuola. Il volume di 360 pagine è curato da Giulio Cederna, corredato dagli scatti di Riccardo Venturi, da circa cinquanta mappe e grafici e da una ventina di contributi originali scritti da insegnanti, presidi, educatori, esperti della scuola, come Domenico Starnone, Franco Lorenzoni, Fabio Geda, Giancarlo Cavinato, Andrea Gavosto, Giancarlo Cerini, Umberto Galimberti.

Una versione multimediale e interattiva è disponibile online (www.atlante.savethechildren.it). «La scuola è un luogo chiave nell’infanzia di ogni bambino: è qui che i talenti e le relazioni vengono sviluppati, è qui che sono gettate le basi del loro futuro»commenta Valerio Neri, Direttore Generale di Save the Children. «Oggi continuiamo a trovarci di fronte a una scuola che, a volte, alimenta le disparità: raccontare il sistema scolastico, il modo in cui esso riesca o non riesca a superarle, significa affrescare la condizione dell’infanzia in Italia. Save the Children lotta affinché sia riconosciuto il diritto di tutti i bambini a un’eguale istruzione, a prescindere dal contesto sociale e economico in cui vivono. Bisogna percorrere i corridoi, entrare nelle aule, dare voce a pedagogisti, docenti e studenti, facendo tesoro del buono e individuando cosa è migliorabile. Ogni bambino deve accedere alle stesse opportunità, ha il diritto di essere protagonista e di essere ascoltato». «A scuola i bambini si liberano dall’ignoranza, dai pericoli della strada, dalla povertà, dall’isolamento, talvolta dalla solitudine, spesso dalla fame e dalle malattie» afferma Massimo Bray, Direttore Generale della Treccani, che pubblica anche quest’anno l’Atlante dell’infanzia a rischio. «Ma è anche il luogo dove possono liberare la loro fantasia, il desiderio di conoscere, la voglia di capire, l’abitudine a stare insieme. Insomma è la strada più sicura per creare cittadini liberi e consapevoli. Un dato ormai consolidato, tanto che la percentuale del Pil destinato all’istruzione è uno dei principali indicatori della civiltà di un paese. L’avvento della società digitale ha determinato una delle più sconvolgenti rivoluzioni culturali e antropologiche della storia dell’umanità. Ciò impone anche alle società avanzate, come quella italiana, di adeguare rapidamente il proprio sistema formativo per rispondere con efficacia e tempestività alle nuove esigenze. Come testimonia la vittoria nel 2017 del premio Moebius per la nostra piattaforma on-line Treccani scuola, siamo pronti, senza dimenticare le antiche emergenze, ad affrontare le nuove sfide».

Povertà, diseguaglianza sociale e rendimento scolastico

In Italia vivono 669.000 famiglie con minori in condizione di povertà assoluta che, una volta sostenuti i costi per la casa e per la spesa alimentare, possono spendere solo 40 euro per la cultura e 7.60 per l’istruzione al mese. È un fenomeno che investe tutto il paese: i bambini in tale situazione - 1.292.000, il 14% in più in un anno – rappresentano il 12,5% del totale dei minori e si trovano nel 12% dei casi al Nord, nell’11,6% al Centro, nel 13,7% al Mezzogiorno. Il peggioramento della situazione economica è confermato dall’incremento dei minorenni in povertà relativa che nel 2016 hanno raggiunto il 22,3% (+20,2%). In nord Italia i bambini in questa condizione rappresentano il 16,1%, percentuale che raggiunge il 27,6% nel caso del Friuli-Venezia Giulia; la forbice tra Nord e Sud, nel caso della povertà relativa, è ampia: in Meridione il 32,6% dei bambini vive tale situazione.

Inoltre, sebbene negli ultimi decenni siano stati compiuti importanti passi in avanti nel contrasto alla dispersione scolastica, con una tendenza positiva che ha visto il tasso di abbandono abbassarsi progressivamente dal 2008 a oggi, il fenomeno della dispersione continua a rappresentare una delle principali sfide con cui la scuola italiana deve fare i conti, come mostrano i dati dell’anagrafe nazionale studenti del MIUR evidenziati nell’Atlante. Tali dati consentono di tracciare un identikit più preciso degli alunni a rischio: tra i ragazzi delle secondarie di II grado, possibilità superiori di abbandono sono registrate tra i maschi, in particolare tra coloro che vivono nelle regioni del Mezzogiorno, soprattutto in Campania e Sicilia e tra quelli con i genitori di origine straniera. In Friuli-Venezia Giulia l’incidenza di alunni non ammessi al successivo anno delle scuole medie va dal 2,45% di Pordenone (di poco superiore alla media nazionale di poco più di 2,9%, equivalente a 1 su 35) a circa il 5,3% di Trieste, dove viene respinto 1 bambino su 20. Alle superiori la media nazionale di studenti respinti sale al 9,15%, con grande differenza tra licei, tecnici e professionali (in questi ultimi i respinti sono più numerosi e rappresentano il 14,3%); a livello regionale il numero di bocciati nelle secondarie di secondo grado va da una incidenza minima del 7,9% a Gorizia a quella massima del 9,9% di Trieste.

Gli alunni ripetenti al secondo anno di superiori (che nel Nord arrivano al 20%) ai test Invalsi di italiano ottengono punteggi meno elevati dei compagni che non hanno mai ripetuto un anno: in Friuli-Venezia Giulia la differenza media è di 33 punti, più elevata rispetto a quella nazionale di 27 punti).

Nelle regioni settentrionali i quindicenni in condizioni socio-economiche svantaggiate che non raggiungono le competenze minime nella lettura sono il 26,2%, cifra che sale al 44,2% nel Meridione. È necessario, dunque, che sistema scolastico e interventi sociali rispondano in modo adeguato a contesti e bisogni diversi.

La crisi economica rischia inoltre di avere un effetto negativo anche sulla motivazione degli studenti: la mancanza di lavoro e prospettive tra gli adulti di riferimento ha generato sfiducia in molti bambini e adolescenti, aumentando il rischio del fallimento formativo. In Italia meno di 1 un giovane laureato su 2 ha un lavoro (nell’Unione Europea il 71,4% di chi ha terminato l’università trova un’occupazione, in Italia appena il 44,2%, nel Mezzogiorno il 26,7%): non sorprende, dunque, che gli “scoraggiati” tra i 15 e i 34 anni, i quali pur dichiarandosi disponibili a lavorare hanno smesso di cercare un’occupazione, siano cresciuti del 43% in dieci anni, raggiungendo quota 420.000.

La stabilità del tessuto produttivo del territorio sembra avere conseguenze dirette anche sul sistema di formazione professionale, che appare funzionare meglio laddove è più forte, come nel Nord, dove rappresenta un’opzione diffusa: su 316.599 ragazzi iscritti al sistema di istruzione e formazione professionale, quasi la metà, 156.523 sono in Settentrione, dei quali 65.978 nel Nord-Est.

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