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L'intervento

Wartsila, il vescovo Trevisi: "Inquietante incertezza su futuro lavoratori"

L'arcivescovo interviene sulla crisi industriale: "Può un’impresa consolidata essere così mancante nei confronti dei suoi lavoratori, della città, della sua classe politica?"

TRIESTE - L'arcivescovo di Trieste, monsignor Enrico Trevisi, interviene sulla questione Wartsila riflettendo sulle responsabilità dell'azienda, a cui chiede di "adoperarsi per dare un futuro dignitoso ai lavoratori". "Siamo arrivati a questo Natale in un clima di inquietante incertezza - dichiara monsignor Trevisi -. Come può essere che una multinazionale che si definisce leader globale nelle tecnologie innovative dismette un patrimonio di conoscenze, una sede storica, un licenziamento di massa sostanzialmente senza impegnarsi a cercare un futuro per i lavoratori e per questa sua sede industriale? Come può esserci un totale disinteresse per una città nella quale finora ha fatto profitto e ha tratto prestigio?"

La domanda che Trevisi si pone è: "Può un’impresa consolidata essere così mancante nei confronti dei suoi lavoratori, della città, della sua classe politica?" e ritiene, citando Papa Benedetto XVI, che "sempre meno le imprese, grazie alla crescita di dimensione ed al bisogno di sempre maggiori capitali, fanno capo a un imprenditore stabile che si senta responsabile a lungo termine, e non solo a breve, della vita e dei risultati della sua impresa, e sempre meno dipendono da un unico territorio. Inoltre la cosiddetta delocalizzazione dell'attività produttiva può attenuare nell'imprenditore il senso di responsabilità nei confronti di portatori di interessi, quali i lavoratori, i fornitori, i consumatori, l'ambiente naturale e la più ampia società circostante, a vantaggio degli azionisti, che non sono legati a uno spazio specifico e godono quindi di una straordinaria mobilità”.

Occorre quindi, per Trevisi, "istituire una responsabilità nei confronti dei tanti “portatori di interesse” che rientrano nell’orbita delle imprese. Questo è quello che denunciamo: la mancanza di assunzione di responsabilità verso i lavoratori, verso l’indotto, verso la città". L'arcivescovo dichiara poi che "forse nella logica del
promuovere il futuro dell’azienda potrebbe avere il suo senso il chiudere una sede industriale. Ma quello che chiediamo è l’adoperarsi per dare un futuro lavorativo dignitoso per tutti i lavoratori, compresi quelli dell’indotto", precisando infine che che "Quello che ci aspettiamo dai buoni manager è la capacità di promuovere il bene delle città e non solo di sfruttarle per poi andarsene". 

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