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La protesta / Barriera Vecchia - Città Vecchia / Piazza Carlo Goldoni

Uber Eats chiude in Italia: in piazza Goldoni la protesta dei rider

La piattaforma internazionale di consegna di cibo ha comunicato all'improvviso, circa un mese fa (a metà giugno), la cessazione delle attività di consegna in Italia a partire dal 15 luglio. Nidil Cgil: "Uber Eats lascia l'Italia senza preoccuparsi del destino di circa 3.000 rider"

TRIESTE - Si è svolto anche in piazza Goldoni a Trieste, come in tante altre piazza italiane, un presidio a sostegno dei rider di Uber, lasciati a casa "da un momento all'altro con una mail". La mobilitazione nazionale in dieci città italiane è stata proclamata da Nidil Cgil con l'obiettivo di "dare voce alle richieste dei lavoratori e attirare l'attenzione sul comportamento irresponsabile dell'azienda". 

"Uber Eats lascia l'Italia senza pagare il conto, senza preoccuparsi del destino di circa 3.000 rider - si legge nella nota -. Questi lavoratori si ritrovano improvvisamente senza lavoro, senza prospettive e senza ammortizzatori sociali, poiché erano impiegati come collaboratori autonomi occasionali e partite IVA". La piattaforma internazionale di consegna di cibo ha comunicato all'improvviso, circa un mese fa (a metà giugno),  la cessazione delle attività di consegna in Italia a partire dal 15 luglio. "Le conseguenze occupazionali di questa decisione sono enormi e coinvolgono circa 3.000 persone, tra lavoratori dipendenti (49) e coloro che operano come collaboratori autonomi occasionali e partite IVA. Nonostante le richieste formali avanzate dalle Organizzazioni Sindacali, l'azienda ha rifiutato di aprire un tavolo di confronto per discutere delle conseguenze della chiusura e delle possibili alternative per i lavoratori coinvolti".

Il nazionale del sindacato NIdiL CGIL, ha commentato l'atteggiamento di Uber Eats definendolo inaccettabile: "Le piattaforme e le multinazionali non possono considerare il nostro territorio e la nostra forza lavoro 'usa e getta', senza nessuna responsabilità sociale. La nostra battaglia riguarda i diritti di tutti i lavoratori delle piattaforme, lottiamo contro i bassi salari che non permettono alle persone di vivere nonostante il lavoro svolto. Chiediamo maggiori tutele e sicurezza: i rider non sono lavoratori di serie B". "La situazione dei rider di Uber Eats in Italia rappresenta un caso emblematico delle problematiche legate al lavoro precario e alla mancanza di tutele per i lavoratori delle piattaforme - ha commentato Giovanni Manca segretario organizzativo Nidil Trieste, delegato coordinamento rider nazionale per Trieste -. Questo episodio ha sollevato importanti questioni sulle responsabilità delle aziende nei confronti dei propri dipendenti e sulla necessità di regolamentare adeguatamente il settore delle consegne a domicilio. La lotta per i diritti dei lavoratori delle piattaforme continua, con la speranza di garantire una maggiore equità e sicurezza per tutti coloro che svolgono questo tipo di lavoro”

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