"Quando la burocrazia ammazza la ragione" il disagio di un triestino residente fuori città
Sono triestino di nascita, lavoro a Trieste ma da alcuni anni risiedo in un Comune differente, a circa 70 km sempre in Friuli Venezia Giulia, quindi con medesime restrizioni e libertà. A Trieste abitano i miei genitori e i miei figli ventenni. Ho verificato con le forze dell'ordine e, secondo le normative anti pandemia in vigore, nel tragitto casa/lavoro non posso fare alcuna deviazione per poter incontrare i miei cari pur nel massimo rispetto delle prescrizioni (distanza, mascherina, e pure all'aperto in giardino).
Il paradosso è che sia i miei figli che i miei genitori possono, per esempio e senza limitazioni, venire a prendere un caffé con me durante la mia pausa pranzo (!) mentre se mi sposto io per un tragitto di 10 minuti non è consentita la medesima azione. Ulteriore paradosso, è ben più rischioso a fronte del contagio un loro spostamento con i mezzi pubblici (che è permesso) piuttosto che non io vada a casa loro (che è vietato).
Mi troverò quindi costretto a lasciare la macchina a casa e rischiare riutilizzando il treno, l'autobus e le mie gambe come ho fatto sino a marzo scorso, per poter essere libero di passare a casa loro, visto che in questo caso mi fermerei lungo il tragitto casa/lavoro e quindi sarei "perfettamente in regola" pur comportandomi in modo assai più "pericoloso"? Credo di non essere l'unico in questa situazione kafkiana, alcune norme seppur "emergenziali" andrebbero certamente riviste.