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Le indagini

Descrizioni sbagliate e video irrecuperabili, cosa è andato storto nel caso Resinovich

Nell'analisi della vicenda sulla questione telecamere serpeggia un dubbio che potrebbe mettere la parola fine alle ragioni per cui, nei giorni successivi alla scomparsa, le indagini si sarebbero concentrate su elementi poco corrispondenti alla figura di Liliana, di fatto facendo perdere la possibilità di acquisire alcuni video. Ecco perché

TRIESTE – È Liliana la persona che transita lungo piazzale Gioberti oppure no? Dove è andata dopo aver attraversato le strisce pedonali che da via San Cilino conducono in direzione della chiesa di San Giovanni? Per quale motivo le tracce della sessantatreenne, scomparsa da casa il 14 dicembre 2021, ad un certo punto svaniscono nel nulla? Liliana è stata intercettata da qualcuno in quei pochi istanti oppure camminava lungo via San Cilino? Sono tutte domande alle quali gli investigatori e gli inquirenti hanno tentato di dar risposta, in questi ormai quasi due anni di indagini, senza che ufficialmente sia emersa una posizione concretamente percorribile.

I particolari e le informazioni iniziali

Tuttavia, ci sono dei particolari che potrebbero far luce sulla mattinata del 14 dicembre e, soprattutto, sul perché la fase iniziale delle indagini non sarebbe andata nella giusta direzione. Secondo quanto si apprende, nei primi giorni dopo la scomparsa della Resinovich, alcune iniziali descrizioni della moglie di Sebastiano Visintin avrebbero indirizzato le ricerche altrove. Tutte informazioni che, in quella prima fase e non incluse nel fascicolo in mano alla sostituto procuratore Maddalena Chergia, avrebbero in qualche modo rallentato l’operazione di individuazione.

Di cosa stiamo parlando

Potrebbe trattarsi, nello specifico, degli indumenti indossati e, più in generale, delle descrizioni provenienti dalla sfera relazionale della sessantatreenne. Tradotto, nella prima fase di visionatura delle immagini delle telecamere non si sarebbe cercata la corretta corrispondenza di elementi utili all’identificazione. Insomma, una iniziale descrizione tra l’approssimativo e l’assenza di dati certi, capaci quindi di “depistare” le ricerche. Senza contare poi l’aspetto cronologico della vicenda, delle immagini di videosorveglianza e l’impossibilità, una volta sovrascritte, di recuperare fotogrammi del passaggio della Resinovich. Da molte parti era esplosa l'indignazione per non aver potuto visionare quelle immagini, ma in quel periodo iniziale gli investigatori potrebbero aver nutrito dubbi sulle rispettive posizioni dei protagonisti della vicenda (nonostante nessuno fosse o sia stato indagato), mantenendole quindi riservate. Da qui nasce la rabbia dei famigliari, dei vicini di casa e di ciò che il procuratore capo Antonio De Nicolo aveva definito il "circo mediatico" che, a più riprese, avevano puntato il dito contro gli errori e le sviste presenti nelle indagini.

La stazione di via San Cilino dei carabinieri

Se è vero che la telecamera della linea 12 non viene iscritta nella lista di quelle degli autobus visionati perché non c’è, risulterebbe altrettanto fondata la tesi secondo cui, una volta richieste le immagini del 14 dicembre alla stazione dei carabinieri di via San Cilino, queste non c’erano più. Una sorta di vuoto prodotto da una descrizione iniziale non particolarmente calzante al profilo della donna ritrovata poi cadavere, il 5 gennaio del 2022, all’interno del parco dell’ex ospedale psichiatrico di San Giovanni. Un passaggio che potrebbe diventare fondamentale nello sviluppo del caso, in attesa che la dottoressa Cattaneo giunga a un verdetto sul possibile congelamento (o raffreddamento) del corpo e, con maggiore precisione, in merito alla datazione del decesso. Nonostante dagli ambienti investigativi e da quelli della procura permanga il massimo riserbo, il fatto che quella valutazione iniziale possa aver pesato sulla successiva gestione della vicenda sarebbe più di una mera ipotesi.

La pubblicazione dei contenuti del seguente articolo è permessa, a patto di citare la testata. 

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